Scritta da: Giuseppe Di Gianfilippo
in Poesie (Poesie personali)
Stai in quel punto di luce
che va dalla prima all'ultima volta
che ho sentito la tua voce
il resto
sono soltanto
parole scritte in nero
sopra un foglio troppo scuro.
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Stai in quel punto di luce
che va dalla prima all'ultima volta
che ho sentito la tua voce
il resto
sono soltanto
parole scritte in nero
sopra un foglio troppo scuro.
Si frammentano fiocchi
in sagome disformi,
si forgiano colonne a ritmo lieve,
ocellati gusci cavi
scendono come incorporee
stelle,
come iota e gamma si sfà
la goccia acìcula,
galleggiano trine
nel petto cinetico di marmo.
S'increspano ghirigori brulli,
la catarsi esagonale,
si sfilano rami d'acquerugiola.
Solenne l'abete brilla
di nevischio,
nello scollinare di pernici bianche,
immerso in una luce d'ocra,
e raggi di lumini capriolano
sulla falciola adusta,
ricade sul palmo rubizzo
un velo di spilli ghiaccei
in solidi quarzini.
Si muovono invitte ombre
tra lamèlle di madrèpora,
fluttuano dime di carta
biancofumo
in un'aria di castagne
e legno secco di Prugnolo selvatico,
di piumaggi argentati di zìgoli.
Stridono le rotaie sul pietrisco
ed i vagoni rombano
come tamburi nebbiati,
in un lezzo di metallo,
e di sfasciumi accostati
ai muri scalcinati.
Brulicano sentori di primevi pini
nel tinnìo di stoviglie ramate,
il re bianco è in arrocco
sulla scacchiera,
ad un passo dalla torre ferma,
e sul reticolo, in lontananza,
danzano bioccoli,
nel riflesso concavo
s'eternano disegni d'acqua,
archerotipe circonvoluzioni,
lepide anse, lunati bovoli.
Sotto fredde coltri di nubi
lividi artigli di ghiaccio
stridono
fra lacciòli di spine
e pietre bianche,
come voli di stormi feriti,
lungo il rivo di vetro.
Volti indefiniti giacciono
su atri flabelli di pietre,
e mani gracili di bambini
dai grandi occhi
già stanchi di dolore
tendono verso il cielo,
lume di piombo,
lungo stìgie finestre
anche di giorno.
Sguardi s'abbandonano
al freddo.
S'infittiscono le pozzanghere,
onde d'acqua e di vento
inghiottono disperazione
ed ombre vuote,
sovrastate da un cielo
di fumo
ed ali spiegate di Angeli,
nel buio.
Il sole gettato nel buio
d'acqua cosmica
genera sempiterni circoli,
orbitano in ordinate ellissi
astri d'ogni forma e luce,
il suono si propaga, tace.
Un tempo spezzavamo
le fionde di festanti cacciatori,
fuggivamo fra sassaie lisce
come perle,
fra cedri accesi come stelle,
fra suoni di buccine,
urtando le parole sopra i righi,
il bagliore negli occhi di un cerbiatto.
"Tempus Fugit"
fra rette intersecate,
grandi cappelli
e bianche vesti di vapore,
finisce gli orci sbeccati,
s'insinua negli intrecci di vimini.
Negli angoli del mondo
che ho trascorso
cerco nei rimasugli di momenti
un sentimento libero di amare
nelle profondità dell'infinito...
Vola pensiero sui bambini immersi
nel bagno di una vita dissacrata
venduta in mezzo agli occhi
balbettanti
di civiltà avanzate che non sanno
itinerari curvi sulle spalle
di esuli migranti pellegrini
dove soprusi
di demoni farciti di criteri
di una ragione imposta
a beneficio di supremazie
stringono l'uomo a digrignare i denti,
egemonia diffusa di potenti
accende scosse martellanti il cuore,
ipocrisia del clero che si avvale
della facoltà di prevalere
si elegge santo, predica l'amore,
condanna muri, tiene eretto il muro,
ipocrisia del muro
che nega mezzo cielo.
Sono sul bordo di un terrazzo
Urlando a questo mondo pazzo,
che da sempre mi tradisce
ma ormai niente mi stupisce,
da qui è abbastanza alto
mi basterebbe un salto,
mi fa davvero schifo la vita
mi basta un passo per farla finita,
troppe sconfitte e nessuna vittoria
la chiudo qui questa storia?
La felicità è solo un miraggio
Per morire ci vuole coraggio,
speranze proprio non ne vedo più
ho paura non voglio guardare giù,
sono vigliacco e mi incazzo
ormai sono sul terrazzo,
tanto già mi hanno ucciso
prima di salire ero deciso,
chiedo scusa a tutti quanti
vorrei ma non posso andare avanti,
mi sento un uomo fallito e distrutto
ma torno indietro non mi butto.
Genny
il tuo tempo è come un pentagramma,
scivolano note fatte di passione.
E tu che hai l'arte nelle vene,
componi e canti, scrivi e progetti,
a chi ne ha bisogno dai un aiuto,
con le tue mani sempre piene d'amore.
Genny che fai sognar gli innamorati,
ed hai per tutti versi di coraggio,
di fede, di giustizia e verità,
il tuo sorriso è un'ancora di bene...
senti gli applausi? Son tutti per te,
sinceri, calorosi, luminosi,
per te che sei musica, poesia,
arte sublime come una preghiera,
Genny. Dentro al tuo cuore è sempre
primavera.
Sono sempre stato
un attento osservatore.
Nei bar ad esempio,
guardo silenzioso
i volti umani
vagare nel frastuono
dei propri fatti,
a volte,
sguardi astratti
si involucrano
in conformità
con l'ambiente.
Ed io,
solitario
per natura,
continuo a sorseggiare
la mia birra
e a protrarre
lo sguardo
lontano dal Mondo
e dai doveri
della nostra
società.
Ho preso una nuvola e l'ho trasformata in fiore
Il prato blu
Ho chiesto al sole di splendere di più.
Ho chiamato una stella per farti vedere la notte più bella.
La luna si è voluta avvicinare di più.
Il nome di una favola.
In questa notte magica sei nata tu.
Tu lo sai quanto tempo è passato
Tu lo sai, ogni volta che avrei voluto parlarti, ascoltarti ma il tempo non era quello giusto.
Tu lo sai, quanto fanno male le parole mandate giù.
I pensieri lasciati liberi nel cielo, chissà se ti sono arrivati.
Tu lo sai I giochi non fatti, le feste non vissute assieme.
Tu lo sai, le torte le candeline, il desiderio prima del soffio.
Tu lo sai, io lo so quanto il tempo è lento, interminabile.
Tu lo sai, io lo so le parole urlate alle stelle, cadute solitarie nella notte.
Aspettare unica parola, la pazienza che implode dentro, rivederti dopo anni, un fiore splendido.