Che cosa andiamo cercando, Esuli consunti e bisognosi Di un qualcosa di cui, Non conosciamo neppure il nome? Deportati dall'aspirazione, Incatenati e schiavi di essa, Ricercatori assiomatici universali, Di poca, salda certezza. Noi erranti nella strada maestra, Mai contenti della vita stessa, Senza rese cui poter rinunciare, Morsi dai vizi che servitù non arresta, E abbigliati di sogni illogici, Di fama d'amore e d'immortale giovinezza. Noi poeti tormentati e infiniti, Autodistrutti da un male privo di nome, Morti ancor prima dei nostri folli abbagli, E delle nostre nefaste verità.
Ti raggiungerei Tra verdi colli, E foglie d'ocra, Che formano boschi Smorte le mani Rallentano sul volante Mentre l'autostrada corre E come bambina Mi sento... Giocare con te Letizia del cuore acerbo, Sul corpo che prospera e osteggia. Verrei da te, Nella terra che il tuo mondo recinta, Bacerei te, Che natura rese perfetto, Sposerei il tuo nome, Ora che come donna mi sento. Amerei te, Con la passione femminile, E vivrei di te, Come l'eterno vive, Tra le onde del mare.
Tienimi così, Che si son fermate le nuvole in cielo, Che i sospiri son diventati esuli Sul petto tuo. Tienimi così Che Il mondo sì e arrestato, Che il mare Ha smesso di ondeggiare E la brezza, Ha smesso il suo moto. Tienimi così, Che non esiste più lo spazio Che il tempo è solo un ricordo Che senza di te ho vissuto appena Gli ultimi giorni della mia vita. Ora potrei morire Semmai la morte esista Forse essa è solo, Un vivere in tua assenza; Una non vita, Acre e colma d'amarezza E se non vita sarà Non m'importa, Perché tu mi hai tenuto Dolcemente così, A te stretta!
Sorridi! Sconforto sulla faccia rugosa, Dalla magrezza imbarazzante, Dove fame nutre il corpo, Occhi ancor vispi in un'infelice parvenza, Di speranza. Sorridi! Con la mano Protratta in avanti, Che veterano ebano raggrinzito pare, Voce dell'indigenza, Che invoca pietà e carità. Sorridi! Sotto gli abiti sciupati dal tempo, Cuore che picchia lento, La fiacchezza della mancanza, Offusca la vigoria scomparsa, Nella riarsa terra da cui provieni. Sorridi! In quella bocca senza cura, Macchiata e inferma, Dalla trascuratezza. Sorridi! Una supplica, una richiesta, Una preghiera guidata dal bisogno, In ginocchio resti, Tra i viandanti indaffarati. Mi fermo, ti scruto e penso. Sorridi! Tu che riso dovresti mutare in pianto, Mentre chi vive tra gli averi, Piange inappagato e mal contento. Tu sei forte Signora della privazione, Molto più forte dell'inedia E della mestizia stessa.
Vomitare le angosce, Nella fogna della disperazione, Non le allontana, Ma le accresce Come fa con l'amarezza. Il mostro che ti sta dentro, Si sostenta dell'alimento Che nella tua mente trattieni- La mancanza di vita, Non soffre l'ostilità, Che hai per la società intera, E che è immensa, Come quella per la tua anima. In castigo di vergogna e sconfitta, Gli occhi rigettano lacrime, E il cuore rancore. Nascondi le tue mani unte, Come armi del delitto, Di te stessa. Sapore acre nella tua gola, E nel maligno specchio, La tua storta apparenza si deforma E riflessa muore A ogni vomito. E non c'è miglior cura, Se non nel tuo stesso amore, Che soffocato, giace, Sconnesso nella tua testa.
Nuvole grigie come fumo, Che nel sole avanzano. Nuvole lievi e sottili, Schizzi nel cielo smisurato. Nuvole chiare nuvole scure, Nell'azzurro orizzonte, Nuvole che il vento spinge, Nuvole soffici e certune sfilate Che uccelli in alto, Paiono accarezzare. Nuvole che balenano e si dislocano, Nuvole che maliziose, Si fanno immortalare. Nuvole che dipingono, Astratte figure in movenza; Nella fantasia, volti e oggetti, Nuvole che fan meditare Sul paradiso aspirato, Nuvole che ispirano gli artisti, Che cantano i cantori, E contemplano i poeti, Nuvole che accolgono, Mostri di lamiera, Che sembrano spaccarle, Percorrendogli in mezzo. Nuvole che osservo Mentre il vento le allontana, Nuvole che amo, Che esamino rallegrata, Mentre svagano e volteggiano. Bacio nuvole d'improvviso, Poiché in una di esse, Riconosco il tuo viso.
Sconfortata e sola nessuna armonia le rasenta la mente; non è bella non è intelligente, per l'invidia delle altre. Una ragazza che il sole non bacia mai, con i suoi pensieri ambigui, contro le mode a favore del bene come una strega buona che sulla schiena del suo gatto, riversa il suo amore in carezze: unico compagno che la consola. Da molti considerata avversa, dalla genitrice noncurante, sventurata catena. Forte solo della sua gioventù, senza'amore con il vento in fronte e frecce acuminate al cuore; quel cuore giovane che non accetta l'iniquo ma si fa male; triste, leggera, ingrata. Gli altri piangono perché è giusto, per loro lei singhiozza per capriccio, ma sulla sua pelle ha un taglio che urla taciturno aiuto e chiede imminente amore, mentre affronta i demoni del suo nefasto e aspro dolore.
Voglio un amore che sia barlume che sia un eterno istante di pace; voglio che duri finché' avrò voce per vederlo splendido finché negli occhi avrò luce e benedire l'astruso destino che ha posto su di me il suo sguardo più onesto e indulgente. Voglio un amore che sia limpido; senza timori, senza veemenza né rabbia. Voglio un amore che si bagni di lacrime di gioia e non di amarezza che scaldi come il sole che sappia dolce come il miele. Un amore vero che pare un sogno, un amore che con me deve perire, dopo una vita passata ad amare.
Assaporai l'amore in quell'attimo in cui le stelle decisero, di mostrarsi alla città e la luna si rivelò da fosca nube, argentea e splendente con un ingenuo rossore in volto che riflettè sul mio viso, mentre provavo amore. Lui era mio, com'io ero sua; le sue mani mi stringevano, le sue labbra mi baciavano e i suoi passi mi guidavano in una danza che non avrà fine, nei miei ricordi e nel mio cuore, in una notte semplice in cui donai amore.
Lascia che i tuoi miraggi si avverino, Lascia ce le mie mani ti sfiorino. Non hai ricordi di quel che è stato Perché navighi in acque scure E se ce li hai, li scompigli ancora Perché vuoi sempre vagare. Lascia che la tua vela si allarghi Ed io enfatizzi su di essa il mio respiro, Abbandonati al volere dell'amore E che sia lungo, Poiché non siamo più bambini. E ti so tra quelle acque stanotte, Ti so in un altro mare Come devo stare? Io sto male! Tu dici di non temere, Io pavento tu possa affondare. Se la tua cupida bocca Bevesse altra acqua, Se il tuo corpo accaldato Si saziasse d'altra linfa? Smettila di viaggiare, Stai con me, cedi solo a me Il tuo cuore sfregiato E la tua virilità ormai navigata, Che la notte non mi farà paura. Illuminerò io le tue serate, Sarò io l'oceano che hai sempre voluto, Il faro più splendente, La stella maestra, L'ancora più sicura, La sabbia più calda. Fermati e rimani, Rammenterai appena le tue viaggiate. Non hai capito ancora Che hai bisogno della terra Ed io qui ferma ti aspetto ancora!