Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il corvo

Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,

D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.

"C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta

Solo questo e nulla più. "

Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri

Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,

Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

"È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,

Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

Ecco: è questo e nulla più"

Poi mi feci coraggio e senza più esitare

"Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,

Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,

Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:

C'erano solo tenebre e nulla più. "

Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

Si era osato sognare: ma nessuno violò

Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:

"Lenore". Solo quello e nulla più.

Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.

Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa

Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

Ma è solo il vento, nulla più. "

Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

E con aria di dame o di gran gentiluomo

Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta

Si posò, si sedette, e nulla più.

Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,

Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

"Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile

Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.

Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "

Disse il Corvo: "Mai più".

Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,

Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,

Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:

Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"

Allora disse il Corvo: "Mai più".

Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

"Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta

A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,

Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:

Mai, mai più".

Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.

Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico

Potesse voler dire gracchiando "Mai più".

Sedevo in congetture senza dire parola

All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

Sul viola del velluto dove la lampada luceva

E che purtroppo Lei non premerà mai più.

Parve più densa l'aria, profumata da un occulto

Turibolo, oscillato da leggeri serafini

Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda

Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "

Disse il Corvo "Mai più".

"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda

O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,

Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "

Disse il Corvo: "Mai più".

"Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta

Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".

Disse il Corvo: "Mai più".

"Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai

"uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"

Disse il Corvo: "Mai più".

E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento

Non si solleverà "Mai più" mai più.
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    Scritta da: Gaetano Toffali
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Sognando la religione

    Signore
    non credo non credo
    eppure sono qui
    davanti inginocchiato
    Ah se sapessi
    mi piacciono le contraddizioni
    per poter restare me stesso
    Sono uno stupido
    non occorre che te lo dica
    il meno riuscito
    dei tuoi figli
    Sono brutto sono un fallito
    eppure non ho nulla da chiederti,
    non voglio miracoli per me,
    mi accontento che il sole
    mi dica buongiorno.
    Signore, non sono qui
    per fare la ruota come un pavone
    ma neanche per battermi il petto
    domandando perdono.
    Io sono solo un bambino
    che piange e arranca e fatica.
    Io muoio su una croce diversa
    mordendo i chiodi
    e spingendo i piedi
    verso il basso a sentire
    l'erba che cresce.
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      Scritta da: Paolo P
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Francesca

      Venivi innanzi uscendo dalla notte
      recavi fiori in mano
      ora uscirai fuori da una folla confusa,
      da un tumulto di parole intorno a te.
      Io che ti avevo veduta fra le cose prime
      mi adirai quando sentii dire il tuo nome
      in luoghi volgari.
      Avrei voluto che le onde fredde sulla mia mente fluttuassero
      e che il mondo inaridisse come una foglia morta,
      o vuota bacca di dente di leone, e fosse spazzato via,
      per poterti ritrovare,
      sola.
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        Scritta da: Edoardo Grimoldi
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Spleen

        Quando basso e pesante il cielo grava
        Come un coperchio al gemebondo spirito
        Preda di lunghe accidie, e a noi, abbracciando
        Tutto il cerchio dell'orizzonte, versa
        Un buio lume, più triste che notte;
        Quando la terra si trasforma in umido
        Carcere dove la Speranza, come
        Un pipistrello, se ne va sbattendo
        Contro i muri la sua timida ala,
        Urtando il capo a putridi soffitti;
        Quando la pioggia, stendendo le sue
        Immense strisce, imita le sbarre
        D'una vasta prigione, e un muto popolo
        Di ragni infami al fondo del cervello
        Viene a tenderci le sue reti, - a un tratto
        Campane erompono furiose e lanciano
        Verso il cielo uno spaventoso urlo,
        Come spiriti erranti e senza patria
        Che diano in gemiti, ostinatamente.
        E dei lunghi, funerei cortei
        Vanno sfilando nell'anima mia
        Senza tamburi né musica, lenti.
        È in lacrime, ormai vinta, la Speranza;
        L'atroce Angoscia mi pianta, dispotica,
        Sul cranio chino il suo vessillo nero.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Io non mi sento italiano

          L'Italia è una repubblica democratica fondata... sulla pasta!

          Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Mi scusi Presidente
          non è per colpa mia
          ma questa nostra Patria
          non so che cosa sia.
          Può darsi che mi sbagli
          che sia una bella idea
          ma temo che diventi
          una brutta poesia.
          Mi scusi Presidente
          non sento un gran bisogno
          dell'inno nazionale
          di cui un po' mi vergogno.
          In quanto ai calciatori
          non voglio giudicare
          i nostri non lo sanno
          o hanno più pudore.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Mi scusi Presidente
          se arrivo all'impudenza
          di dire che non sento
          alcuna appartenenza.
          E tranne Garibaldi
          e altri eroi gloriosi
          non vedo alcun motivo
          per essere orgogliosi.
          Mi scusi Presidente
          ma ho in mente il fanatismo
          delle camicie nere
          al tempo del fascismo.
          Da cui un bel giorno nacque
          questa democrazia
          che a farle i complimenti
          ci vuole fantasia.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Questo bel Paese
          pieno di poesia
          ha tante pretese
          ma nel nostro mondo occidentale
          è la periferia.

          Mi scusi Presidente
          ma questo nostro Stato
          che voi rappresentate
          mi sembra un po' sfasciato.
          È anche troppo chiaro
          agli occhi della gente
          che tutto è calcolato
          e non funziona niente.
          Sarà che gli italiani
          per lunga tradizione
          son troppo appassionati
          di ogni discussione.
          Persino in parlamento
          c'è un'aria incandescente
          si scannano su tutto
          e poi non cambia niente.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Mi scusi Presidente
          dovete convenire
          che i limiti che abbiamo
          ce li dobbiamo dire.
          Ma a parte il disfattismo
          noi siamo quel che siamo
          e abbiamo anche un passato
          che non dimentichiamo.
          Mi scusi Presidente
          ma forse noi italiani
          per gli altri siamo solo
          spaghetti e mandolini.
          Allora qui mi incazzo
          son fiero e me ne vanto
          gli sbatto sulla faccia
          cos'è il Rinascimento.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Questo bel Paese
          forse è poco saggio
          ha le idee confuse
          ma se fossi nato in altri luoghi
          poteva andarmi peggio.

          Mi scusi Presidente
          ormai ne ho dette tante
          c'è un'altra osservazione
          che credo sia importante.
          Rispetto agli stranieri
          noi ci crediamo meno
          ma forse abbiam capito
          che il mondo è un teatrino.
          Mi scusi Presidente
          lo so che non gioite
          se il grido "Italia, Italia"
          c'è solo alle partite.
          Ma un po' per non morire
          o forse un po' per celia
          abbiam fatto l'Europa
          facciamo anche l'Italia.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo
          per fortuna o purtroppo
          per fortuna
          per fortuna lo sono.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Del non leggere

            In libreria con l'opera di Proust
            non ti danno un telecomando,
            non puoi cambiare
            sulla partita di calcio
            o sul telequiz con in premio una Volvo.

            Viviamo più a lungo,
            ma con minor esattezza
            e con frasi più brevi.

            Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
            e torniamo con foto invece di ricordi.
            Qui sono io con uno.
            Là, credo, è il mio ex.
            Qui sono tutti nudi,
            quindi di certo in spiaggia.

            Sette volumi - pietà.
            Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
            o meglio ancora mostrarli in immagini?
            Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola,
            ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P.

            E poi tra parentesi, chi mai era costui.
            Scriveva, dicono, a letto, per interi anni.
            Un foglio dopo l'altro,
            a velocità ridotta.
            Noi invece andiamo in quinta
            e - toccando ferro - stiamo bene.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Canto di chi rimane a casa

              Restare a casa è un ordine
              che non si discute,
              ma da adesso in poi dovremmo essere
              un poco più attenti a quelli che muoiono sul lavoro.
              lo so che ora il problema è non infettare gli altri,
              lo so che non è una banale influenza
              quella che ci sta attraversando,
              ma se dobbiamo temere la malattia
              dobbiamo temerla sempre,
              dobbiamo mettere pochi pesticidi nelle terre
              e le industrie pochi veleni nel cibo e nell'aria.
              e chi non è più amato
              non può più uccidere la sua amante,
              e si può essere ricchi
              solo se non ci sono poveri.
              Non voglio affiancarmi agli stupidi
              per ogni volta che dici qualcosa
              ti rispondo che il problema è un altro,
              dobbiamo chiedere che dal prossimo autunno,
              ogni governo, di destra o di sinistra,
              si ponga il problema che vendere sigarette è vendere tumori
              e vendere alcolici è vendere cirrosi.
              Ora più che mai è un dovere di tutti stare bene
              ma nel futuro deve essere anche un diritto:
              se un futuro governo, come quelli passati,
              toglierà soldi agli ospedali
              per destinarli alle spese militari
              sarà un governo di criminali.
              Composta sabato 21 marzo 2020
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