Scritta da: Francesca Pastore
in Poesie (Poesie d'amore)
Tacito esilio
Un cuore ruvido bussa instancabile alla memoria
come un bambino che chiama la propria madre
e questo sentimento che non esiste.
Quando il sole sorride alla vita
e i miei piedi cominciano le abitudini tu svanisci,
scompari fra la folla distratta dei doveri.
Ma quando il mio corpo si sveste della fatica,
tu riaffiori come la luna fra le tempestate nuvole.
Quando la mia fredda mente s'addormenta
il mio malsano cuore l'invade
come un assetato di sangue uccide la vergine nella notte.
Deflori la ragione, indebolisci ogni mattone
che costruisce queste piccole mura di difesa.
Ti stabilisci nel labirinto rubando mappa e scorte
e io persa e assetata crollo alla tua idea.
Gemente oscillo tra morir d'orgoglio o viver di richieste.
Perdo ogni filo per uscirne, perdo ogni luce da seguire.
Così senza armatura mi dono
a questo Minotauro che m'uccide, ma si sfama.
Sento le unghie raschiare la mia pelle,
sento i denti spezzare le mie ossa,
sento il dolore putrido dello sfamare ingordo.
Ma non mi sottraggo a esso
come un condannato non si sottrae al fucile,
perché questo dolore è la prova della nostra esistenza.
Infine rimango distesa, completamente disfatta, ma ancora viva.
La crudele bestia mi divorerà con un'altra luna
o giocherà in eterno con le mie fragili ossa,
una partita tra futuro e memoria.
Mi riconsegna la mappa e un po' d'acqua salata,
rivesto gli occhi di un alone giallo falsità,
esco dalla sua casa e ritorno al mio tacito esilio.
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