Poesie inserite da Cheope

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Scritta da: Cheope

Il vino triste

La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.

A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
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    Scritta da: Cheope

    Estate

    È riapparsa la donna dagli occhi socchiusi
    e dal corpo raccolto, camminando per strada.
    Ha guardato diritto tendendo la mano,
    nell'immobile strada. Ogni cosa è riemersa.

    Nell'immobile luce dei giorno lontano
    s'è spezzato il ricordo. La donna ha rialzato
    la sua semplice fronte, e lo sguardo d'allora
    è riapparso. La mano si è tesa alla mano
    e la stretta angosciosa era quella d'allora.
    Ogni cosa ha ripreso i colori e la vita
    allo sguardo raccolto, alla bocca socchiusa.

    È tornata l'angoscia dei giorni lontani
    quando tutta un'immobile estate improvvisa
    di colori e tepori emergeva, agli sguardi
    di quegli occhi sommessi. È tornata l'angoscia
    che nessuna dolcezza di labbra dischiuse
    può lenire. Un immobile cielo s'accoglie
    freddamente, in quegli occhi.
    Fra calmo il ricordo
    alla luce sommessa dei tempo, era un docile
    moribondo cui già la finestra s'annebbia e scompare.
    Si è spezzato il ricordo. La stretta angosciosa
    della mano leggera ha riacceso i colori
    e l'estate e i tepori sotto il viviclo cielo.
    Ma la bocca socchiusa e gli sguardi sommessi
    non dan vita che a un duro inumano silenzio.
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      Scritta da: Cheope

      Tremola poco lontano

      Tremola poco lontano la tua fragrante figura.
      Sarò dolce in questa notte fatata, di stella,
      lacrima e poesia; tra le mie mani si ribella,
      l'arancia che solo nella mia bocca matura.

      Pigro ti ascolto morire e quasi muoio sereno.

      Saluto con un cenno di cuore il tuo sorriso
      che guarda altrove, e deformandoti in viso,
      scivola una lacrima di cristallo sul tuo seno.

      La tua bocca s'apre a guisa di rosa e tace.

      Un cenno di primavera sembra verdeggiare
      nei tuoi occhi, come scoglio in calmo mare
      o brezza di vento tra le foglie, pianto di pace;
      che brucia tutto il resto che per me è natale;
      brucia il fuoco dentro se stesso nel movimento,
      solo una lacrima può redimere uno, dieci, cento
      errori che mi hanno visto sbagliare uguale.

      Ti vedo tra le sordide finestre del pensiero,
      uguale a mille baci di donna già assaporati
      allora, finiti già, ancor prima d'esser iniziati,
      persi nella notte di chi sono o di chi ero.

      E continuo a non capire tutto il tuo pianto di cera.

      Barcollo nella nebbia delle mie troppe risposte
      accompagnate poche volte, da domande poste
      male o mai poste, che di luce illuminano la sera.
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        Scritta da: Cheope

        Elegia XIX: andando a letto

        Vieni, mia Donna, vieni mio vigore sfida di ogni riposo,
        finché mi affanno resterò in affanno.
        Spesso il nemico avendo il suo nemico in vista
        dalla sola presenza vien fiaccato, anche se non combatte.
        Getta pur quel cinto che splende simile allo Zodiaco,
        ma che nasconde al mio sguardo un mondo assai più bello.
        Togli gli spilli dal pettorale cosparso di lustrini,
        così che gli occhi dei maliziosi vi si possono fermare.
        Slacciati, perché quell'accordo armonioso
        mi dice di esser già l'ora di recarsi a letto.
        Via quel busto felice, che invidio,
        perché può starti così stretto.
        E via la gonna che svela una tanto bella condizione,
        come quando dai campi fioriti l'ombra dei colli si fugge.
        Via il diadema tenace, ed esso mostri
        il diadema fluente dei capelli che da te si leva:
        e ora via quelle scarpe, posa il tuo piede libero
        in questo sacro tempio dell'amore, su questo soffice letto.
        In vesti così bianche che gli Angeli del cielo erano soliti
        essere accolti dagli uomini; Angelo, conduci insieme a te
        un cielo simile al Paradiso di Maometto; e sebbene
        cattivi spiriti biancovestiti passino, noi facilmente riconosciamo
        questi Angeli da uno spirito malvagio,
        quelli rizzano i nostri capelli, ma questi ci rizzano la carne.

        Dona licenza alle mie mani erranti, lasciale andare
        avanti e indietro, in mezzo, sopra e sotto.
        Oh mia America! Mia nuova terra scoperta,
        mio regno, più sicuro se solo un uomo lo domina,
        miniera di pietre preziose, mio Impero,
        come sono benedetto in questo mio scoprirti!
        Entrare in questi ceppi significa essere liberi;
        dove metto la mia mano sarà il mio suggello.

        Completa nudità! Tutte le gioie a te sono dovute,
        come le anime si separano dal corpo, così i corpi si devono spogliare
        per gustare la gioia interamente. Le gemme che voi donne usate
        sono come i miei dorati pomi d'Atlanta, davanti allo sguardo degli uomini,
        tali che quando l'occhio di uno stupido s'illumina a una gemma
        la sua anima terrena non vuole la donna, ma vuole i suoi beni.
        Come dipinti, o come gaie rilegature di libri
        fatte per i profani, così sono le vesti delle donne;
        in sè le donne sono libri mistici che solo noi,
        fatti degni della loro grazia, vediamo rivelati.
        E poiché io sono chiamato a conoscere tanto,
        liberamente mostrati come a una levatrice;
        getta via tutto, si, getta i tuoi bianchi lini:
        all'innocenza nessuna penitenza è mai dovuta.

        Per insegnarti, per primo ecco son nudo; allora dunque,
        per coprirti che altro ti occorre più di un uomo?
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          Scritta da: Cheope

          Psycocanto

          Caro mio, cosa fai tutto solo nel pollaio?
          - Le galline io ammiro per la loro maestà,
          quando placide ti guardano e ti fanno
          coccodè, coccodè, noi siam con te! -
          Caro mio, non ti vergogni? Cosa dici?
          - Dico che mi piace il gallo per la sua
          autorità. Osserva tutti con occhio
          obliquo e poi fa chicchiricchiii! -
          Caro mio, ti senti male? Un dottore
          ti ci vuole del cervello conoscitore.
          - A me piace molto l'uovo; la mattina
          me lo succhio in un baleno. Bene sto
          tutto il giorno, benedetto sia l'uovo! -
          Caro mio, tu sei matto! Più dell'uovo
          ti ci vuole una mazzata che ti faccia
          rinsavire. Anormale tu mi sembri!
          - Senti senti chi mi parla! Bacchettone
          conformista sempre più trasformista.
          Io di te me n'impipo; vacci tu
          dall'analista ché mi pari nichilista.
          Io amo polli e galli, embè, che te ne frega?
          Pensa un po' ai fatti tuoi
          che ai miei ci penso io! -.
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            Scritta da: Cheope

            Cobò

            Chicchicchirichi!... Chicchicchirichi!...
            "Ecco il dì".
            Cantano i galli di Cobò.
            Il vecchio Cobò è sul suo letto che muore
            fra poche ore.
            Povero Cobò! Povero Cobò!
            Ciangottano i pappagalli.
            Addio Cobò! Addio Cobò!
            E le galline:
            cocococococococodè:
            "oggi è per te"
            cocococococococodè:
            "Cobò tocca a te".
            Le tortore piene di malinconia
            si sono radunate in un cantuccio:
            glu... glu... glu...
            "non ti vedremo più".
            I cani si aggirano mesti
            con la coda ciondoloni, mugolando:
            bau... bau... baubaubò:
            "addio papà Cobò".
            E i gatti miagolando:
            gnai... gnai... gnai... fufù
            "Mai... mai... mai più".
            E le cornacchie:
            gre gre gre gre
            "anche a te, anche a te".
            Fissando il capezzale
            la civetta
            veglia e aspetta.
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              Scritta da: Cheope

              Questa notte

              Vibrano corde stonate
              al pensiero di lei.
              Riverberi di specchio e stelle
              annegano nel mare
              della mia rinnovata solitudine;
              schiantano sui miei occhi
              stanchi bagliori, nuovi,
              tristi piaceri che l'anima rude schiude;
              antichi suoni,
              schiusi dalla porpora di stelle
              di cui si bagna mesta
              la mia pelle; questa,
              è la polvere stellare;
              lascia la scìa,
              mi sugge linfa vitale da bere dalla sorgente:
              la mia.

              Guardo il suo sguardo
              che nell'infinito oceano
              mi mostra le mille rotte,
              sono solo, io,
              questa notte
              e mille altre.

              Lacero in brandelli di seta e pianto
              il pensiero fugace; di lei.

              L'animo mio innamorato,
              è fallace
              dinanzi al canto inumano;
              è straziato. Tremola
              la mano levata verso il tuono,
              poco distante,
              in segno di sfida
              o forse di perdono,
              ma il gesto è insistente,
              non odo alcun suono,
              se non il pensiero
              d'un uomo che si pente
              d'aver intessuto di passato
              il suo presente,
              tanto d'aver finito
              con il vestire d'abito scuro
              ciò che poteva avere tra le mani ora;
              o in futuro.

              Ascolto solo l'urlo
              che mi accompagna,
              mi consola,
              questa notte sola
              o mille altre
              e altre ancora.
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                Scritta da: Cheope

                Edonismo puro

                Dolci
                le mani smaniose di proibito su di me torci
                piano;
                un filo di gemito m'accarezza le tempie,
                soffio leggero,
                gonfio è il pensiero mio
                nel ventre; un'impudica ebbrezza m'empie
                di getto,
                rosso di voglia il mio petto nudo,
                distratto dalla tua carnosa opulenza,
                s'agita sotto.
                Imploro clemenza, assaporo i tuoi gemiti,
                scostanti;
                linfa s'insinua in ogni poro lasciando distanti
                i gesti di mano e le colate d'oro pressanti,
                come acqua e diga in esplosione
                rallento dolcemente,
                lo sento lei mi sente mentre pigra
                la mia voglia latente lacera il mio ventre e grida.
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