Ho vissuto la maggior parte della mia vita come un uccellino chiuso in gabbia. Un uccellino con le ali legate che viveva in una gabbia d'oro per l'esattezza. Certo, avevo tutto ciò che un uccellino potesse desiderare. Acqua sempre fresca, piume sempre pulite e profumate, cibo in quantità, ma vivevo comunque in gabbia. Guardavo attraverso quelle sbarre tanto odiate la vita passarmi avanti e non riuscire a fare nulla per appropriarmene. Guardavo attraverso quelle fessure la vita degli altri e un po' li invidiavo. Non invidiavo come vivessero, ma invidiavo il fatto che vivessero. A me questo è sempre mancato: il coraggio di vivere, di fare scelte azzardate, di spiccare il volo e andarmene lontano, lontano e non tornare più. Quando passi la maggior parte degli anni chiuso in una gabbia, con la paura di non farcela, la paura di non essere all'altezza di ciò che ti sta intorno, poi la tua persona comincia ad essere una paura anche per te stessa. È difficile da spiegare, ma ciò che più ti fa paura, più di tutto il resto intendo, sei tu. Però, succede qualcosa di strano in quello stesso meccanismo che si aziona quando cominci ad avere paura, senti che non hai più nulla da perdere, perché hai perso anche te stessa ed è in quel momento che trovi il coraggio che ti serviva per slegare le ali e spiccare il volo. E adesso sì, sono finalmente libera.
Probabilmente una cosa la sbagliamo tutti. Ognuno di noi cerca qualcuno che lo salvi. Questo è l'errore, credere che esista là fuori qualcuno capace realmente di farlo, ma non è così, non c'è nessuno che ne sia in grado. Siamo sempre in attesa di qualcuno che ci tenda una mano, che si tuffi nei nostri abissi per riportarci a galla, che sia la nostra ancora di salvezza, magari per sempre, ma non va mai così. Ecco perché poi ci sentiamo sempre più soli e vuoti. Riponiamo fiducia e speranze in qualcuno di cui non conosciamo né volto né nome, e quando s'attarda ad arrivare stiamo anche peggio. Non verrà nessuno a salvarci, per quanto lo vogliamo, lo immaginiamo e desideriamo, nessuno verrà a prenderci. Nessuno ci strapperà dal caos che è in noi. Ognuno si salva da solo, è questa la verità. E forse, ciò è la nostra più grande fortuna.
Quando ero piccola, mi capitava spesso di ascoltare nelle conversazioni degli adulti: "o si sposano o si lasciano" ed io non riuscivo mai a capire il senso di quella frase. Crescendo non è cambiato poi molto, continua a non essermi chiara questa cosa, rimango sempre un po' perplessa quando a dirlo poi, è una coppia: "l'anno prossimo ci sposiamo stiamo insieme da tanti anni. Lo sai, no? Arrivati a questo punto o ci sposiamo o ci lasciamo" come se tutto ruotasse attorno a due uniche alternative. Come se non si potesse andare più avanti davvero. Come se l'amore fosse qualcosa di fisso, immobile e schematico. Un passo dopo l'altro. Tappa dopo tappa fino ad arrivare al traguardo, perché ormai ciò che importa - e ultimamente me ne rendo conto sempre di più - non è come ci si arriva, non è guardarsi indietro e contare gli ostacoli superati insieme, le crisi in cui l'altro continuava a stringere più forte la mano per non lasciar cadere chi stava cedendo, non sono i "resto perché andare altrove non sarebbe la stessa cosa senza te", non è nulla di tutto questo, ormai ciò che conta è arrivare al "traguardo". E se questo traguardo è un matrimonio e dei figli, tanto meglio. La strada percorsa non se la guarda più nessuno. Ci sono persone che restano ferme (e infelici) in alcune storie, glielo si legge in faccia che non sanno come andare avanti, ma che non hanno nemmeno il coraggio di mettere un punto e andare avanti da soli. La solitudine spaventa a molta gente, ma a volte mi chiedo, non è meglio sentirsi da soli in mezzo alle proprie cose, piuttosto che sentirsi da soli stando con qualcuno che non sentiamo appartenerci più? Io preferirei sempre la prima. Così, per non rischiare di soffrire in due almeno. Ci sono persone che restano ferme in alcune storie per così tanto tempo che non si riconoscono nemmeno più; né se stessi, né l'altro e finiscono per perdersi completamente. E poi si sposano. Si sposano credendo che sia la cosa migliore da fare, si sposano per cambiare le cose, per stravolgere questo pozzo senza fine e addirittura succede che mentre cercano di risalire le acque, decidono di bagnarsi in un altro fiume, tanto per distrarsi. Ed invece a cambiare dovrebbero essere soltanto loro, ma cambiare stando altrove, facendo un passo avanti ma da soli. Perché se è vero che "o ci sposiamo o ci lasciamo" è altrettanto vero che spesso, ci si sposa e ci si lascia comunque.
Non sono brava con i sentimenti, non so esternarli chiaramente, nel mio cervello è un continuo "tum tum", ma poi nelle azioni ho le braccia vuote. Non sono brava ad esternare ciò che sento dentro, eppure c'è un mondo intero, un continuo caos di emozioni fanno a botte tra loro per poter sopravvivere e venire fuori, solo che puntualmente cadono tutti a tappeto. Quasi mai c'è chi vince un secondo round di fila. Non sono mai stata brava a dimostrare ciò che sono, ci metto del tempo, a volte così tanto che le persone pensano io sia vuota e fredda, asettica e senza cuore ed invece la mia si chiama solo paura. È sempre stato una specie di "è brava ma non si applica, magari la rimandiamo e speriamo che la prossima volta, avendo imparato da questa esperienza, faccia meglio". Ed invece no, semmai, faccio peggio. Non sono brava perché quando ho dato tutta me stessa, tirando fuori quello che avevo dentro senza sconti, mi dicevano che ero troppo eccessiva negli affetti ed era meglio tornarmene dietro il muro di mattoni che ho abilmente costruito negli anni. Allora, ho imparato a giocare a nascondino in un modo tutto nuovo: nascondo le mie emozioni ed i sentimenti, ma a questi è proibito fare tana, e alla fine, non vince mai nessuno.
Questa mattina ti ho vista uscire dal portone di fretta, eri in ritardo. Mi hai salutata con un sorriso e hai detto: "scusami se non mi fermo a parlare con te, devo proprio scappare. Prometto che ti chiamo per un caffè, così mi faccio perdonare"; e questo pomeriggio hai chiamato davvero. Ti preoccupi sempre dei sentimenti degli altri, di come possano rimanerci se per caso fraintendono le tue parole o i tuoi gesti. Ma ai tuoi sentimenti e ai tuoi stati d'animo, ci ha mai pensato davvero qualcuno? Hai mai incontrato chi, invece vomitarti tutto ciò che ha dentro con veemenza e freddezza, si sofferma a spiegartele dolcemente alcune cose? Ti preoccupi sempre di come gli altri possano vivere in mancanza di qualcuno, o in mancanza di qualcosa. Ma a te che spesso abbracci il Vuoto, a te che troppo spesso ti sei presa in Braccio e messa in salvo da sola, a te che hai dovuto inventarti di tutto pur di sopravvivere alla realtà quotidiana che ti opprimeva, ci ha mai pensato davvero qualcuno? Ti preoccupi sempre di strappare un sorriso a chiunque incroci il tuo cammino. E quindi vai e sorridi sempre, nonostante tutto, ce l'hai sempre pronto con te un dolce sorriso. Ti fai sempre in quattro per le persone, ma hai mai avuto davvero chi ti ha anche solo tenuto la mano in questa tempesta? Hai mai incontrato chi pur di vederti felice, ti ha fatto una carezza sul cuore? Ti preoccupi sempre per gli altri, ma a te chi ci pensa? Chi ti abbraccia quando non ce la fai davvero più a sostenere questa vita sulle tue fragili e al contempo così forti spalle? Chi ti asciuga quelle lacrime che di notte versi, quando tutti dormono e non possono vederti né sentire, perché è giusto che anche tu possa crollare ogni tanto e rialzarti? Ed ho pensato che forse, non ce l'hai questo qualcuno ed allora, con questa convinzione, ti ho abbracciato forte non appena ci siamo salutate e ti ho sentita singhiozzare ed ho capito. Ho capito che chi ha da dare tanto amore, molto spesso non ne ha ricevuto abbastanza. E tu sei così, un fiume in piena d'amore e dolcezza, che aspetta solo un mare nel quale tuffarsi e confondersi. Ed io amica mia, ti auguro davvero il più profondo di questi mari.
Era quel tipo di persona che non demorde facilmente. Se vuole una cosa corre a prendersela, non si ferma per voltarsi indietro e vedere quanta strada ha già percorso, ma continua il suo cammino senza prendere fiato fino a quando non la raggiunge. Era quel tipo di persona che metteva il cuore davanti all'orgoglio. Quella che l'ultimo tentativo non era mai davvero l'ultimo. Quella che andava controcorrente, contro il vento e tutte le intemperie pur di ottenere quello che desiderava davvero. Lei correva, correva sempre. Si fermava solo quando sentiva lo schianto. Il suo. Ed anche allora, pur zoppicando, continuava in qualche modo per la sua strada. Continuava in qualche modo a farcela, in modo diverso certo, ma non si fermava mai, nemmeno allora.
Credo che ad un certo punto bisogna prendere la consapevolezza di dover lasciare andare alcune persone. Le persone non sono oggetti che puoi tenere con te quando ti fa comodo. O che vuoi tenere perché ti sono indispensabili. Non puoi costringerle a restare quando fanno di tutto per poter andare via. È giusto che ciò avvenga. È giusto recidere alcuni rapporti, anche se fa male. Ma fa ancora più male trattenere a tutti i costi chi non vuole restare. È giusto che una persona sia libera di andarsene senza sentirsi sulla coscienza il peso di una decisione. È giusto che una persona possa smettere di esserci se esserci ora significa in realtà, avere a che fare con un'assenza.
Era quel tipo di persona che non demorde facilmente. Se vuole una cosa corre a prendersela, non si ferma per voltarsi indietro e vedere quanta strada ha già percorso, ma continua il suo cammino senza prendere fiato fino a quando non la raggiunge. Era quel tipo di persona che metteva il cuore davanti all'orgoglio. Quella che l'ultimo tentativo non era mai davvero l'ultimo. Quella che andava controcorrente, contro il vento e tutte le intemperie pur di ottenere quello che desiderava davvero. Lei correva, correva sempre. Si fermava solo quando sentiva lo schianto. Il suo. Ed anche allora, pur zoppicando, continuava in qualche modo per la sua strada. Continuava in qualche modo a farcela, in modo diverso certo, ma non si fermava mai, nemmeno allora.
Non posso passare la mia vita a giustificare i silenzi delle persone, o alcuni loro gesti dietro un enorme "ha paura, ecco perché si comporta così". Perché sì, la paura ti fotte, ti ammutolisce, ti paralizza, ma quello che ti scoppia dentro dovrebbe essere la molla giusta per metterla a tacere e provare, una volta tanto, a ridimensionalizzarla. Non voglio più correre dietro le persone, voglio farlo solo se dall'altra parte vedo chi corre verso me per abbracciarmi. Non voglio più accendermi per qualcuno, se quel qualcuno poi si sente in diritto di spegnermi come se nulla fosse. Non voglio essere una spettatrice qualunque ad uno show di magia e tu, sparisci nel buio ed io sto lì a chiedermi "dove è finito? Torna? E quando esattamente? Non voglio finire sulla strada del non ritorno senza alcuna compagnia. L'ignoto mi spaventa, e ho il terrore quando vedo il mio cuore continuare a camminare pur non sapendo dove andare, ma sta lì e non demorde fino a quando non ritorna indietro monco.
Perché le persone hanno così paura di restare da sole? Perché credono che condividere la propria vita con un altro individuo sia indispensabile? Io a volte non riesco a sopportare nemmeno me stessa, figuriamoci poi, se riesco a tollerare qualcun altro. Eppure sembra che tutti siano convinti che per raggiungere la felicità lo si possa fare solo con qualcuno al proprio fianco, sono convinti che per sentirsi realmente vivi, ci sia bisogno di qualcuno che ci completi. Perché, non sono forse io un individuo con due braccia, due gambe, due occhi, un cuore e un cervello? Non ho bisogno di nessuno per sentirmi completa, lo sono già! E anche se non avessi un arto non avrei bisogno di nessuno, perché saprei adoperare quello che ho nei migliori dei modi.