Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Smonta il Circasso ed al destrier s'accosta,
e si pensava dar di mano al freno.
Colle groppe il destrier gli fa risposta,
che fu presto al girar come un baleno;
ma non arriva dove i calci apposta:
misero il cavallier se giungea a pieno!
Che nei calci tal possa avea il cavallo,
ch'avria spezzato un monte di metallo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Non furo iti due miglia, che sonare
    odon la selva che li cinge intorno,
    con tal rumore e strepito, che pare
    che triemi la foresta d'ogn'intorno;
    e poco dopo un gran destrier n'appare,
    d'oro guernito e riccamente adorno,
    che salta macchie e rivi, ed a fracasso
    arbori mena e ciò che vieta il passo.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Ella è gagliarda ed è più bella molto;
      né il suo famoso nome anco t'ascondo:
      fu Bradamante quella che t'ha tolto
      quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. -
      Poi ch'ebbe così detto, a freno sciolto
      il Saracin lasciò poco giocondo,
      che non sa che si dica o che si faccia,
      tutto avvampato di vergogna in faccia.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Mentre costei conforta il Saracino,
        ecco col corno e con la tasca al fianco,
        galoppando venir sopra un ronzino
        un messagger che parea afflitto e stanco;
        che come a Sacripante fu vicino,
        gli domandò se con un scudo bianco
        e con un bianco pennoncello in testa
        vide un guerrier passar per la foresta.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Qual istordito e stupido aratore,
          poi ch'è passato il fulmine, si leva
          di là dove l'altissimo fragore
          appresso ai morti buoi steso l'aveva;
          che mira senza fronde e senza onore
          il pin che di lontan veder soleva:
          tal si levò il pagano a piè rimaso,
          Angelica presente al duro caso.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            L'incognito campion che restò ritto,
            e vide l'altro col cavallo in terra,
            stimando avere assai di quel conflitto,
            non si curò di rinovar la guerra;
            ma dove per la selva è il camin dritto,
            correndo a tutta briglia si disserra;
            e prima che di briga esca il pagano,
            un miglio o poco meno è già lontano.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Già non fero i cavalli un correr torto,
              anzi cozzaro a guisa di montoni:
              quel del guerrier pagan morì di corto,
              ch'era vivendo in numero dè buoni:
              quell'altro cadde ancor, ma fu risorto
              tosto ch'al fianco si sentì gli sproni.
              Quel del re saracin restò disteso
              adosso al suo signor con tutto il peso.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Non si vanno i leoni o i tori in salto
                a dar di petto, ad accozzar sì crudi,
                sì come i duo guerrieri al fiero assalto,
                che parimente si passar li scudi.
                Fè lo scontro tremar dal basso all'alto
                l'erbose valli insino ai poggi ignudi;
                e ben giovò che fur buoni e perfetti
                gli osberghi sì, che lor salvaro i petti.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Così dice egli; e mentre s'apparecchia
                  al dolce assalto, un gran rumor che suona
                  dal vicin bosco gl'intruona l'orecchia,
                  sì che mal grado l'impresa abbandona:
                  e si pon l'elmo (ch'avea usanza vecchia
                  di portar sempre armata la persona),
                  viene al destriero e gli ripon la briglia,
                  rimonta in sella e la sua lancia piglia.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    - Se mal si seppe il cavallier d'Anglante
                    pigliar per sua sciocchezza il tempo buono,
                    il danno se ne avrà; che da qui inante
                    nol chiamerà Fortuna a sì gran dono
                    (tra sé tacito parla Sacripante):
                    ma io per imitarlo già non sono,
                    che lasci tanto ben che m'è concesso,
                    e ch'a doler poi m'abbia di me stesso.
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