Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

La politica non ci sta dentro alla zuccheriera

Un amico si è comprato una Chevrolet del '59
non le ha voluto cambiare alcuni pezzi e adesso non si muove.
Fa molto caldo nella vecchia Avana
la gente aspetta qualcosa, ma non succede niente.

Un tizio ha gridato si salvi chi può,
ogni giorno sale di più la marea.
Felipito se n'è andato negli Stati Uniti,
là soffre il freddo e qui si annoiava,
ma capiscimi fratello, prendila come ti pare,
la politica non entra nella zuccheriera.

"Un operaio mi vede, mi chiama artista
e con grande nobiltà mi innalza alla sua statura",
traffica con soldi dei turisti,
ha quattro figli e la vita è molto dura.
Ma capiamoci fratello, prendila come ti pare,
la politica non ci sta dentro alla zuccheriera.

Oh Dio, che vuoi da me,
spogliati bimba, che sto arrivando.
Oggi sicuro che ci tagliano la luce
e non ci resta che giocare al vudù.

Tutti vogliono vivere nel telegiornale
li non manca nulla e non serve il denaro.
Le donne sono un buon affare,
alcune girano sole e altre hanno già un socio.
Ma capiscimi fratello, prendila come ti pare,
la politica non entra nella zuccheriera.

A scuola mi hanno insegnato che nell'apartheid
non tutti sono uguali e non importa la legge,
per questo mi danno fastidio le cose che vedo,
ascoltami, yankee, affanculo il tuo embargo.
Ma capiamoci fratello, prendila come ti pare,
la politica non ci sta dentro alla zuccheriera.

Oh Dio, che vuoi da me,
spogliati bimba, che sto arrivando.
Oggi sicuro che ci tagliano la luce
e non ci resta che giocare al vudù.

Fa molto caldo nella vecchia Avana
la gente aspetta qualcosa, ma non succede niente.
Un tizio ha gridato si salvi chi può,
ogni giorno cresce di più la marea.

Felipito se n'è andato negli Stati Uniti,
là soffre il freddo e qui si annoiava,
ma capiscimi fratello, prendila come ti pare,
la politica non entra nella zuccheriera.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Come i pesci

    Le chiese parlano della salvezza
    e la gente prega e chiede cose in silenzio
    come i pesci
    e sul volto di Gesù c'è una lacrima che scende
    lacrime nere.

    E i padri non vogliono più parlare della situazione,
    sopravvivono prigionieri e sono abituati a tacere
    come i pesci
    e sul volto dei loro figli c'è una lacrima che scende
    lacrime nere.

    "Sebbene tu mi abbia gettato nell'abbandono
    sebbene ormai siano morte tutte le mie illusioni,
    piango senza che tu sappia che questo pianto mio
    ha lacrime nere"
    lacrime.

    Le notizie parlano di rassegnazione
    e la gente inghiotte e si guarda negli occhi
    come i pesci
    e sul volto della Vergine c'è una lacrima che scende
    lacrime nere.

    I ragazzi parlano di disillusione
    e in silenzio vanno sul mare e se la squagliano
    come i pesci
    e sul volto di una madre rotola una lacrima
    lacrime nere.

    Sebbene tu mi abbia gettato nell'abbandono
    sebbene ormai siano morte tutte le mie illusioni,
    piango senza che tu sappia che questo pianto mio ha lacrime nere"
    lacrime.

    Le chiese parlano della salvezza
    e la gente prega e chiede cose in silenzio
    come i pesci
    e sul volto di Gesù rotola una lacrima
    lacrime nere.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il piacere

      Nox . . .

      O voluptatis comes et ministra.
      Pontanus.

      Grazie, arridetemi, riso soltanto
      Per noi serpeggi su la mia cetera,
      Chè il soavissimo Piacer io canto.
      Coll'estro facile carme gentile
      Io vò tessendo, carme ch'è simile
      A un fior ingenuo del gajo aprile.
      Ma il fior ingenuo olezza e muore;
      Anche il mio canto sen muoja subito,
      Purché per l'aere dispieghi odore.
      Già posa il candido ritondo braccio
      Sopra le coltri sacrate a Cipria,
      Braccio che amabile tessuto ha un laccio.
      Cò piedi teneri, o biondi Amori,
      No, non calcate quel roseo talamo,
      Ma sparpagliatevi fragranti fiori.
      Correte rapidi, fanciulli alati,
      Correte dove in danza atteggiano
      Le Grazie i morbidi piè dilicati.
      Udite Venere, la Diva udite
      Che vel comanda, di qui fuggitevi,
      La venerabile Diva ubbidite.
      Restar sul talamo sola desìa,
      Della fanciulla che sparge lagrime
      Sola vuol vincere la ritrosìa
      O dense tenebre, sì desiate!
      Giovane, taci, mi grida Cipria,
      Ch'omai s'appressano l'ore beate.
      Taccio: ma l'anima non può tacere,
      Tra sè ella canta gli accenti fervidi,
      Chè invasa sentesi sol da piacere.
      Qual grato fremito le taciturne
      Ombre sussurra, ombre che romponsi
      Dal raggio argenteo di membra eburne.
      O tu degli esseri vivo fermento,
      Sacro Piacere, per te in quest'anime
      Spruzza il tuo nettare, del ciel contento.
      L'aureo Filosofo dall'urna s'alzi,
      Bench'ombra cinga le bianche tempie
      Di rose, e un cantico egli t'innalzi.
      Per te sol prendono, o bello Dio,
      Gli augelli il canto, per te dei Zeffiri
      Dolce è all'orecchio il mormorio.
      Sol per te il fervido bel garzoncello
      A donzelletta vezzosa ingenua
      Rivolge cupido l'amante occhiello.
      Ah! un dì le rosee vèr me tue piante
      Volgi, o Piacere, dè Numi invidia,
      Sarò beatissimo da quell'istante.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Le conchiglie

        Ogni incrostata conchiglia che sta
        In quella grotta in cui ci siamo amati
        Ha la sua propria particolarità.

        Una dell'anima nostra ha la porpora
        Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
        Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

        Un'altra imita te nei tuoi languori
        E nei pallori tuoi di quando, stanca,
        Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

        Questa fa specchio a come in te s'avvolge
        La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
        Alla tenera e corta nuca rosa;

        Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Poichè l'alba si accende...

          Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora,
          poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
          a ritornare a me che la chiamo e l'imploro,
          poiché questa felicità consente ad esser mia,

          facciamola finita coi pensieri funesti,
          basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
          basta con l'ironia e le labbra strette
          e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava.

          E basta con quei pugni serrati e la collera
          per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano;
          basta con l'abominevole rancore! Basta
          con l'oblìo ricercato in esecrate bevande!

          Perché io voglio, ora che un Essere di luce
          nella mia notte fonda ha portato il chiarore
          di un amore immortale che è anche il primo
          per la grazia, il sorriso e la bontà,

          io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
          da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
          camminare diritto, sia per sentieri di muschio
          sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;

          sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
          verso la meta a cui mi spingerà il destino,
          senza violenza, né rimorsi, né invidia:
          sarà questo il felice dovere in gaie lotte.

          E poiché, per cullare le lentezze della via,
          canterò arie ingenue, io mi dico
          che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
          e non chiedo, davvero, altro Paradiso.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            La lontananza

            Ito, aure dolci, a Cloe
            Che le delizie or godo
            Dei boschi, e i lai lion ode
            D'un tenero amatori
                 La troverete al margo
            Forse d'un rio cannoso,
            O al rozzo d'odoroso
            Arbore in grembo ai fior.
                 Ite, aure dolci, a Cloe,
            E con scherzosi giri
            Recate i miei sospiri,
            Le rammentate amor.
                 Una vezzeggi il crine,
            L'altra, ogni incenso accolto,
            Lambisca il roseo volto,
            Soave scenda al cor.
                 Torna, gentil donzella,
            Con flebil suon le dica,
            Torna, vezzosa amica,
            Al tuo poeta in sen.
                 Le grazïose aurette
            Passano ad una ad una,
            E mi prometto ognuna
            Chieder pietà al mio ben.
                 Chinano il capo i gigli,
            Scuoton le frondi i rami,
            Sembrano dirmi: Ed ami
            Con tanta fedeltà?
                 Se son pietosi i fiori,
            So son pietosi i venti,
            A' pianti ed a' lamenti,
            Non avrà Cloe pietà?
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              LA PARTENZA.

                   Partita è Cloe: ah! volino
              Le Grazie a lei d'intorno,
              E lieta l'accompagnino
              Al rustico soggiorno.
                   Or forse è giunta, e tacita
              Trascorre il campo aprico:
              Deh! fra soavi palpiti
              Rammenti il fido amico.
                   Ruscel che scorri limpido,
              Se ascolti il nome mio,
              Più dolcemente mormora,
              Dille che l'amo anch'io.
                   Auretta solitaria,
              Se intorno a lei t'aggiri,
              Con flebil suono annunziale
              I mesti miei sospiri.
                   Vispi augellini teneri,
              Ito dov'ella siede,
              E con gorgheggio querulo
              Le rammentato fede.
                   Voi pure amate, e il giubilo
              È a voi compagno: io solo
              Amo, ma spargo lagrime,
              Amo, ma in mezzo al duolo.
                   Pur mi son dolci i gemiti
              Per questo amor pudico;
              Ah! fra soavi palpiti
              Rammenti il fido amico.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Il pomo

                Pomo ch'io colsi, e Cloe,
                Da un arbuscel gentile,
                Che a quei dei verde aprile
                Non può invidiare i fior,
                Pomo ch'effigia e mostra
                Del volto tuo la rosa,
                Ti dona, o Cloe vezzosa,
                Con la mia mano il cor.
                Mel chiese or or con Clori
                La bruna Nice e Irene;
                Ma il pomo sol conviene,
                Mia bionda amica, a te.
                Così fra Tirai e Dafni
                Da te ottenessi io fede...
                Ma tu ti sdegni; ahi chiede
                Un cuor quel che ti diè.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Il serto

                  Cogliete, o pastorelli,
                  Cogliete vaghi fiori,
                  Chè deggio per gli albori
                  A Fille un serto far.
                  Farlo vorrei sol io,
                  Ma nol permetto l'ora,
                  Chè in Cielo già l'Aurora
                  Comincia rosseggiar.
                  E le dirò che il serto
                  Tessuto è di mia mano.
                  Ma che? Così profano
                  Il labbro mio sarà?
                  Mai menzogner non fui,
                  E s'anche il fossi, ah! Fille
                  Fra mille fiori e mille
                  i miei distinguerà.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    La febbre

                    Febbre le vene accende,
                    O Cloe, del tuo poeta,
                    E tu frattanto lieta
                    Passi cantando i dì.
                         Serbi così l'affetto
                    Che tu giurasti a lui,
                    I fidi merti sui
                    Compensi, o Cloe, così?
                         Misero giovanetto,
                    Che ad un'ingrata credi,
                    Cessa d'amar; non vedi
                    Ch'ella t'inganna ognor?
                         Cruda!... Ma dir vorresti:
                    Nol seppi, il giuro ai Dei:
                    Taci, spergiura sei,
                    Chè te lo disse Amor.
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