Poesie inserite da Scyna Suffiotti

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Scritta da: Scyna Suffiotti

Se Settembre fossi io

Se Settembre fosse
un odore,
lasciato in bilico
tra le sensazioni,
tra le foglie increspate,
e
se settembre
fosse una idea,
una piega delle labbra
un silenzio di un pensiero
una assenza.
Se fosse un'emozione
una vecchia foto,
un bisbiglio di un rimpianto
una manciata di conchiglie
mai prese,
tra la sabbia dei capelli,
e le morbide attese.
E
se Settembre,
fosse
ora,
Intorno
mentre la pioggia fugge
dietro un temporale
senza voltarsi,
forse, sarebbe persa
come l'estate
convalescente
e pigra
come i laconici
convenevoli
di circostanza
perché gli abbracci
fanno male.
E
se settembre
fossi io.
Composta venerdì 18 settembre 2020
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    Scritta da: Scyna Suffiotti

    Le parole

    Le metamorfosi
    gli ostinati passaggi
    I treni che partono
    per poi,
    attendere
    nelle stazioni disabitate,
    solo,
    un frenetico via vai di anime
    di occhi senza sguardi
    di piaceri persi,
    come le valige dimenticate.
    Se respiri sul vetro del finestrino
    tutto si appanna
    anche il tempo,
    per un attimo immobile
    su quella nebbia di respiri.
    Mi manco, sai?
    Ho scritto una lettera
    che non puoi trovare
    perché è su quel treno
    Insieme alla valigia
    che ho perso.
    Si abbandonano
    tante cose:
    Le chiavi, i biglietti, le sciarpe
    le persone.
    Mai un libro.
    Perché i libri hanno parole scritte,
    e le parole,
    non si dimenticano mai.
    Composta giovedì 12 novembre 2020
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      Scritta da: Scyna Suffiotti
      Ti parlerò di me,
      dei miei occhi
      accesi
      ad intermittenza
      dei miei vestiti nudi.
      Ti parlerò
      dei miei inutili cori bianchi.
      Delle feste nella mia testa
      quando arriva
      il mosto rubato
      alla Valle dei Re.
      Di quando
      non ballo scalza
      per paura di andare via
      per sempre.
      Ma lei,
      vive sola.
      Come le file di pietre
      nelle tombe dei giganti.
      Come le fontane
      ai piedi
      dei villaggi di montagna.
      Lei sogna sola.
      Come le lunghe
      notti di Omero,
      dietro le sottane
      di rame di Ebe.
      Lei non vive qui
      accompagna la sua Ophelia
      nella vitrea corrente e
      le tiene il capo adorno
      di purpuree dita di morto
      mentre il fiume
      canta incosciente e
      le trascina giù.
      Composta sabato 11 novembre 2017
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        Scritta da: Scyna Suffiotti

        Io resto a casa in primavera

        Ed è vero,
        come quel mandorlo perlaceo,
        che vedo dalla finestra
        come quel sottile gambo
        che tiene alto e forte
        quella spiga di lavanda,
        al di là del mio sguardo
        oltre quel muro
        oltre la mia paura,
        se mi si priverà della primavera,
        io,
        si...
        proprio io,
        sboccerò lo stesso.
        Perché io,
        proprio io...
        la primavera
        me la porto dentro.
        Composta martedì 31 marzo 2020
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          Scritta da: Scyna Suffiotti

          Un momento

          Cosa è stato?
          Un interminabile sguardo.
          Ti ho attraversato
          Mentre tenevi
          gli occhi bassi.
          Avevi già visto tutto,
          come quel tredici ricorrente,
          ogni sua forma di armistizio
          era familiare.
          Così Nuda
          come le cripte
          dimenticate.
          Adagiata tra i suoni
          smembrati di un violino
          ormai muto.
          Muto come i tuoi sogni,
          ripiegati come fazzoletti
          di canapa senza iniziali.
          Era così quel pomeriggio,
          nascosto fra le intemperie
          dei fardelli non tuoi,
          ascoltati e rianimati
          centinaia di volte,
          ma mai sopravvissuti.
          Ero scomparsa li,
          insieme ai piccoli uragani
          creati dal mio cucchiaino
          dentro una scomoda
          ma paziente
          tazzina da tè.
          Composta mercoledì 30 agosto 2017
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            Scritta da: Scyna Suffiotti

            Di colori

            Non ci sono giorni,
            non esistono anni,
            ci sono solo colori intercambiabili,
            essenze di vita verdi,
            miscelanze rosse,
            scomposte in grigio. Trasfigurazioni
            di attimi
            di impalpabile rosa, momementanee
            assenze di azzurri,
            e il nero.
            Immoti neri e grigi.
            Ma quando soffia il bianco,
            tutto diventa meno carico,
            leggero,
            volatile.
            I giorni diventano fogli
            e tele immense
            che prendono il largo,
            senza numeri,
            senza ore.
            Non parlano di niente,
            non ricordano nessuno,
            non amano.
            Non amano.
            L'amore è
            per chi è traffito dal carminio
            senza speranza...
            Composta lunedì 17 luglio 2017
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              Scritta da: Scyna Suffiotti

              Abito le mie ferite

              Abito le mie ferite,
              niente cicatrici per me.
              Le voglio umide
              tristi e sfacciate.
              Le voglio urlanti e senza garze.
              Voglio passeggiare
              nei miei giardini di sangue
              calpestando dolori
              voglio distendermi
              nei miei orrori
              di frasche taglienti.
              Niente sconti per me.
              Niente occhi.
              Tanti occhi chiusi
              il memento mori
              come ombretto
              in una pochette rattopata,
              dove il carminio dei miei baci zampillano caldi e lenti
              tracciando scie di lumaca.
              Lasciatemi qui.
              Lasciate che il mio liquido rosso disseti la terra
              voglio nutrire fiori
              con lame rivolte al cielo.
              Voglio che la palustre sfera bianca si macchi dei miei respiri.
              Niente sole per me.
              Solo bianco di pece.
              Composta domenica 30 novembre 2014
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                Scritta da: Scyna Suffiotti

                Mia madre

                Ho conosciuto mie sorelle
                nel grembo di mia madre.
                Quando lei ancora non le vedeva,
                ma le aveva solo immaginate.
                Io si, le vedevo, le guardavo,
                erano riflesse tra i suoi pensieri,
                tra i sogni.
                Perché lei, tesseva sogni,
                con fili di pianto.
                Tesseva donne e magie
                tesseva parole di cuore.
                Senza di quelle
                non ci saremmo mai incontrate.
                Ora un filo azzurro,
                ora uno rosso,
                ora un filo di voce.
                Erano mani intrecciate
                che cercavano un punto
                dove stare a riparo.
                Dove essere sorelle
                dove essere fili
                come canti senza la voce.
                Io vi ho conosciuto
                tra le sue lacrime asciutte
                e i sorrisi d'avorio,
                mentre cuciva
                su di noi catene di ragno
                e legami insolubili.
                Composta venerdì 13 marzo 2015
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                  Scritta da: Scyna Suffiotti

                  Ticket for Oz

                  Sono una clandestina di primavera,
                  ho viaggiato in prima classe
                  tra le foglie autunnali
                  senza bagaglio,
                  vestendomi di addii comprati alla stazione
                  niente saluti per me,
                  solo scomodi sguardi sgualciti
                  bagnati dall'umido soffocante
                  di un abbraccio rattoppato.
                  Nessuno sa dove io sia
                  mi son persa
                  ma quando mi perdo
                  io sono a casa.
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                    Scritta da: Scyna Suffiotti

                    Aquiloni di scheletri

                    Vedo passare sulla mia testa
                    aquiloni di scheletri,
                    scricchiolano e cantano
                    parole di fumo
                    rincorro, anche oggi
                    farfalle d'argento e vascelli fantasma
                    che mutano al sole
                    mentre spiegano
                    le loro vele d'inchiostro
                    e spariscono all'orizzonte
                    verso la nuova fenice.
                    Ho lacrime di cera,
                    ognuna porta in sé
                    un piccolo tassello
                    della mia maschera
                    ogni sorriso è una crepa
                    ogni crepa una luce.
                    Declini di vecchi tramonti e nuove aurore
                    sulle mie labbra
                    ogni rivolo d'acqua salata
                    un ricordo da salvare
                    tra candidi gelsomini e
                    bianchi oleandri di veleno.
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