Scritta da: Silvana Stremiz
in Frasi di Film » Drammatico
Quando un uomo non può scegliere cessa di essere un uomo.
dal film "Arancia meccanica" di Stanley Kubrick
Quando un uomo non può scegliere cessa di essere un uomo.
Mi chiamo Forrest, Forrest Gump, vuole un cioccolatino ?
Potrei mangiarne una tonnellata di questi qui, mamma diceva sempre, la vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita.
Continuerò io dunque a vivere in questo tristo mondo che di te privato non è migliore di una stalla!
Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella, riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perché è la tua fedeltà che la fa diventare infinita, saresti capace?
Uno può arrabbiarsi, imprecare, bestemmiare ma quando arriva la tua ora non puoi fare altro che mollare e lasciare andare.
Dan: Sono felice di essere qui con te, adesso!
Serena: Aspetta!
Dan: Che c'è? Ti dà fastidio qualcosa... la presa per i capelli era troppo!
Serena: No! No! È che ehm.
Dan: Ehm? Non è mai bene, che c'è?
Serena: Ho paura.
Dan: Di me?
Serena: No, cioè si, ma... no vedi io non ho mai...
Dan: Tu non hai mai... non hai voglia?
Serena: No. Voglio! Nessuno mi ha mai guardata nel modo in cui fai tu. In realtà non penso mi abbiano mai guardata. Credi che sia pazza, vero?
Dan: Affatto...
Dire ad una donna che ti piacciono i suoi vestiti non è mentire, ma istinto di sopravvivenza.
Io avevo da lungo tempo deciso di dire assolutamente tutta la verità, senza rime, senza abbellimenti. Ho avuto resoconti di prima mano di tutti gli eventi ai quali non ho assistito personalmente, le condizioni in prigione, l'evacuazione da Dunkerque, tutto quanto. Ma l'effetto di tutta questa sincerità era così disumano che non riuscivo davvero più a immaginare quale ne sarebbe stato lo scopo. Perché in effetti io fui troppo vigliacca per andare a trovare mia sorella nel giugno del 1940, non andai mai a Balham, quindi la scena in cui confesso a loro è immaginaria. L'ho inventata e infatti non sarebbe mai potuta accadere, perché Robbie Turner morì di setticemia a Bray-Dunes il primo giugno del 1940, l'ultimo giorno dell'evacuazione. E io non ebbi mai la possibilità di chiarire le cose con mia sorella Cecilia perché lei rimase uccisa il quindici ottobre del 1940 dalla bomba che distrusse le tubature del gas e dell'acqua sopra la stazione della metropolitana di Balham. Così mia sorella e Robbie non riuscirono mai a passare del tempo insieme, come tanto avevano desiderato e meritato e come da allora io ho, come da allora io ho sempre sentito di aver impedito, ma quale senso di speranza o di soddisfazione avrebbe avuto un lettore da un finale del genere? Così nel libro ho voluto dare a Robbie e a Cecilia quello che avevano perso nella vita; mi piace pensare che non sia stata debolezza o evasione, ma un atto finale di gentilezza. Io ho restituito loro la giusta felicità.
Ho sempre pensato di riuscire soltanto a scappare da tutto e da tutti, ma adesso ho capito che stavo correndo verso di te. Io ti amo, e ti amavo prima di conoscerti.
Avviene qualcosa di magico quando balliamo. Tutto si allinea. Il mondo è in perfetta sincronia e in quel momento ci sentiamo pienamente vivi. Ma per essere ballerini nella vita bisogna attraversare esperienze non tanto magiche: rifiuti, paghe schifose, audizioni infinite, fino a sentire che il tuo mondo è tutto in quella stanza fredda, in quelle luci fluorescenti, in quelle facce indifferenti che incontri giorno dopo giorno.