Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Libertà

Ma che piacere
non compiere un dovere,
avere un libro da leggere
e non farlo!
Che noiosa la lettura,
che pochezza la cultura!
Il sole splende senza letteratura.
Il fiume scorre, bene o male,
senza edizione originale.
E la brezza che passa,
naturale e mattiniera,
sa che ha tempo, e non ha fretta...

I libri sono carta inchiostrata.
Lo studio è una cosa ove è indistinta
la distinzione fra il niente e cosa alcuna.

Quanto è meglio, se c'è bruma,
aspettare Don Sebastiano,
venga o non venga
Grande è la poesia, la bontà e le danze...
ma le cose migliori son l'infanzia,
fiori, musica, chiardiluna, e il sole, che pecca
solo se invece di nutrire secca...

E ancor meglio di questo
è Gesù Cristo,
che non sapeva niente di finanze
né consta che avesse biblioteca.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Venezia

    Ho visto un'ombra
    giocare con uno
    specchio d'acqua,
    un tappo di sughero
    ballare sulle onde,
    delle voci rincorrersi
    su cavalloni
    d'echi sbizzarriti.

    Ho visto la vita muoversi,
    tra scalini e calle.

    Ho guardato colombi,
    disegnare il cielo
    con le loro piume.

    Ho visto volti
    sorpresi, stupiti,
    annoiati e luminosi.

    Mani strette
    ad altre mani,
    intrecciate
    da sentimenti.

    Ho ascoltato
    in angoli bui,
    parole sussurrate,
    piccole parole,
    che parlavano di un mondo
    d'amore eterno.

    Ho visto i nostri passi,
    camminare soli
    tra la folla.

    Ho visto la Venezia.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Avrai

      Avrai...
      Avrai una vita,
      incerta con qualche certezza.
      Avrai in quelle certezze,
      voglia di altre conferme.

      Avrai fra mille lacrime,
      la ragione del tuo sorriso,
      avrai in quel sorriso ancora
      voglia di ridere.

      Avrai mille occasioni,
      con qualche vera opportunità
      avrai in quelle opportunità
      voglia di arrivare.

      Avrai fra molte passioni e amori
      un solo vero amore
      avrai in quel amore il vero
      senso del tuo essere.

      Avrai... avrai...
      In tutti questi avrai
      Voglia di vivere e amare ancora.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        A volte amiamo un passato immaginato
        emozioni sognate sogni inventati.

        Amiamo l'ipotesi, la possibilità.
        Quel irreale che poteva esserci,
        che non c'è stato ma solo desiderato.

        Amiamo un'emozione percepita ingrandita
        fino all'infinito, fino toglierci il respiro.
        Fino a togliere il respiro, fino a starci male.

        Amiamo l'infinito di niente,
        lasciando l'immenso
        di ciò che abbiamo costruito.

        Quel caldo abbraccio.
        Un sorriso di bimba
        quella realtà che ha riempito la nostra vita.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Venderò l'anima

          Mi perderò nel universo
          del tuo immenso
          per ritrovarmi nel tuo cuore
          non chiederò di più alla vita
          che questa nuova emozione

          Venderò l'anima se serve
          perché solo così ha senso.
          Conserverò di noi ogni
          istante, ogni piccolo fiore
          ne strapperò le spine.

          Non lascerò cadere il silenzio
          quello che travolge e uccide.
          Darò ad ogni istante un suono nuovo
          ed ogni suono sarà fatto di noi.

          Mano nella mano dispersi
          fra cuore e anima.
          Nell'universo dei nostri sensi.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            La Doppia Immagine

            A novembre compio trent'anni.
            Sei ancora piccola, hai solo tre anni.
            Guardiamo le foglie gialle, sono stremate,
            turbinano nella pioggia d'inverno,
            cadono e s'acquattano. Ed io ricordo
            i tre autunni che non hai passato qui.
            Hanno detto che mai ti avrei riavuto.
            Ti dico quel che mai saprai davvero:
            le congetture mediche
            che spiegano il cervello non saranno mai reali
            quanto queste foglie abbattute.

            Io, che ho tentato due volte d'ammazzarmi,
            ti avevo dato un nomignolo
            appena arrivata, nei mesi del piagnucolare;
            poi una febbre t'è rantolata in gola
            ed io mi muovevo come una pantomima
            attorno al tuo capino.
            Angeli brutti mi hanno parlato. La colpa,
            dicevano, era mia. Facevano gli spioni
            come streghe verdi versando nella testa la rovina
            come un rubinetto rotto;
            come se la rovina avesse allagato la pancia e sommerso la culla,
            un vecchio debito che dovevo accollarmi.

            La morte era più semplice di quanto credessi.
            Il giorno che la vita t'ha restituito sana e salva
            Ho lasciato le streghe rapire la mia anima in colpa.
            Ho finto d'esser morta
            finché uomini bianchi m'hanno spompato il veleno,
            m'hanno messo senza braccia e slavata
            nella manfrina di scatole parlanti e letti elettrici.
            Ridevo a vedermi messa ai ferri in quell'hotel.
            Oggi le foglie gialle
            sono stremate. Mi chiedi dove vanno.
            Ti dico che l'oggi ha creduto in se stesso, altrimenti cedeva.

            Oggi, piccina mia, Gioia,
            ama il tuo essere dove adesso vive.
            Non esiste un Dio speciale cui rivolgersi; o se c'è,
            allora perché t'ho fatto crescere altrove.
            Tu non riconoscevi la mia voce
            quando tornavo a casa a trovarti.
            Tutti i superlativi
            di alberi di Natale e vischi del futuro
            non ti aiuteranno a sapere le feste che hai perduto.
            Nel tempo che non amai me stessa
            venni in visita a te su marciapiedi spalati,
            mi tenevi per un guanto.
            Dopo questo fu di nuovo neve.

            2.

            Mi hanno spedito lettere con tue notizie
            e io cucivo mocassini che non avrei mai usato.
            Quando cominciai a sopportarmi
            andai a stare con la mamma. Troppo tardi,
            troppo tardi, dissero le streghe, per stare con la mamma.
            Non me ne sono andata.
            Ma un ritratto mi son fatto.

            Dal manicomio nel parziale ritorno
            venni alla casa di mia madre a Gloucester.
            Ed ecco come venni ad abbrancarla,
            ed ecco come venni a perderla.
            Mia madre disse, per il suicidio io non posso dar perdono.
            Non l'hai mai potuto.
            Ma un ritratto lei m'ha fatto.

            Ho vissuto da ospite rabbioso,
            parzialmente rammendata, bimba esorbitante.
            Ricordo che mia madre faceva del suo meglio.
            Mi portò a Boston per farmi cambiare il taglio.
            Sorridi come tua madre, disse il capocciante.
            Non mi pareva interessante.
            Ma un ritratto mi son fatto.

            C'era una chiesa là dove sono cresciuta,
            là in bianchi armadi fummo inchiavati
            come coro di marinai, o puritani, irreggimentati.
            Mio padre passava col piattino per la questua.
            Dissero le streghe, troppo tardi per esser perdonata.
            E non fui propriamente perdonata.
            Ma un ritratto m'hanno fatto.

            3.

            Quell'estate gettiti irrigui s'inarcavano
            a pioggia sull'erba rivierasca.
            Parlavamo di siccità
            mentre il prato corroso dal salmastro
            nuovamente raddolciva.
            Per passare il tempo falciavo l'erba
            e la mattina mi facevo fare il ritratto,
            fissando il sorriso nella formalità.
            Ti ho spedito il disegnino di un coniglio,
            e una cartolina col Motif number one
            come se fosse normale
            essere madre ed essersene andata.

            Hanno appeso il ritratto nella fredda luce
            del lato nord, che bene mi si addice,
            per farmi stare bene.
            Soltanto mia madre s'ammalò.
            Mi volse le spalle, come se la morte contagiasse,
            come se la morte si riflettesse,
            come se il mio morire l'avesse corrosa.
            Ad agosto avevi due anni, ma era dubbio il calcolo dei giorni.
            Il primo settembre mi guardò in faccia
            e mi disse che le avevo attaccato il cancro.
            Le mozzarono le colline dolci
            e ancora non avevo la risposta.

            4.

            Quell'inverno lei tornò
            parziale ritorno
            alla sterile suite
            di medici, nauseante
            crociera di raggi X,
            l'aritmetica delle cellule impazzita.
            Parziale intervento,
            braccio grasso, prognosi infausta,
            li ho sentiti dire.

            Durante le burrasche marine
            lei si fece fare il ritratto.
            Caverna di uno specchio,
            appeso al lato sud;
            una coppia di sorrisi, una copia di lineamenti.
            E tu mi assomigliavi sconosciuto
            viso mio, tu lo indossavi.
            Dopotutto eri mia.

            Ho svernato a Boston,
            sposa senza figli,
            niente di dolce da spartire,
            con le streghe a fianco.
            Ho perduto la tua infanzia,
            tentato un altro suicidio,
            subito il secondo hotel dei sigilli.
            M'hai fatto un Pesce d'Aprile.
            Abbiamo riso insieme, fu cosa buona.

            5.

            Per l'ultima volta m'hanno dimesso
            il primo maggio;
            laureata in casi mentali,
            con l'assenso dell'analista,
            un libro finito di versi,
            la macchina da scrivere e le borse.

            Quell'estate imparai a rimettere vita
            nelle mie sette stanze,
            andavo su barchette a cigno, al mercato,
            rispondevo al telefono,
            da brava moglie offrivo da bere,
            facevo l'amore fra crinoline e abbronzature d'agosto.

            E tu venivi ogni weekend. No, mento.
            Venivi di rado. Fingevo che c'eri
            bimba farfalla, porcellina
            guance di gelatina,
            tre anni di disobbedienza,
            ma splendida sconosciuta.

            E dovevo imparare
            perché volevo morire invece che amare,
            perché mi faceva male la tua innocenza,
            e perché accumulo le colpe
            come un giovane internista
            rivela i sintomi e la certa evidenza.

            Quel giorno d'ottobre che andammo a Gloucester
            le colline rosse mi ricordavano
            la pelliccia di volpe rossa sdrucita
            in cui giocavo da bambina,
            immobile come un orso, una tenda,
            una gran caverna che ride, pelliccia di volpe rossa.

            Oltrepassammo il vivaio dei pesci,
            il baracchino dove vendono l'esca,
            Pigeon Cove, lo Yacht Club,
            Squall Hill, verso la casa in attesa
            ancora, la casa sul mare.
            E due ritratti sono appesi su opposte pareti.

            6.

            Al lato nord il mio sorriso al suo posto è fissato,
            risalta nell'ombra il mio viso ossuto.
            Mentre posavo lì cosa avevo sognato
            tutta me negli occhi in attesa,
            il giovane viso, la zona del sorriso,
            trappola per volpi.

            Al lato sud il suo sorriso al suo posto è fissato,
            le guance vizze come orchidee appassite;
            mio specchio beffardo, mio amore spodestato,
            mia immagine prima. Mi occhieggia dal ritratto
            quella testa di morte impietrita
            che avevo sopraffatto.

            L'artista ci fissò alla svolta;
            si sorrideva inquadrate nelle tele
            prima di scegliere strade da prima separate.
            La pelliccia di volpe rossa doveva esser bruciata.
            Mi decompongo sulla parete
            come Dorian Grey.

            E questa fu caverna di uno specchio,
            una donna sdoppiata che si fissa
            come se il tempo l'avesse impietrita
            - due signore in terra d'ombra assise -
            Hai dato un bacio alla nonna,
            e lei ha pianto.

            7.

            Non potevo tenerti
            tranne il weekend. Ogni volta venivi
            stringendo il disegnino del coniglio
            che ti avevo spedito. Per l'ultima volta
            disfo i tuoi bagagli. Ci tocchiamo senza un contatto.
            La prima volta hai chiesto il mio nome.
            Ora rimani per sempre. Dimenticherò
            che sbalzavamo cozzandoci come marionette
            appese a fili. Non era l'amore
            ridursi al weekend.
            Ti sbucci le ginocchia, impari il mio nome,
            traballando sul marciapiede piangi e chiami.
            Mi chiami mamma e ricordo ancora mia madre,
            che altrove, nei dintorni di Boston, muore.

            Ricordo che ti chiamammo Gioia
            per poterti chiamare gioia.
            Arrivasti come un ospite imbarazzato
            allora, tutta fasciata umida meraviglia
            alla mia mammella pesante.
            Avevo bisogno di te. Non volevo un maschio,
            solo una femmina, un topino lattoso di bimba,
            da sempre amata, da sempre esuberante
            nella casa di se stessa. Ti chiamammo Gioia.
            Io, che non fui mai certa d'esser femmina,
            avevo bisogno di un'altra vita,
            di un'altra immagine per ricordarmi.
            E fu questa la mia più grave colpa;
            tu non potevi curarla o lenirla.
            Ti ho fatta per trovarmi.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              La Forza della Vita

              Asciugo anche questa lacrime
              ne sento ancora il sapore del sale
              mentre scendono, già fanno meno male.

              Non voglio perdermi il bello
              di una nuova alba
              che attende l'abbracciarmi.

              Dove nei suoi prati
              correrò verso il sole
              e il sole mi scalderà
              nuovamente il cuore.

              Perché trasformerò ogni lacrima
              in un sorriso.
              Lo farò con la forza della vita
              che c'e ancora in me.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Ho "sentito"

                Ho "sentito"
                squarciare l'anima di un bambino
                strappandogli l'innocenza.

                Ho "sentito"
                un sorriso dissolversi
                nella disperazione,
                la gente andare a fondo
                e la vita schiacciarli come serpenti.

                Ho "sentito"
                la notte scendere sul cuore di molta gente,
                mentre ciechi e sordi ne hanno fatto da spettatori
                vestiti con l'abito dell'indifferenza,
                senza scaldarne l'esistenza.

                Ho "sentito"
                la notte rubarsi i sogni
                e il grido del silenzio
                ha coperto ogni melodia
                regalando all'alba solo l'angoscia.

                Ho "sentito"
                urla disperate in mezzo la guerra,
                una madre pregare, chiedere clemenza
                piegandosi in due sulla tomba di un figlio,
                dolori e angoscia senza tregua.

                Poi ho "sentito"
                l'odio abbracciare l'amore,
                il dolore inchinarsi
                al sorriso di un bimbo,
                il travaglio partorire la felicità,
                la speranza coprire la disperazione.

                Ho "sentito"
                l'animo di chi nella vita crede,
                combattere con determinazione
                ogni tempo e ogni dolore.
                Composta martedì 18 maggio 2010
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Ci sono Parole... Ci sono Silenzi

                  Ci
                  sono vuoti che
                  le parole colmano,
                  altri che le parole scavano.

                  Ci
                  sono silenzi che
                  sono un dono
                  altri che uccidono
                  che non hanno senso.

                  Ci
                  sono parole giuste
                  parole sbagliate
                  parole dette o taciute
                  per non fare del male.
                  Parole attese, sospirate.

                  Ci
                  sono parole...
                  Ci
                  sono silenzi...
                  Un "ci sono" mancato
                  un "mi dispiace"
                  non pronunciato.
                  Un "sospeso" non colmato.

                  Ci
                  sono silenzi che attendono
                  l'arrivo di una spiegazione
                  per poter spegnere il tormento
                  di quei perché senza senso.
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