Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Capodanno alla stazione
11 e 42
parte l'ultimo treno
come ieri e forse come domani
tu avvolto nel tuo marmo, rimbrotti
i panettoni dondolanti dei pendolari
e il vociare vernacolare dei ferrovieri

11 e 50
il tuo catarro stride sui binari vuoti
nelle rotaie di una vita
e nei piedi di una città assorta
nella nebbia e nell'indifferenza

11 e 57
le righe del tuo volto
volteggiano padrone nel silenzio del vecchio anno
canti felice per spiccioli di serenità
mentre fiocchetti e danzi libero
abbracciando di tenero amore la bottiglia di barbera
e le pupille affogano nel delirio dell'ebbrezza

00. 05

parte il primo fischio
ti alzi gelido, fiaccato
nel sospetto della vita che continua
rovesci le bollicine sulla piattaforma di catrame
poi a terra nuovamente
alla stazione di Milano.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Canto primo

    Quando l'Eterno passeggiò col guardo
    Tutto il creato, diffondendo intorno
    Riso di pace, e fiammeggiar si vide
    Nè cieli il Sole, e rotear le stelle
    Dietro la dolce-radïante Luna
    Tra il fresco vel di solitaria notte,
    E germogliò natura, e al grigio capo
    Degli altissimi monti alberi eccelsi
    Fèro corona, e orrisonando udissi
    L'ampio padre Oceàn fremer da lungi;
    Sin da quel giorno d'aquilon su i vanni
    Scese Giustizia, e i fulmini guizzando
    Al fianco le strideano, i dispersi
    Crini eran cinti d'abbaglianti lampi.
    In alto assisa vide ergersi il fumo
    D'innocuo sangue, che fraterna mano
    Invida sparse, e dagli vacui abissi
    A tracannarlo, e tingersi le guance
    Morte ansante lanciossi: immerse allora
    La Dea nel sangue il brando, e a far vendetta
    Piombò su l'orbe, che tacque e crollò.
    Ma fra le colpe di natura infame
    Brutta d'orrore la tremenda Dea
    Si fè nel viso, e 'l lagrimato manto
    E le aggruppate chiome ad ogni scossa
    Grondavan sangue, e fra gemiti ed ululi
    S'udia l'inferno e la potenza eterna
    Bestemmiando invocati. - A un tratto sparve
    Contaminata la Giustizia fera,
    E al sozzo pondo dell'umane colpe
    Le suo immense bilance cigolaro;
    Balzò l'una alle sfere, e l'altra cadde
    Inabissata nel tartareo centro.

    L'Onnipossente dal più eccelso giro
    Della sua gloria, d'onde tutto move,
    Udì le strida del percosso mondo,
    E al ciel lanciarsi la ministra eterna
    Vide: accennò la fronte, e le soavi
    Arpe angeliche tacquero; e la faccia
    Prostraro i cherubini, e '1 firmamento
    Squassato s'incurvò. - Verrà quel giorno,
    Verrà quel giorno, disse Dio, che all'aere
    Ondeggeranno quasi lievi paglie
    L'audaci moli; le turrite cime,
    D'un astro allo strisciar, cenere e fumo
    Saranno a un tratto; tentennar vedrassi
    Orrisonante la sferrata terra,
    Che stritolata piomberà nel lembo
    D'antiqua notte, fra le cui tenèbre
    E Luna e Sol staran confusi e muti;
    Negro e sanguigno bollirà furente
    Lo spumante Oceàn, rigurgitando
    Dall'imo ventre polve e fracid'ossa,
    Che al rintronar di rantolosa tuba
    Rivestiran lor salma, e quai giganti
    Vedransi passeggiar su le ruine
    Dè globi inabissati! E morte e nulla
    Tutto sarà: precederammi il foco,
    Fia mio soglio Giustizia, e fianmi ancelle,
    Armate il braccio ed infiammato il volto,
    Ira e Paura! Ma Pietà sul mondo
    Scenda sino a quel giorno, e di tremenda
    Giustizia fermi l'instancabil brando.
    Disse; e Pietà, dei Serafin tra mille
    Voci di gaudio, dell'Eterno al trono
    Le ginocchia piegò; stese la palma
    Il Re dei re su la chinata testa,
    E l'unse del suo amor. Udissi allora
    Spontaneamente volteggiar pè cieli
    Inno sacro a Pietà: m'udite attenti
    E terra e mar, e canterò; m'udite,
    Chè questo è un inno che dal ciel discende.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      La Tregua L'occhio non vede
      dove il cuore incespica
      e il palpito incolore s'incaglia sui binari dell'indifferenza.

      La memoria si è affievolita
      imbarbarita e sola
      posta sull'altare del buio.

      Sono segni da restituire
      per la pianta assetata dell'uomo
      per i figli orfani della storia.

      ** il titolo è tratto dall'opera di Primo Levi "La Tregua".
      Molte volte il nostro piccolo occhio e il nostro cuore
      dimentica la sofferenza dell'umanità, tutto viene revisionato,
      anche il nostro ricordo.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Favelas In questo bosco di nullità
        dove il semplice calore dell'alito
        cancella i segni del tempo
        dove la palude
        confina col cielo
        e come birilli le piccole vite per gli squadroni
        sorge nella pece uno scampolo di vita.
        Sono margini d'esistenza
        a cavalcioni sull'inferno
        e all'orizzonte piedi nudi su vetri appuntiti.
        Copri di fango
        i loro occhi frigidi dal freddo
        perché la sabbia di Rio
        si vende a chi trova un altro Brasile.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Don't cry Argentina Don't cry Argentina
          sui tuoi aerei pieni di urla
          sopra corpi scaraventati nel mare
          dal cielo con i tuoi scarponi militari
          don't cry Argentina
          con la coppa del mondo
          innalzata dai sorrisi assassini
          dei tuoi Videla
          don't cry Argentina
          sullo sguardo delle madri
          intorno a piazza Major
          con gli occhi di corpi straziati
          le unghie e la lingua recise della libertà
          dont'cry Argentina
          sulla notte omicida
          della tua storia.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Ma de l'Italia o voi genti future,
            Me vate udite cui divino infiamma
            Libero Genio e ardor santo del vero:
            Di Libertà la non mai spenta fiamma
            Rifulse in Grecia sin al dì che il nero
            Vapor non surse di passioni impure;
            E le mura secure
            Stettero, e l'armi del superbo Serse
            Dai liberi disperse
            Di civico valor fur monumento:
            Ambizïon da le dorate piume
            Sanguinosa le mani,
            E di argento libidine feroce,
            E molli studj, piacer folli e vani
            A libertà cangiar spoglia e costume.
            Itale genti, se Virtù suo scudo
            Su voi non stende, Libertà vi nuoce;
            Se patrio amor non vi arma d'ardimento,
            Non di compre falangi, il petto ignudo,.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              E del Giove terren l'augel battuto
              Drizza a l'aere natìo tarpati i vanni
              E sotto il manto imperïal si cela:
              Ma il vincitor lo inceppa, e gli alemanni
              Colli che borea eternamente gela,
              Senton lo altero vertice premuto
              Dal Guerrier cui tributo
              Offre atterrita dal suo cenno e doma
              La pontificia Roma,
              Dal Guerrier che ad Esperia i lumi terge
              E falla ricca dè tuoi puri doni,
              O Libertà gran dea,
              E l'uom ritorna ne gli antichi dritti
              Che prepotente tirannia premea.
              A vetta a l'Aventin Cesare s'erge
              Tirannic'ombra rabbuffata e fera,
              E mira uscir di Libertà campioni
              Popoli dal suo ardir vinti e sconfitti,
              Ond'alza il brando, e cala la visiera ...
              Ombra esacranda! Torna
              Sitibonda di soglio
              Ove lo stuol dei despoti soggiorna
              Oltre Acheronte a pascerti d'orgoglio:
              Eroe nel campo, di tiran corona
              In premio avesti, or altro eroe ritorna,
              Vien, vede, vince, e libertà ridona.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Del Re dei Re! - Quindi tra il fumo e i lampi
                S'involve in sen di tempestosa nube,
                Che occupa e offusca di Germania il suolo;
                Donde precorsa da mavorzie tube
                Balda rivolge e minacciosa il volo
                L'Aquila, e ingombra di falangi i campi;
                E par che Italia avvampi
                Di foco e guerra, di ruina e morte:
                Nè spezzar sue ritorte
                Osa, nè armarsi del francese usbergo.
                Ma s'affaccia l'Eroe; sieguonlo i prodi
                Repubblicano in fronte
                Nome vantando con il sangue scritto;
                Ecco d'estinti e di feriti un monte,
                Ecco i schiavi aleman ch'offrono il tergo
                E la tricolorata alta bandiera
                In man del Duce che in feral conflitto
                Rampogna, incalza, invita, e in mille modi
                Passa e vola qual Dio di schiera in schiera:
                Pur dubbio è marte; ei dove
                Più dè cavalli l'ugna
                Nel sangue pesta, e sangue schizza e piove,
                E regna morte in più ostinata pugna
                Cò suoi si scaglia, e la fortuna sfida
                Guerriero invitto, e tra le fiamme pugna
                E vince; e Italia libertade grida.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Deh! Mira, come flagellata a terra
                  Italia serva immobilmente giace
                  Per disperazïon fatta secura:
                  Or perché turbi sua dolente pace,
                  E furor matto e improvida paura
                  Le movi intorno di rapace guerra?
                  Piaghe immense rinserra
                  Nel cor profondo; a che piagar suo petto,
                  Forse d'invidia oggetto,
                  Per chi suo gemer da lontan non sente?
                  Ma tu, feroce Dea, non badi e passi,
                  E a l'armi chiami, a l'armi,
                  E al tuon dè bronzi e al fulminar tremendo
                  E a l'ululo guerrier perdonsi i carmi.
                  Cede Sabaudia, e in alto orribilmente
                  Del tuo giovin, Campion splende la lancia;
                  Tutto trema e si prostra anzi i suoi passi,
                  E l'Aquila real fugge stridendo
                  Ferita ne le penne e ne la pancia.
                  Gallia intuona e diffonde
                  Di Libertade il nome
                  E mare e cielo Libertà risponde:
                  L'Angel di morte per le imbelli chiome
                  Squassa ed ostende coronata testa:
                  Libertà! Grida a le provincie dome,
                  Del Re dei folli Re vendetta è questa.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    Offre scampo ai tiranni, e il bel Sebeto
                    Irriga mansueto
                    Le al Vesuvio soggette auree campagne
                    E ricche aduna a usurpator le messi;
                    Abbevera il Ticino
                    Ungari armenti, e l'ospitali arene
                    Non saluta il Panaro in suo cammino;
                    T'ode gridar oltre le sue montagne
                    La subalpina donna e l'elmo allaccia
                    E s'alza e terge i rai nel duol dimessi,
                    Ma le gravano il piè sardo catene,
                    Onde ricade e copresi la faccia;
                    E le a te care un giorno
                    Città nettunie, or fatte
                    Son di mille Dionisj empio soggiorno:
                    Liguria avara contro sè combatte;
                    E l'inerme leon prostrato avventa
                    Nè suoi le zampe e la coda dibatte
                    E gli ammolliti abitator spaventa.
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