Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Or a poppa, or all'orza hann'il crudele,
che mai non cessa, e vien più ognor crescendo:
essi di qua di là con umil vele
vansi aggirando, e l'alto mar scorrendo.
Ma perché varie fila a varie tele
uopo mi son, che tutte ordire intendo,
lascio Rinaldo e l'agitata prua,
e torno a dir di Bradamante sua.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Calano tosto i marinari accorti
    le maggior vele, e pensano dar volta,
    e ritornar ne li medesmi porti
    donde in mal punto avean la nave sciolta.
    - Non convien (dice il Vento) ch'io comporti
    tanta licenza che v'avete tolta; -
    e soffia e grida e naufragio minaccia,
    s'altrove van, che dove egli li caccia.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Contra la voluntà d'ogni nocchiero,
      pel gran desir che di tornare avea,
      entrò nel mar ch'era turbato e fiero,
      e gran procella minacciar parea.
      Il Vento si sdegnò, che da l'altiero
      sprezzar si vide; e con tempesta rea
      sollevò il mar intorno, e con tal rabbia,
      che gli mandò a bagnar sino alla gabbia.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Il vestito più bello

        Ti ho disegnato addosso il vestito più bello
        e ti ho guardato a lungo.
        Sono arrivata fino alla porta del cuore
        ho aperto ed ho guardato anche là
        e mi è piaciuto quello che ho visto,
        o forse ho visto quello che mi è piaciuto...
        su, su, sono entrata nella tua testa
        ed ho letto i pensieri,
        ho letto quelli scritti con la mia grafia,
        erano belli e dentro c'ero anch'io.

        Ti guardo e penso:
        se ti spoglio cosa resta?
        Cosa resta sotto il vestito,
        dentro il cuore, nella testa...
        Cosa resta di quello che vedo,
        di quello che leggo,
        di quello che penso che tu sia?

        Resto io.
        Resta la mia passione stupida
        che con la violenza di uno schiaffo sonoro,
        improvviso,
        ritorna ogni volta al mittente.

        Resti tu.
        Quello vero,
        quello che non conosco,
        che non oso guardare,
        e che forse non mi piacerebbe neanche...

        Ma è così bello il tuo vestito,
        non toglierlo,
        voglio guardarti ancora!
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Figli di una generazione
          Uomini della continua lotta
          camminano nel fumo e nella nebbia
          arrampicati sulle schegge dei muri.
          Le canne grigie puntate sui pensieri
          e le marce come cordoni ombelicali
          per servire il popolo.
          Le mani si stringono
          le tempie riempiono i polmoni di rabbia
          serpeggia la morte nel volo delle bottiglie.
          Si diffonde la luce della comune
          si divulga con sigarette e mozziconi brulicanti
          ogni parola ha la forza di un proiettile.
          Nessun suono spara abbastanza per la sordità del tempo
          e questo tempo non risparmia i sogni
          non coltiva martiri e seppellisce gli eroi.
          La propaganda delle risposte imbavagliate
          con i pugni allo stomaco ribelle
          e il vomito dell'odio e del dileggio.
          Figli di una generazione
          canti rubati per niente
          e troppi silenzi nelle bare mute.

          ** riflessione di un estremista degli "anni di piombo"
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Il Natale di Goma

            Palline nere sull'albero dell'indifferenza
            cioccolatini stremati dopo lunghi giorni di cammino
            piccole luci nell'esodo della disperazione.
            Sotto l'albero le mosche come fiocchi sui regali
            sciamano sopra corpi di mamme bambine
            dentro la pelle virgulta del loro amorino.
            Saltano gli occhi rovesciati
            come il miele sulle nostre belle tavole imbandite
            ci riportano in sella al confine dell'odio.
            Passano i pastori di questa cecità
            brandiscono il macete del genocidio
            poi si fanno dimenticare in qualche pagina nascosta di quotidiano.
            Il Natale di Goma.

            ** Città di confine tra Zaire e Ruanda dove un esercito
            di profughi si sposta e vaga senza meta alcuna, in un genocidio
            assurdo tra etnie hutu e tutsi.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Io sogno di vederti dentro me

              Io sogno di vederti dentro me
              e per questo prendo tempo al sonno…
              Allungo il dormiveglia con la mano
              e rincorro la tua forma sul lenzuolo:
              piatto e freddo è il suo orizzonte
              e non c'è il sole della tua presenza.
              Piatto e freddo è il mio rientro
              da una notte passata dentro te.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Il vivere in un attimo
                ogni più piccolo minuto
                atteso nel tempo
                come acqua nel deserto
                la chiave di una vita
                per aprire una porta
                il sibilo di un pensiero
                che attraversa la mente
                la carezza d'uno sguardo
                che si posa su un viso
                la luce di un sorriso
                che irradia una sera
                la forza di un idea
                che scuote un mondo
                la dolcezza di un istante
                che dura in eterno
                la rabbia di una lacrima
                che resta sull'orlo
                il calore di un abbraccio
                il ricordo di una vita
                la tristezza di un'altra
                la perfezione di un momento
                il respiro nella notte
                tranquillo per una volta
                nel vedere le cose nascoste
                le stelle nei tuoi occhi
                illuminano la mia strada

                you are my starshine.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Abdicazione

                  Prendimi fra le braccia, notte eterna,
                  e chiamami tuo figlio.
                  Io sono un re
                  che volontariamente ha abbandonato
                  il proprio trono di sogni e di stanchezze.

                  La spada mia, pesante in braccia stanche,
                  l'ho confidata a mani più virili e calme;
                  lo scettro e la corona li ho lasciati
                  nell'anticamera, rotti in mille pezzi.

                  La mia cotta di ferro, così inutile,
                  e gli speroni, dal futile tinnire,
                  li ho abbandonati sul gelido scalone.

                  La regalità ho smesso, anima e corpo,
                  per ritornare a notte antica e calma,
                  come il paesaggio, quando il giorno muore.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Furtiva mano di un fantasma occulto

                    Furtiva mano di un fantasma occulto
                    fra le pieghe del buio e del torpore
                    mi scuote, e io mi sveglio, ma nel cuore
                    notturno non trovo gesto o volto.

                    Un antico terrore, che insepolto
                    porto nel petto, come da un trono
                    scende sopra di me senza perdono,
                    mi fa suo servo senza cenno o insulto.

                    E sento la mia vita di repente
                    legata con un filo di Incosciente
                    a ignota mano diretta nell'ignoto.

                    Sento che niente sono, se non l'ombra
                    Di un volto imperscrutabile nell'ombra:
                    e per assenza esisto, come il vuoto.
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