Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

Epigrafe per un libro condannato

Non scrissi, o lettore innocente,
pacifico e buon cittadino,
per te questo mio saturnino
volume, carnale e dolente.

Se ancora non hai del sapiente
Don Satana appreso il latino,
non farti dal mio sibillino
delirio turbare la mente!

Ma leggimi e sappimi amare,
se osi nel gorgo profondo
discendere senza tremare.

O triste fratello errabondo
che cerchi il tuo cielo diletto,
compiangimi, o sii maledetto!
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Lascio a te queste impronte sulla terra
    tenere dolci, che si possa dire:
    qui è passata una gemma o una tempesta,
    una donna che avida di dire
    disse cose notturne e delicate,
    una donna che non fu mai amata.
    Qui passò forse una furiosa bestia
    avida sete che dette tempesta
    alla terra, a ogni clima, al firmamento,
    ma qui passò soltanto il mio tormento.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il cielo

      Da qui si doveva cominciare: il cielo.
      Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
      Un'apertura e nulla più,
      ma spalancata.

      Non devo attendere una notte serena,
      né alzare la testa,
      per osservare il cielo.
      L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
      Il cielo mi avvolge ermeticamente
      e mi solleva dal basso.

      Perfino le montagne più alte
      non sono più vicine al cielo
      delle valli più profonde.
      In nessun luogo ce n'è più
      che in un altro.
      La nuvola è schiacciata dal cielo
      inesorabilmente come la tomba.
      La talpa è al settimo cielo
      come il gufo che scuote le ali.
      La cosa che cade in un abisso
      cade da cielo a cielo.

      Friabili, fluenti, rocciosi,
      infuocati e aerei,
      distese di cielo, briciole di cielo,
      folate e cumuli di cielo.
      Il cielo è onnipresente
      perfino nel buio sotto la pelle.

      Mangio cielo, evacuo cielo.
      Sono una trappola in trappola,
      un abitante abitato,
      un abbraccio abbracciato,
      una domanda in risposta a una domanda.

      La divisione in cielo e terra
      non è il modo appropriato
      di pensare a questa totalità.
      Permette solo di sopravvivere
      a un indirizzo più esatto,
      più facile da trovare,
      se dovessero cercarmi.
      Miei segni particolari:
      incanto e disperazione.
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        Scritta da: Gianluigi Nardo
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il mare incantato

        Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva
        sabbiosa.
        Solo un leggero fruscio inonda il silenzio.
        Là, lontano, nella luce, il cielo sembra mare, il mare sembra cielo.
        Pochi gabbiani, in volo, compagnia a questa solitudine.
        Qualche macchia, bianca, si rincorre, su, in alto.
        Sull'acqua, nessuno gioca, nessuno rema, nessuno canta.
        Solo una bandiera, piccola e rossa, sventola, pigra.
        Un morbido, assonnato, tiepido giorno.
        Un giorno d'estate, da cullarsi, nell'estasi.
        Un giorno d'estate, da lasciarsi andare alla deriva.
        Lasciarsi andare nell'oceano, fino in fondo, nel nulla.
        Laggiù, in fondo, non c'è che un unico, azzurro.
        Un azzurro che confonde tutti gli sguardi.
        Un azzurro che penetra i cuori e la malinconia.
        Un azzurro che regala il sorriso alla tristezza.
        Un azzurro che queste ombre hanno perso.

        Ventitré cadaveri, tutti negri.
        Sparsi qua e là sulla sabbia.
        Una carretta del mare.
        Un tifone maledetto.
        Ancora immersi, nell'acqua.
        Due bambini, piccoli, negri.
        Spalancati gli occhi.
        Guardano.
        Guardano il mare incantato.
        Composta martedì 10 aprile 2007
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          Scritta da: orlando
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          Marta

          Fumo una sigaretta nel buio di questa stanza
          e sembra ci sia poco da dire
          sembra che il mondo possa essere cantato
          mentre si ascoltano le voci della notte
          e si tiene sott'occhio quest'orologio
          che indica i minuti passati
          sulle alte montagne a chiederci chi eravamo
          e chi saremmo state.
          Sulle strade bianche fra i mozziconi fuori legge
          verso la scuola verde dei banchi e del fuoco
          la giovinezza ci è passata davanti
          mentre scalavamo i monticelli d'erba sotto le punte bianche dei monti
          e sull'asfalto bagnato dove non volano le mosche.
          Sale sul trono la signora dei moscerini
          ma sarebbe stato molto dopo
          lei ancora passava le ore
          in quella stanza a suonare la chitarra
          e a fumare sul letto sfatto.
          Abbiamo bevuto il vino alla tua tavola chiara
          parlando di filosofia teatro musica e arte
          ci siamo baciate sotto una rosa bianca su una panchina
          al buio
          e ora mangio da sola su un muro bianco
          prosciutto affumicato e funghi
          e bevo vino caldo e che bella compagnia.
          Composta lunedì 7 dicembre 2009
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Isole Fortunate

            Quale voce viene sul suono delle onde
            che non è la voce del mare?
            È la voce di qualcuno che ci parla,
            ma che, se ascoltiamo, tace,
            proprio per esserci messi ad ascoltare.

            E solo se, mezzo addormentati,
            udiamo senza sapere che udiamo,
            essa ci parla della speranza
            verso la quale, come un bambino
            che dorme, dormendo sorridiamo.

            Sono isole fortunate,
            sono terre che non hanno luogo,
            dove il Re vive aspettando.
            Ma, se vi andiamo destando,
            tace la voce, e solo c'è il mare.
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              Scritta da: FEDERICO TOSON
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Grida nel silenzo

              Caro mio buco nero, che t'accolli e ti riempi dei miei pensieri,
              delle mie speranze e racconti della mia vita,
              raccogli ogni singol verso e racchiudilo in te
              in mo' tale che chiunque non possa saper'.

              Or'odi le mie gesta e le mie passioni,
              ma bada,
              non giudicar le mie questioni.

              Caldo era il suo sapore
              leggiadro il suo odore
              leggero il bozzolo che n'avvolgeva l'essenza.
              Ed eccolo me stesso,
              mi sembra di rivedermi in quella palude oscura
              ove il verde morto si confonde col grigio
              che a sua volta crea una mescolanza col colore più brutto che c'è: il nero;
              nero come il mio stato d'animo in questo momento,
              ripiombato giù in quella palude
              ove la melma s'affretta
              a coprirmi e tirarmi giù,
              da dove quella divina luce celeste intrisa del giallo del sol'
              m'aveva dapprima strappato, e poi rilanciato.

              Ora in solitudine affogo
              nella melma e nella flora oscura di quest'ambiente,
              che qualcuno mi salvi e mi liberi da 'sti legacci intorno le caviglie
              che mi tirano giù, nel dolore della mia mente,
              nel vortice pauroso dei miei pensieri.

              Muoio d'amor, che lo sbiadir di questa vita m'ha portato via.
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