Doppia solitudine E passa anche quest'anno, senza averti accanto, proprio in certi momenti le nostre solitudini soffrono insieme e sentono i battiti dei nostri cuori. Le nostre vite son state separate, ma ci siamo ritrovati e amati, era già scritto, era già detto. Bastano i nostri sguardi, sfiorarci la mano per capire che m'ami, che t'amo. Natale per me è un giorno che deve passare, non riesco a pensare che a te e questa lontananza mi fa impazzire, intorno non vedo né luci né colori, non riesco a stare fuori, tutto mi parla di te. Forse la vita un giorno ci farà questo regalo, unirà per sempre noi che siamo doppia solitudine.
Avevo preparato la mia tavola, per un Natale senza te, volevo dimenticare, ed ho acceso una candela per ricominciare. Ormai ero rassegnata, non saresti tornato e sì che per un po' di tempo ci ho sperato. Un suono alla mia porta, non aspettavo nessuno. Ancora tu, quegli occhi che sapevano incantarmi, ormai spenti dalle delusioni, non avevi trovato, quel che avevi lasciato. Seduto a quella sedia, guardavo l'uomo che avevo sempre amato attraverso la luce fioca di quella candela. Ora un fantasma avevo innanzi, giuro, non me l'aspettavo, forse ancora un po' di nostalgia, ma non ti amavo più. Abbiamo passato insieme l'ultimo Natale, senza una parola, al lume di quella candela e ti guardavo svanire a tratti dai miei pensieri, forse troppo tardi e non eri più tu. Sei uscito da quella porta, dalla mia vita, e non ti ho visto più.
Quando l'amore è solo un'intensità di sguardi, tanta dolcezza o semplice carezza, sei tu, l'unica, compagna fedele dei miei lunghi giorni, delle serate vicino al camino, contenta solo di guardarmi e starmi vicino. Per te l'amore non ha limiti, ed i tuoi occhi non riescono a nascondere il tuo immenso per me. Cucciola, piccola, dolce amica, confidente dei miei segreti, un bacio ancora come solo tu sai dare, soffice nel tuo fare. Ora mi chiedi aiuto, sono qui che piango, altro non posso fare, resto a guardare questa malattia che ti consuma, quegli occhi che chiedono e danno, solo lì è rimasta la tua forza, ma ricordati sempre che ti ho amato, tanto quanto tu mi hai adorato. Disperata perché non c'è più tempo, ma il tuo lamento non sento, pur di averti vicino, di avermi vicino, ora forse il tuo dolore passa con le mie carezze, non so quello che pensi, ma sai che nei tuoi occhi sento che mi vuoi.
La presuntuosa Chissà che se credeva, camminava tosta, co la testa arta, la gente se spostava se passava. Co quer cappello, poi, co tutte piume, quer vestito che s'arsava cor vento, e quer corpetto a mio avviso troppo stretto che jè strizzava tutto er petto. Se sentiva tutta lei, na diva, e come se la tirava! Co quei tacchi fini e arti, camminava sbilenca, ognuno, quanno che passava, pe pijalla in giro jè diceva: A Bona! Forse proprio per sentisse di così, se conciava ridicola da morì. La presunzione sempre l'accompagnava, ce annava a braccetto da mattina a sera e te guardava dall'arto in basso, quasi a commiserarti. Un giorno che così s'era conciata, dei buontemponi l'avevano puntata, no scherzo, un passo farzo, na pozzanghera... che risata! Co quer tacchetto fino, finì ner fango a farse na notata.
Babbo Natale Nonna, dov'è la casa di Babbo Natale? Forse in un buco profondo, dall'altra parte del mondo? Nonna e come fa a volare? Non ha paura che dal cielo, le renne con la sua slitta cadano in mare? Nonna come fa a sapere qual è il giocattolo che mi deve portare, e chi lo deve fare? Forse quegli omini che gli sono intorno, quanti giocattoli dovranno costruire, per tutti i bimbi del mondo? Amore mio, stammi a sentire: quando ero bambina, mi bastava la mia mammina, la dolcezza che mi dava, ed il profumo che aveva. Ho chiesto a Babbo Natale Che un dono a lei doveva portare, che mi aveva già fatto il regalo più grande il suo amore. Anche tu bambino mio, capirai che è vero quello che ti dico, il tuo regalo già l'hai ricevuto, sei nato fortunato, tra le braccia della tua mamma puoi dormire, tanti bambini non lo possono fare, chiedi una mamma anche per loro a Babbo Natale.
Ed ora sono così Un piccolo scricciolo, nato tra i vermi, già lì, mi hanno dovuto pregare per uscire, e girare col forcipe per potermi salvare. Ho sempre strillato tanto per farmi sentire, non dormivo che per qualche ora, la mia mamma ha rischiato d'impazzire. Son cresciuta, mica tanto, ora troppo, mi chiamavano torda, come un uccellino, non mangiavo e spesso mi ammalavo. Avevo già due anni quando nacque un bel bambino, paffuto e carino mi han detto: è il fratellino. Quel giorno cominciarono i guai, per la gelosia non mangiavo mai, le manie omicide erano latenti, per quell'esserino che non aveva denti. Han pensato bene di farmi curare, ed ero più che convinta che per me in quella casa non c'era più posto né amore, ed in un collegio son dovuta andare. Il tempo, le cadute, le lacrime, la solitudine ma anche le amorevoli cure delle mie suore mi hanno forgiato il carattere ed il cuore son cresciuta indipendente forte e sicura perché nell'insegnarmi avevano posto molta cura. Non basterà una vita per ringraziare, tutte le persone che parte di loro mi hanno donato per continuare la mia vita così come sono per vivere e amare.
Forte un'anta della mia finestra, sbatteva contro il muro, già mi ero addormentata, mi sono alzata e fuori... la tempesta. Notte di vento, di spavento, una preghiera mormoravo, affinché quel disastro fosse cessato. Degli alberi sbattuti, sentivo la voce, di mille anime sentivo una prece, paura di dormire, sotto quel cielo senza una stella e senza luce. La fiamma della candela accesa sul mio comodino, creava strani disegni sul muro, da lontano il pianto di un bambino... Fantasmi affollavano la stanza, mentre dai vetri in lontananza vedevo figure strane, illuminate dai fari di qualche macchina in corsa. Erano forse i miei pensieri, che avevo in quel momento, con la paura di quel forte vento. Stanca di quella notte insonne mi ritrovai a dormire sopra il mio divano, tutto era finito e quel tormento, in un momento passò. Guardai dalla finestra, sopra il finimondo... l'arcobaleno.
La forza della musica Note che scorrono su un pianoforte, dolcemente, arie piacevolmente ascoltate, che vi rifate al canto degli uccelli, ai rumori festosi della natura, a quella foglia che piano, piano, si posa. Una lacrima che lievemente scende, un fuoco che arde lucente, una neve sottile, una pioggia scrosciante, il lamento triste di un amante, il mare in tempesta e la roccia che urla, il gabbiano che strilla, una barca che và. Tante note cantate, tante dimenticate, per fretta la nostra anima ha voglia di sentire tutto quello che fa bene al cuore. Ed il grano in giugno mosso dal vento, le cicale con il loro canto, le formiche laboriose, quelle rondini che volano festose. L'acqua che fresca zampilla e scivola furtiva, goccia a goccia ed al primo sole brilla. Tutto nella natura è musica, che fa sognare, basta saper ascoltare.
Il piacere Mai vicini amore, guardami, siamo di fronte, sfiora il tuo corpo come fosse il mio, cerca di pensare a come mi pensi, a quello che penso io. Quello che voglio è sapere e vedere, stando lontani, le tue mani che vedo scorrere dove mi chiami, dove mi ami, dove grida il piacere, dove il gioco è godere. I tuoi respiri e l'ansimare, senza sfiorarci, senza parlare la luce sola delle candele, siamo noi in quattro e sopra quel muro, le nostre ombre sembrano vere. Questo gioco dolcemente ci trova abbracciati, finalmente vicini, addormentati, piacevolmente sfiniti.
Le mie sette vite danno fastidio a chi tira calci al mio cuore, mi cacciano e ritorno, nonostante tutto, mite, riesco a dimenticare in fretta chi male mi tratta. Forse sarà che prendo tutto alla leggera, ma quando cado non mi faccio male, mi alzo e continuo a camminare pensando che ogni storia non sia vera. Mi acquatto, poi studio le mosse, poi con le unghie ghermisco la preda, la sento guaire, la guardo morire ma quando ho finito, pulisco le zampe e la lascio finire. Nessuno mi prende, mi tiene al guinzaglio, con gli occhi inseguo il bersaglio, mi piace, mi alletta rischiare e di nuovo torno a provare se un altro mi fa più piacere. La mia vita la passo sui tetti e sto a guardare ma godo nel farmi accarezzare, mio piacere è sdraiarmi su morbidi letti. Non provate a fermarmi, potrei graffiare.