Non riuscivo ad immaginare come sarebbe stato, e carezzavo il grembo, il seno mi scoppiava, l'avrei allattato, e stretto al mio cuore. Ancora non mi rendevo conto, del miracolo che mi portavo dentro, ora scalciava, si muoveva e si addormentava. Parlavo sola, sapevo che mi ascoltava, gli raccontavo favole, sicuro mi seguiva, il desiderio era forte e non si conteneva, senza strillare mi premeva. Ecco che la vita dà la vita, il mio amore usciva guardavo le sue mani, i suoi piedini era perfetto volevo gridare tutta la mia gioia, ma mi addormentai. Mi ritrovai che attaccato al mio seno, nei suoi occhi, accarezzava un sogno, quello che avevo avuto guardandolo, quello che gli ho promesso crescendolo.
Un amico sincero, riservato davvero, un sorriso, una carezza, mi chiedevi solo dolcezza. Mai una parola fuori posto, sempre oltremodo gentile, nessuno riusciva a capire, il tuo modo di fare. Eravamo soli in quella stanza, la tua bocca si trovò su quella mia, volevi forse provare, solo con me lo potevi fare, d'un tratto mi hai abbracciato e stringendo forte la mia mano... Anna, ti devo confessare, ho un segreto grande che mi preme dentro, io volevo con te, solo con te speravo ma è più forte di me, non ci riesco, non ridere, non lo potrei sopportare. Accorgersi di essere diverso, sforzarsi di sembrar normale e dentro ci stai male, ma tu mi hai sempre amato, forse capirai con te il mio segreto vivrà fino alla morte. Ho stretto la sua mano, l'ho abbracciato. Niente può cambiare quello che provo per te, amico mio, ora sei libero, sei più forte.
Cosa sono tutte queste sbarre, fatte di gelosia, di possessione, di ignoranza, a cosa serve tenermi per forza legata, la tua è diventata un'ossessione, quando capirai che ci sto stretta in questa stanza. È inutile, non puoi negarmi di pensare, se è così, con te non voglio più restare, in questa prigione senza l'aria per poter respirare, non ci voglio stare. Io belva, ancora famelica non addomesticata, faccio finta di stare calma e sto a guardare, per non farmi frustare. Quando potrò aprirmi un varco fuggirò, provami a fermare .... Inutilmente mi cercherai, preferisco nascondermi e morire piuttosto che star qui a guaire sperando tu capisca col tempo, che questo non è amore. La belva si può domare, non con la frusta ma col cuore, ogni volta che ti avvicini, rischi di farti sbranare.
La mia casa era circondata da un giardino, dove la nonna piantava fiori, la gente dei palazzi intorno, si affacciava fuori, un po' gelosa, godendo del nostro angolino. Una palma al centro, alta e fiera cresceva, con la sua folta chioma tanta ombra faceva. La nonna sotto aveva messo un tavolino lì raccontavamo favole, era proprio bello il nostro giardino. Su una foglia della palma aveva il nido un timido uccellino e la mattina si sentiva cantare. Un giorno tutta quella gente protestò per la chioma dell'albero che a dismisura cresceva, la palma per dispetto, fecero tagliare. Io disperata la vedevo cadere e tra le sue foglie volevo morire... Raccolsi il nido del povero uccellino, lo posi dentro una gabbia d'oro, ma come potevano vincere loro, più ci pensavo e più mi arrabbiavo. La mia infanzia mi han tolto, un pezzo del mio cuore, con l'albero divelto, con me cresceva e dalla mia finestra, sentivo che cantava l'uccellino. Quei maledetti... Li avrei seppelliti tutti sotto il mio giardino.
Piove, guardo dalla mia finestra, un uccellino infreddolito si posa sul davanzale, ha fame e sta male. Grondano d'acqua monconi d'alberi che il vento ha distrutto, il cielo è chiuso, e lì finisce tutto. Freddo nella mia stanza, danzano i miei pensieri, ombre sul soffitto, colori strani e luci, e mi rimandano indietro in un mondo irreale ancora sento le voci.... Quando ero bambina, avevo paura, tutto quel vento, quell'acqua, un tuono, un lampo che squarciava la sera, sui muri i miei incubi, ancora disegnati. D'un tratto dai vetri brillano lacrime di pioggia, ed un raggio di sole apre tra le nuvole un varco, proprio in questa stanza, piena di ricordi, s'accende di nuovo la speranza, ora sono grande, non ho più paura, i fantasmi del passato mi hanno abbandonato, vorrei venire fuori, ma ancora è tutto bagnato. Quell'uccellino che si era posato con il sole si è asciugato, ha mangiato le mie briciole ed è volato.
Così hai deciso, siamo rimasti amici, e le nostre strade han preso diversa direzione, hai scelto lei senza nessuna spiegazione. Non ho saputo mai perché e per quale ragione ma se di me avrai bisogno, grida forte, fatti sentire, se ancora c'è dentro al tuo cuore tutto quello che per te era amore... fatti vedere. Il tempo mi darà ragione, mi cercherai, ma ti sarò lontana, i tuoi respiri ascolterò, e ti saprò aspettare se ti stancherai. Non mi hai voluto credere, hai voluto provare, sapevi bene che con lei non potevi restare, tu prova a gridare, fatti sentire chi più di me ti può capire. I nostri sogni, dove sono andati a finire, ed ora piangi e non ti fai vedere, ritornerai, farò finta di niente, ti riconoscerò tra tutta la gente, nulla ti chiederò, ma griderò con te ci faremo sentire, perché io sono l'amore.
Era primavera, fiore tra i fiori, al primo chiarore, in mezzo a quel prato fu preso sera. Si sentì lontano l'eco delle bombe, a morire non erano certo pronte. Il cielo di rosso si tinse come il prato, il cielo s'illuminò e non erano stelle, erano fiammelle, le mamme confuse tra i veli ed il fragore, gridavano chiamandole, le copriva il rumore. Nessuno conosceva quei volti, ma si sentiva la voce, in mezzo a quel prato, non c'era stato il tempo di capire, quel fiore ancora in boccio proprio non doveva morire. Rosso, smembrato, corpo senza fiato, le bombe più non brillavano, il cielo si fece scuro, le mamme stringevano i loro figli e piangevano, niente si vedeva sotto quel velo nero.
Amore, dolcezza, micio micio... Tu sei la stella tu sei... Basta! Sembra un popolo di poveri stolti, si diventa tutto e non si arriva a niente, poi quando finisce finalmente ci si pente. Non si torna più indietro e quel che è detto e detto e col senno di poi... un cretino perfetto. Meno male è finita, sì, ne esci distrutto, ma davanti a un bel viso, non ti puoi più frenare. Ricominci a sclerare, non hai freni e farfugli, amor mio, io ti amo, pugli... pugli. Sei ridotto a un coglione, non hai più l'attenzione, la tua mente si è persa in quest'altra avventura. Son malato d'amore... ma va là che si cura.
C'è chi affoga la rabbia in un bicchiere, chi si fa di canne e va a dormire, chi si distrugge la vita, continuando a sbagliare, chi uccide, convinto di poter guidare, a noi non resta che urlare. Libera la mente, con forza grida, questo si può fare, non concludi niente ma continua a strillare. Urla la mamma che sta per partorire, un momento felice che poi deve finire, urla il bimbo che nasce, e continua a strillare quando cresce. Tutta la vita è un urlo da recuperare, facciamoci sentire, tanto per continuare a vivere, quando non avremo più niente da dire, saremo morti e non potremo più gridare.
Fisso lo sguardo sul soffitto, ed ho paura, i fantasmi compaiono con le luci della sera, e sogno di precipitare, di affogare, sempre in cavernosi anfratti, da dove non riesco ad uscire. La notte cerco di non dormire, la luce è sempre accesa, ma rimango ad occhi aperti e son sospesa... Vorrei tanto tornare a non pensare, tutto il male del mondo è nella mia testa, e la mia paura ad ogni lacrima si presta, ad ogni debolezza. Finirà mai questa mia tristezza che mi sta distruggendo? Il giorno mi do da fare, per cambiare ma quando è sera non so dove andare.