Suppongo che a questo punto dovrò dirle cosa ho imparato, la conclusione, giusto? Bè la mia conclusione è che l'odio è una palla al piede, la vita è troppo breve per passarla sempre arrabbiati, non ne vale la pena. Derek dice che bisogna sempre terminare una tesina con una citazione, dice che c'è sempre qualcuno che ha detto una cosa nel migliore dei modi, perciò se non riesci a fare di meglio ruba da lui e farai la tua figura. Ho scelto una citazione che penso le piaccia: "non siamo nemici, ma amici. Non dobbiamo essere nemici. Anche se la passione può averci fatto vacillare non deve rompere i profondi legami del nostro affetto, le corde mistiche della memoria risuoneranno quando verranno toccate, come se a toccarle fossero i migliori angeli della nostra natura.
Non è neanche lo stesso campo da gioco ca**o. Ora senti, forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio ma sai... toccare i piedi di sua moglie e infilarle la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport.
Dan: Sono felice di essere qui con te, adesso! Serena: Aspetta! Dan: Che c'è? Ti dà fastidio qualcosa... la presa per i capelli era troppo! Serena: No! No! È che ehm. Dan: Ehm? Non è mai bene, che c'è? Serena: Ho paura. Dan: Di me? Serena: No, cioè si, ma... no vedi io non ho mai... Dan: Tu non hai mai... non hai voglia? Serena: No. Voglio! Nessuno mi ha mai guardata nel modo in cui fai tu. In realtà non penso mi abbiano mai guardata. Credi che sia pazza, vero? Dan: Affatto...
Carissimi fratelli, siamo qui riuniti di fronte a tutti voi per vedere quest'uomo e questa donna che si accingono a incasinare tutto. Scusate se tiro fuori un fazzoletto e lo passo a D. e a S. A quanto pare non sono l'unica che piange ai matrimoni.
Io avevo da lungo tempo deciso di dire assolutamente tutta la verità, senza rime, senza abbellimenti. Ho avuto resoconti di prima mano di tutti gli eventi ai quali non ho assistito personalmente, le condizioni in prigione, l'evacuazione da Dunkerque, tutto quanto. Ma l'effetto di tutta questa sincerità era così disumano che non riuscivo davvero più a immaginare quale ne sarebbe stato lo scopo. Perché in effetti io fui troppo vigliacca per andare a trovare mia sorella nel giugno del 1940, non andai mai a Balham, quindi la scena in cui confesso a loro è immaginaria. L'ho inventata e infatti non sarebbe mai potuta accadere, perché Robbie Turner morì di setticemia a Bray-Dunes il primo giugno del 1940, l'ultimo giorno dell'evacuazione. E io non ebbi mai la possibilità di chiarire le cose con mia sorella Cecilia perché lei rimase uccisa il quindici ottobre del 1940 dalla bomba che distrusse le tubature del gas e dell'acqua sopra la stazione della metropolitana di Balham. Così mia sorella e Robbie non riuscirono mai a passare del tempo insieme, come tanto avevano desiderato e meritato e come da allora io ho, come da allora io ho sempre sentito di aver impedito, ma quale senso di speranza o di soddisfazione avrebbe avuto un lettore da un finale del genere? Così nel libro ho voluto dare a Robbie e a Cecilia quello che avevano perso nella vita; mi piace pensare che non sia stata debolezza o evasione, ma un atto finale di gentilezza. Io ho restituito loro la giusta felicità.
Avviene qualcosa di magico quando balliamo. Tutto si allinea. Il mondo è in perfetta sincronia e in quel momento ci sentiamo pienamente vivi. Ma per essere ballerini nella vita bisogna attraversare esperienze non tanto magiche: rifiuti, paghe schifose, audizioni infinite, fino a sentire che il tuo mondo è tutto in quella stanza fredda, in quelle luci fluorescenti, in quelle facce indifferenti che incontri giorno dopo giorno.