Scritta da: Barbara Brussa
in Poesie (Poesie personali)
Sbornia
Respirando
il tuo respiro
ubriacarmi di te...
Brilli
i nostri cuori siamesi
Brilla alta
la stella del nostro
gemello destino.
Composta giovedì 20 maggio 2010
Respirando
il tuo respiro
ubriacarmi di te...
Brilli
i nostri cuori siamesi
Brilla alta
la stella del nostro
gemello destino.
Non ti chiedo la luna
ho il solo energico, vitale
e impetuoso desiderio
di vederla riflessa nei tuoi occhi.
Sera dopo sera
fino al tramonto di noi.
Quante parole
consumate sui fogli
con quante lacrime
dell'orgoglio ti spogli
Eppur c'è un cuore a raccontar
di viva parola sepolta
e un altro ancora
che stregato ascolta...
Tu, che sai essere
incomprensibile follia
verso stonato nel coro dell'ipocrisia
colore intonato a un malinconico autunno
Tu, che ascolti in solitudine
e anneghi i tuoi dolori in dolci rime
che colano lente dal tuo sentire
Tu, che sei poeta dell'anima
maledetto da quell'intimo sentire
pungente, come fitto intrico di rovi;
benedetto dalla divina mano del sentimento che
avvolge il cuore in sottile carta di riso
e fa spiegare le ali del tuo Essere
per volare oltre tutti gli umani confini
Tanto in alto da sovrastare un sogno
tanto in alto da sposare l'immenso
Tu, che hai il terrore di cadere
ma l'istinto innato di volare
in profondità
Tu, che sei un poeta dell'anima
e nemmeno lo sospetti...
continua a regalarci il magico suono
dei tuoi versi!
Ritornano, visioni di aquiloni
fili di sogni stretti in pugno
che tracciavano immagini di un dolce destino
nel cielo terso riflesso in occhi di bambino
Ritornano, pensieri nitidi
di obiettivi solo col tempo sfocati
Ritornano, come fantasmi fanciulli
le piccole mani che osavano credere
di tenere in pugno l'immenso
e quello stravagante senso di immortalità
che il filo sottile della gioventù aveva cucito
stretto intorno all'incoscienza del vivere
Ritornano in branco, a dirti
che s'erano sbagliati o che avevano solo giocato
Amavano ridere con te, per poi un giorno
ridere di te
ma "tu" non ci sei più, trovano le rughe del vissuto
a rispondere che
ormai sanno che i fili li tiene
in mano qualcun altro;
che il destino ha ceduto la dolcezza
per vestirsi di capriccio:
vanitoso e crudele; solo quando s'addormenta
puoi sfilargli un sogno dalle tasche
e tenerlo stretto a te
fin quando non verrà a recuperarlo
strappandotelo dal cuore
Terribile vendetta
Ma la saggezza delle rughe dice anche che
se hai già fatto di un sogno magica realtà
il destino dovrà arrendersi, consapevole che
solo tornando insieme alla morte
se lo potrà davvero riprendere.
Forse.
Ho rubato il colore dei tuoi occhi
per dipingere i miei prati;
il calore della tua voce
per scaldare le mie notti;
le tue labbra golose
per saziare la mia fame di te.
Ho rubato il tuo nome
per darlo agli angeli
e il tuo cuore
per farne dimora
ma l'anima no... non te l'ho sottratta mai:
me l'hai donata tu, per fonderla insieme
alla mia e renderla immensa regina
che governa questo nostro sconfinato Amore.
È musica, che sui tasti bianchi e neri
di un pianoforte si muove leggiadra
è colore, che abbracciando una tela
dona il senso di sé
è parola, che sgorga dal profondo
e affiora in poesia
La voce dell'anima
ha mille intonazioni e mille colori
per farsi sentire, per farsi "vedere"
l'anima canta gioiosa o ruggisce rabbiosa
l'anima mesta, senza più voce, sospira...
ma sa che dentro un sospiro
può nascere un nuovo sogno.
Non v'è luce alcuna nell'alba
che segue al tramonto
di un'anima pura
Non v'è gioia negli occhi
spenti, sfregiati dal volto bendato
d'un amore malato
Gridano pietà le stelle
mute nel cielo fumoso;
trema il ventre di Madre Terra
all'urlo rabbioso del tuono;
scorre impotente l'acqua del fiume
sul letto melmoso ove s'è consumato
il più terribile dei crimini:
l'anima di un bimbo
vaga agghiacciata
nel cimitero dell'infanzia
e della speranza
e spettri crudeli s'affacceranno
alla finestra della vita
alitando gelo sui fragili
vetri del cuore
Non v'è pace né fine al tormento
di chi porta in sé il fardello
della propria anima defunta
Laddove sporche carezze infangano l'intimo
e viscidi baci addentano l'infanzia
lo splendore muore
Il sorriso: primo diritto
di un fanciullo;
primo dovere di un uomo
Perché il sorriso dei bimbi
accende la Luce del Mondo.
Se la mia poesia mi abbandonasse
come polvere o vento,
se io non potessi più cantare,
come polvere o vento,
io cadrei a terra sconfitta
trafitta forse come la farfalla
e in cerca della polvere d'oro
morirei sopra una lampadina accesa,
se la mia poesia non fosse come una gruccia
che tiene su uno scheletro tremante,
cadrei a terra come un cadavere
che l'amore ha sconfitto.
Bella ridente e giovane
con il tuo ventre scoperto,
e una medaglia d'oro
sull'ombelico,
mi dici che fai l'amore ogni giorno
e sei felice e io penso che il tuo ventre
è vergine mentre il mio
è un groviglio di vipere
che voi chiamate poesia
ed è soltanto tutto l'amore
che non ho avuto
vedendoti io ho maledetto
la sorte di essere un poeta.