Scritta da: Giuseppe Mudu
in Poesie (Poesie personali)
Lo sfumar del tempo
Socchiudo gli occhi
E al sopore mi abbandono
E tutto mi appare come
Lo sfumar del tempo
L'assopirsi del mio io
Nella quiete dell'oblio infinito.
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Socchiudo gli occhi
E al sopore mi abbandono
E tutto mi appare come
Lo sfumar del tempo
L'assopirsi del mio io
Nella quiete dell'oblio infinito.
È senza fiori il ciliegio
piantato lì,
eppure è primavera.
È arrivato il tempo
senza frutto,
ne farò un tavolo,
forte e longevo,
più di me.
Arriva il tempo in cui
parlare o tacere
non fa differenza.
Arriva il tempo in cui si sceglie
di farsi silenzio,
un silenzio più breve di sé.
Vorrei tener le ali per volare,
andar lassù nel cielo con gli uccelli.
Vorrei con loro poi poter cantare
fra nuvole di splendidi fringuelli.
Avvicinarmi al sole ed alle stelle,
guardar dall'alto cosa succede in terra.
Vorrei, vorrei girovagar pel mondo,
sospeso al filo come l'aquilone,
per divertirmi con un girotondo
e spegnere nel cielo ogni passione.
Vorrei ma il mio desio rimane un sogno,
il mio tormento invece una realtà.
Chi sa se a morte, forse ciò che agogno,
in ciel volando, l'animo godrà.
Avanzavi superba dinanzi
ai suoi attoniti occhi
leggiadra danzatrice,
d'erica e mirto vestita.
Avanzavi coi salsi capelli,
scomposti dal vento,
su sabbiose dune arse,
e il sole sulla pelle.
Avanzavi, superba,
nell'aria salmastra,
col tuo corpo d'alabastro,
scolpito dagli anni,
mai stanchi.
Avanzavi nell'ora silente
su bianche spiagge da corallo
lambite, nei caldi meriggi,
tra nature aspre e selvagge.
In questo rifugio di gelo
è calata la notte,
scorre lucido e nero
un ritaglio di cielo
attraverso le mie giravolte.
Capovolto un coccio di tempo
mi fissa da ieri,
dalle pezze remote dei giorni,
che giocavo leggera.
E non so quale via seguire,
dove andare, che fare...
La prigione è una libera scelta,
la prigione dei sogni,
che incasella speranze,
che accantona ricordi.
Ed io, folle, che accetto la corsa,
che m'attardo a sognare
prigioni dorate e vele lontane.
Ho visto visi cementati nel dolore,
ho visto la vita come cambia
e in un attimo tutto sembra perso,
ho sentito schiaffi scivolare sulla pelle
fingendo di curar le ferite,
ho sentito il tempo
sgretolarsi sotto i piedi,
ho visto tramonti
che non si incontrano mai,
ho visto anime scomparire
oltre la luce,
porto lividi nell'anima,
lividi che il tempo scandisce
ed io che vendo il mio dolore
mentre il vento
mi restituisce un sogno.
Come l'onda la riva
che scrive
fra le braccia di sale
sbattuta
risacca
è la vecchia baldracca
che in chiesa si pente
di chi scrisse la donna
come
l'onda del mare.
Dolce sorriso di bimba
sul volto graffiato dagli anni
a celare colpe ormai dissolte
e virtù la cui scia congiunge
passato e futuro disseminata di vita
finché le stelle ad una ad una si spengono
per lasciar tornare quel sorriso di bimba
sul volto, ormai, graffiato dagli anni,
e la vita, ora, trapassata
all'infinito dell'inesplorabile
Libera però.
Un sogno d'amore riaccende l'animo
di belle speranze perché con la mente
vuol volare lontano, oltre le apparenze
la noia, l'ipocrisia e distaccarsi dal corpo.
Sogno d'entrare nel tuo cuore,
disseminando le mie emozioni
lungo il sentiero della memoria.
Ma tra le gelide mani stringo
questo cuore ferito, cuore orgoglioso
e forte, ma umiliato, che non ha più voglia
d'amare, ma solo di sognare.
Sogno l'amore che percorrendo
le strade del mondo, si ritrovasse
all'incrocio col mio destino,
mi riabbracciasse con dolcezza
per farmi sentire ancora felice.
Sogno l'amore che sappia ancor
riscaldare quest'anima mia,
e resto intrappolata
in questo sogno, che vede
arcobaleni incantati, di mani tese
che afferrano le mie, osservando
nei miei occhi il sereno.
Stanno distesi ai fili in mezzo agli altri
ad asciugarsi,
quelli di famiglia.
Ma si riconoscono fra i tanti.
Hanno sempre le stesse macchie.
Quelle che non se ne vanno.
Non vengono mai troppo puliti
i panni sporchi lavati in casa.
Non ci si sforza più di tanto
per far meglio.
Chi passa dà un'occhiata
e poi getta lo sguardo alla finestra sempre chiusa.
Se proprio vuole commentare scuote un po' la testa
e segue la sua strada.
Lei,
che da dentro vede tutto
dice a mezza voce che pensasse a casa sua.
E poi lo maledice.
Ma è consapevole che è inutile negare.
Lo sa per prima che volano sempre schiaffi fra le lavandaie,
mentre lo sporco da levare
sta fermo ad aspettare.
A parlare,
fumare,
bere e bestemmiare.
Ma è per buonsenso
o chissà
forse per resa
che alla fine il risultato resta sempre quello.
È meglio sputtanarsi fuori con chi passa
che farsi troppo male dentro
e fra le quattro mura
solo per cercare di lavare lo sporco incancrenito
che solo demolendo tutto forse si può far sparire.
Fra un po' sarà domenica
il giorno della tregua,
per non avvelenarsi pure il cibo
oltre che il sangue.
Andranno tutti a messa
coi vestiti tenuti solo per la festa,
quelli da non lavare mai.
Tirati fuori dal baule,
giusto per il tempo necessario.
E poi messi a riposo
per rivestirsi da battaglia,
fino al prossimo giorno da santificare.