Vorrei fare un gran fuoco di gente invadente e lingue malefiche. Bugie esagerate su virtuali peccati e verità nascoste dette a mezza voce. Avrò tempo poi anch'io di farmi grosse risate sulle vostre stronzate e senza fare piazzate godrò quì da sola la mia dolce vendetta.
Mi hai scritto t'amo, tra le pagine di un libro, tra i banchi di scuola, ogni tanto lo sfoglio mi ricordo di te. I suoi fogli sono consunti, ma ancora il cuore batte quando ricordo quell'ingenuo amore, mi stavi a guardare ed ogni cosa ci sembrava bella e proibita. Un bacio a volte, tra i lunghi corridoi, mi faceva arrossire, e mi sembrava si vedesse in viso, tutto quel mio ardire. Forte l'emozione della prima carezza, non sapevo ancora come sarebbe andata a finire, Ma a quella tua dolce richiesta... Sì!... non ho finito mai di dire.
Vorrei, ma non ci riesco, mi fa star male, ci provo e ci ricasco, è più forte di me. La fiducia dove è andata a finire, prova tu a non impazzire, come faccio a perdonare.... Dammi tempo per pensare, non chiedermi di restare, forse sarà per poco, non lo so ma voglio provare a dimenticare.
L'attesa I miei lunghi sospiri, guardando una tua foto, solo una speranza, in questa stanza vuota hai lasciato di te solo la tua assenza. E conto i giorni, ti sento e non mi basta, nemmeno la voglia di vestirmi, attraverso i vetri lacrime di pioggia, e quella foglia che lenta va a posarsi sulla mia finestra per un attimo mi distrae e ne seguo il volo. Così mi sento, come quella foglia, che il vento dagli alberi prende e spoglia. Aspetto di posarmi e ritornare, da dove son partita, stretta al mio ramo, ma quando... ma dove? La vita di chi vive in quest'attesa, finisce per distruggere ogni cosa, e ti accorgi che passano i giorni, sempre aspettando un sogno che pian piano svanirà.
Notte di stelle, dorme il paese, tra i lampioni qualcuno passeggia, tra quei vicoli antichi, la serena nottata e quel clima assai mite non si aveva da un mese. Ma ad un tratto quel cielo divenne pesante, quella notte di stelle un boato scuarciò.... Non capire più niente, la pacifica gente nel suo sonno turbò. Fu l'inganno di un sogno, era dura realtà, quanta polvere si alzò, un momento e l'inferno, tutt'intorno d'improvviso crollò. Il risveglio non era per tutti, e la vita smise di andare, nella notte, troppi lutti, e la fretta di scappare e non pensare, ma girarsi verso amore, e ricordi perduti, rimane solo un immenso dolore. Non rendersi conto che la morte passava, in quella notte serena la terra tremava...
La mia gente aveva già scordato quel giorno il cuore e la terra avea tremato tutto ridotto polvere e di sangue bagnato. In mezzo a pietre ricordi di vita e lacrime inutili sperando in un respiro ma niente sotto il peso di tanto dolore. Si sentivano i rintocchi della vecchia campana che a stento ancor appesa su quella corda scesa. E gemiti di rabbia per gente mai arresa eppure i giorni passano lenti nel costruire non ti fa tanto pensare e scordi il tuo soffrire. La vita è un occasione che anche con sacrificio, si deve cercare per poter ripetere e ricominciare.
Coinvolgente passione, che trascina i sensi come un fiume in piena. Ti lasci andare incosciente, ed anche nel vortice, sbattuta da una sponda all'altra non senti male. Quasi stordita, piacevolmente distrutta mi son trovata poi a riva. Ho un vago ricordo di quel che ho passato, ma cosa è stato? Mi son risvegliata, era un sogno alla fine l'ho capito, meno male, prima di finire in mare.
Dentro il corpo, una bestia impazzita mi divora le carni e vorrebbe la vita. Non ha ben calcolato che il mio cuore e la testa sono determinati a non dargliela vinta. Sarò pronta a combattere anche questa battaglia, son sicura, il dottore si sbaglia. Mi son messa di punta, certo è dura, ma vedrai chi la spunta, quì la posta è la vita. La mia lunga partita, l'ho giocata e l'ho vinta, sono sempre stata convinta, resta solo una bestia stordita, la valigia si è fatta... è partita.
Prigioniera di questo corpo, che non è mio, io son crisalide, costretta e forte, fiera a volte... Un giorno sarò farfalla! Ora l'anima è in prigione, che grida ed il cuore che non sente ragione, ma in questo corpo dovrà pensare, camminare, piangere ed amare e darmi forza per non morire.
Aspetto i tuoi tempi, ormai stanchi, la mano corre dove manchi, dove voglia grida, dove aspetto l'ultima bugia. Uniche testimoni queste mura, che sentono e non parlano, questa stanza, dove è ormai ombra la tua presenza, sei la proiezione dei miei occhi, che più non piangono, ma sempre aspettano quel poco concesso. Sento le nostre voci, dei nostri incontri fugaci, tanti anni persi nel pretenderti e cercarti, i nostri ardenti baci... e più sprofondo in questa nostalgia. Ma riuscirò col tempo ad avere pietà di me, dire al mi cuore di non continuare ad umiliarmi per questo amore?