Che altro potrei donare al tempo Se non attimi di rime e vigoria? Colgo sul viaggio della vita armi penetranti, con le quali affino fremiti te li offro al'inizio della tua giovinezza e lì, ti raggiungo.
Giorno di riposo Anima libera, Anima mia spensierata, Com'è bello ritrovarti In questo riposo tanto agognato, Com'è lieto scoprire che non se sfiorita Al contrario del corpo Sciupato e affannato dagli anni Sei ancora uguale come quando, T'incontrai assai tempo fa, Capace di gioire e divertirti Come fossi ancora, L'anima mia da bambina.
Io sono la luna, mascherata di sole, di giorni e di splendore, sono invaghita, abbigliata per tutti, di sorrisi e parole, a tutti dedita, a tutti gradita, ma nella notte, risplendo per me, nella solitudine dell'anima mia obiettiva.
Rinchiusa nell'ombra, prigioniera di un passato Troppo bello per durare a lungo Taciturna ed immobile alla mercé di sguardi curiosi Ed azioni poco interessanti, Quella donna se ne stava. Avvolta nella sua vestaglia Con le mani sul grembo pareva opera d'ignoto artista. Seduta in quella seggiola In quella stanza al secondo piano Di un palazzo sciupato dal tempo. Stava così da anni, Dall'alba al tramonto Ero certa d'aver la veduta li Anche dopo mesi dopo aver saputo Che il suo cuore più non batteva E che il suo sguardo vuoto Sì era finalmente colmato d'infinito In un tiepido pomeriggio d'estate.
Lui piangeva: Il suo cuore da bambino amava e perdeva. Lui tremava: La paura era più forte dei gemiti Che nel cuscino affogava. Non sentire voleva Quei fragori della vita, Che lo circondava senza affetto, Ma nelle sere il vento della solitudine Si tramutava lento Nella sua voce; Lei gli mancava! Solo al buio rimaneva In quel tetro degli anni, cresceva. Chissà cosa pensava Quando la individuava tra i vetri appannati, Nella notte che il cielo riversava O nei sorrisi falsi di chi lo ingannava, Al rosso dei tramonti Che il tempo aumentava. Chissà come la vedeva, Nei suoi sogni mentre la cingeva E il suo cuore da bambino sperava In un rientro che mai sopraggiungeva. Cresceva e amava Senza forza ormai di sperare, Adulto diventa e solo rimane Senza di lei cha tanto amava.
Sorridi! Sconforto sulla faccia rugosa, Dalla magrezza imbarazzante, Dove fame nutre il corpo, Occhi ancor vispi in un'infelice parvenza, Di speranza. Sorridi! Con la mano Protratta in avanti, Che veterano ebano raggrinzito pare, Voce dell'indigenza, Che invoca pietà e carità. Sorridi! Sotto gli abiti sciupati dal tempo, Cuore che picchia lento, La fiacchezza della mancanza, Offusca la vigoria scomparsa, Nella riarsa terra da cui provieni. Sorridi! In quella bocca senza cura, Macchiata e inferma, Dalla trascuratezza. Sorridi! Una supplica, una richiesta, Una preghiera guidata dal bisogno, In ginocchio resti, Tra i viandanti indaffarati. Mi fermo, ti scruto e penso. Sorridi! Tu che riso dovresti mutare in pianto, Mentre chi vive tra gli averi, Piange inappagato e mal contento. Tu sei forte Signora della privazione, Molto più forte dell'inedia E della mestizia stessa.
Due contadini, Un uomo e una donna, Tra la natura; Spalle curve e testa china, Sui campi delle stagioni. Primavera, estate, autunno e inverno, Riposano dopo pranzo, Sotto la stessa quercia, Dove baci del primo amore, Ardevano sulle labbra, Rosate come boccioli, Appena fioriti in primavera, Dove promessa mantenuta fu data, Dove età avvizziva lenta, I volti, ora gracili e rugosi, Bruciati dal sole Che come in estate incendia campi. I capelli, Un tempo oro come grano, Folti come fronde rigogliose, Ora, bianchi come neve d'inverno, Esigui come i giorni restanti, Dove nel grigio d'autunno Gemono come foglie al vento, I ricordi, Due persone, Donna e uomo, Sempre sulla stessa via. all'orizzonte il riposo, Nella stessa cascina dal tetto cremisi, La sera cinta, Del cinerino fumo di un camino. Quattro stagioni, Due persone, Un solo eterno amore, Per la vita intera.
Egli preferisce grazia inviolata, Creatura quieta e ubbidiente, Che si elargisce scoprendo Ogni suo spazio, Con turbata malizia. Egli non avversa, Grazia alcuna, Purché ardua non sia conquista, L'essere gentil sesso, Che non si contrasta, Al cavaliere o al predatore. Egli bramerebbe, Di espugnare la sua anima, Liberandone le doti velate; Virtù che innate, Possano saziare la sua sete, D'amore e di passione. Solo in seguito Che l'avrà posseduta Si tedierà di essa. La ricerca di una novella realtà, Sarà l'evento da fondare, Che brulicherà la sua mente, Fino alla nuova, Frizzante conquista.
Fermo il suo sguardo, come non vedesse Nella mano tremante, Il suo supporto di legno come Gamba finta lo sorregge... Stretto in quel cappotto che sa di morte E odora di conservante, Il passo lento d animale ferito Il grigio ormai esiguo dei suoi capelli Si scompiglia al freddo vento di dicembre. Cammina il vecchio incontro a un altro Natale Con l'ansia e il timore Che sia l'ultimo a vedere Con i pensieri a bambino Ripercorre la sua lontana infanzia Il ricordo dell'antica gioia Preludio di feste sante Nessuna lacrima dai rugosi occhi scende, Il cuore batte lento pero batte più forte Ancora poca passi e sull'uscio di casa Il nipote più paffuto e giovane l attende ... ride il vecchio tra gli incavi dei suoi anni. E il freddo di dicembre Non fu mai più dolce. ANGELA MORI.
Voglio un amore che sia barlume che sia un eterno istante di pace; voglio che duri finché' avrò voce per vederlo splendido finché negli occhi avrò luce e benedire l'astruso destino che ha posto su di me il suo sguardo più onesto e indulgente. Voglio un amore che sia limpido; senza timori, senza veemenza né rabbia. Voglio un amore che si bagni di lacrime di gioia e non di amarezza che scaldi come il sole che sappia dolce come il miele. Un amore vero che pare un sogno, un amore che con me deve perire, dopo una vita passata ad amare.