Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il sole e la lucerna

In mezzo ad uno scampanare fioco
sorse e batté su taciturne case
il sole, e trasse d'ogni vetro il fuoco.
C'era ad un vetro tuttavia, rossastro
un lumicino. Ed ecco il sol lo invase,
lo travolse in un gran folgorìo d'astro.
E disse, il sole: - Atomo fumido! Io
guardo, e tu fosti. - A lui l'umile fiamma:
- Ma questa notte tu non c'eri, o dio;
e un malatino vide la sua mamma
alla mia luce, fin che tu sei sorto.
Oh! grande sei, ma non ti vede: è morto! -
E poi, guizzando appena:
- Chiedeva te! Che tosse!
Voleva te! Che pena!
Tu ricordavi al cuore
suo le farfalle rosse
su le ginestre in fiore!
Io stavo lì da parte...
gli rammentavo sere
lunghe di veglia e carte
piene di righe nere!
Stavo velata e trista,
per fargli il ben non vista. -.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Ho sceso, dandoti il braccio, almeno milioni di scale

    Ho sceso, dandoti il braccio, almeno milioni di scale
    e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
    Anche così è stato breve il nostro viaggio.
    Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
    le coincidenze, le prenotazioni,
    le trappole, gli scorni di chi crede
    che la realtà sia quella che si vede.
    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
    non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
    erano le tue.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Alla mia nazione

      Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
      ma nazione vivente, ma nazione europea:
      e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
      governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
      avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
      funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
      una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
      Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
      pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
      tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
      Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
      proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
      E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
      che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
      Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La quiete dopo la tempesta

        Passata è la tempesta:
        Odo augelli far festa, e la gallina,
        Tornata in su la via,
        Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
        Rompe là da ponente, alla montagna;
        Sgombrasi la campagna,
        E chiaro nella valle il fiume appare.
        Ogni cor si rallegra, in ogni lato
        Risorge il romorio
        Torna il lavoro usato.
        L'artigiano a mirar l'umido cielo,
        Con l'opra in man, cantando,
        Fassi in su l'uscio; a prova
        Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
        Della novella piova;
        E l'erbaiuol rinnova
        Di sentiero in sentiero
        Il grido giornaliero.
        Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
        Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
        Apre terrazzi e logge la famiglia:
        E, dalla via corrente, odi lontano
        Tintinnio di sonagli; il carro stride
        Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
        Si rallegra ogni core.
        Sì dolce, sì gradita
        Quand'è, com'or, la vita?
        Quando con tanto amore
        L'uomo à suoi studi intende?
        O torna all'opre? O cosa nova imprende?
        Quando dè mali suoi men si ricorda?
        Piacer figlio d'affanno;
        Gioia vana, ch'è frutto
        Del passato timore, onde si scosse
        E paventò la morte
        Chi la vita abborria;
        Onde in lungo tormento,
        Fredde, tacite, smorte,
        Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
        Mossi alle nostre offese
        Folgori, nembi e vento.
        O natura cortese,
        Son questi i doni tuoi,
        Questi i diletti sono
        Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
        È diletto fra noi.
        Pene tu spargi a larga mano; il duolo
        Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
        Che per mostro e miracolo talvolta
        Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
        Prole cara agli eterni! Assai felice
        Se respirar ti lice
        D'alcun dolor: beata
        Se te d'ogni dolor morte risana.
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          Scritta da: Eclissi
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Amore a prima vista

          Sono entrambi convinti
          che un sentimento improvviso li unì.
          È bella una tale certezza
          ma l'incertezza è più bella.

          Non conoscendosi prima, credono
          che non sia mai successo nulla fra loro.
          Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
          dove da tempo potevano incrociarsi?

          Vorrei chiedere loro
          se non ricordano -
          una volta un faccia a faccia
          forse in una porta girevole?
          Uno "scusi" nella ressa?
          Un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
          - ma conosco la risposta.
          No, non ricordano.

          Li stupirebbe molto sapere
          che già da parecchio
          il caso stava giocando con loro.

          Non ancora del tutto pronto
          a mutarsi per loro in destino,
          li avvicinava, li allontanava,
          gli tagliava la strada
          e soffocando un risolino
          si scansava con un salto.

          Vi furono segni, segnali,
          che importa se indecifrabili.
          Forse tre anni fa
          o il martedì scorso
          una fogliolina volò via
          da una spalla all'altra?
          Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
          Chissà, era forse la palla
          tra i cespugli dell'infanzia?

          Vi furono maniglie e campanelli
          in cui anzitempo
          un tocco si posava sopra un tocco.
          Valigie accostate nel deposito bagagli.
          Una notte, forse, lo stesso sogno,
          subito confuso al risveglio.

          Ogni inizio infatti
          è solo un seguito
          e il libro degli eventi
          è sempre aperto a metà.
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            Scritta da: Marco Giannetti
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Di quanto stupore

            Di quanto stupore io posso ancora amarti, pioggia fuggita dal cielo?
            Di quanto stupore spigolo interminabile, in cerca d'un angolo d'infinito?
            T'avrei cercata se non fossi mai nata, t'avrei trovata nido d'acqua salata ad aspettarmi fiume, tra grano e ranocchi saltellanti di salti più alti del mio respiro.
            Di quanto stupore io posso ancora amarti, se ladra già rubi dell'amore parlano di te e ne tingi pareti e parole da cui dipendo e vivo?
            Di quanto stupore chino sulla notte ti osservo, cosicché, ogni cosa d'oggi ti possa volere?
            Di quanto stupore io posso ancora amarti pioggia fuggita dal cielo?
            Posso amarti pensiero di marzo?
            Posso amarti da riderne e piangere ancora.
            Composta martedì 9 dicembre 2014
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              Scritta da: Roberta68
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              10 agosto

              San Lorenzo, io lo so perché tanto
              di stelle per l'aria tranquilla
              arde e cade, perché sì gran pianto
              nel concavo cielo favilla.
              Ritornava una rondine al tetto:
              l'uccisero: cadde tra spini:
              ella aveva nel becco un insetto:
              la cena dei suoi rondinini.
              Ora è là, come in croce, che tende
              quel verme a quel cielo lontano;
              e il suo nido è nell'ombra, che attende
              che pigola sempre più piano.
              Anche un uomo tornava al suo nido:
              l'uccisero: disse: Perdono;
              e restò negli aperti occhi un grido:
              portava due bambole in dono...
              Ora là, nella casa romita,
              lo aspettano, aspettano in vano:
              egli immobile, attonito, addita
              le bambole al cielo lontano.
              E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
              sereni, infinito, immortale,
              oh! d'un pianto di stelle lo inondi
              quest'atomo opaco del Male!
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                La bambola blu

                Stamattina ho sognato che ritornavi e lasciavi una bambola
                blu a faccia in giù sulla trapunta di mia madre. Mi allungai
                per girarla, quando un liquido nero colò da una fessura del
                muro e sanguinò in una pozza che si apriva sotto il letto. La
                bambola aveva i capelli e il volto blu. L'afferrai per le caviglie
                e la scossi come il sonaglio di uno sciamano. La scossi
                con tale forza che la testa roteò e sentii rimorso.

                Mi alzai e legai i capelli. La mia vestaglia sfiorò il bordo
                d'acqua nera. Il naso cominciò a sanguinarmi, dapprima
                lentamente, poi gocce della grandezza di lacrime mi scivolarono
                sulla gola, tingendo il colletto e il corpino. Il mio vestito era quello
                della bambola blu. Camminai sull'acqua attraverso
                la parete nella foresta fino a una collinetta rocciosa.
                Mi tagliai un sentiero e salii a piedi nudi.

                Mi distesi a faccia in giù sulla cima, canticchiando la musica
                di un sole flautato. Non ero più arrabbiata. Non ero altro
                che lo spazio di una nota cantata da un tordo nel bosco.
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  La terra santa

                  Ho conosciuto Gerico,
                  ho avuto anch'io la mia Palestina,
                  le mura del manicomio
                  erano le mura di Gerico
                  e una pozza di acqua infettata
                  ci ha battezzati tutti.
                  Lì dentro eravamo ebrei
                  e i Farisei erano in alto
                  e c'era anche il Messia
                  confuso dentro la folla:
                  un pazzo che urlava al Cielo
                  tutto il suo amore in Dio.
                  Noi tutti, branco di asceti
                  eravamo come gli uccelli
                  e ogni tanto una rete
                  oscura ci imprigionava
                  ma andavamo verso la messe,
                  la messe di nostro Signore
                  e Cristo il Salvatore.
                  Fummo lavati e sepolti,
                  odoravamo di incenso.
                  E dopo, quando amavamo
                  ci facevano gli elettrochoc
                  perché, dicevano, un pazzo
                  non può amare nessuno.
                  Ma un giorno da dentro l'avello
                  anch'io mi sono ridestata
                  e anch'io come Gesù
                  ho avuto la mia resurrezione,
                  ma non sono salita ai cieli
                  sono discesa all'inferno
                  da dove riguardo stupita
                  le mura di Gerico antica.
                  Composta lunedì 30 marzo 2015
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