Io non invidio ai vati Le lodi e i sacri allori, Nè curo i pregi e gli ori D'un duce o d'un sovran. Saran miei dì beati Se avrò il mio crine cinto Di serto vario-pinto Tessuto di tua man. Saran miei dì beati Se in mezzo a bosco ombroso Il volto tuo vezzoso Godrommi a contemplar. Che bel vederci allora Mille cambiar sembianti, E direi: O cori amanti, Cessate il palpitar!
Scrivo che tu sei bella, Scrivo che tutto è accolto Sul grazïoso volto De' vezzi il roseo stuol. Scrivo che i tuoi dolci occhi Vibran soave foco, Scrivo.... Ma questo è poco Per sì gentil beltà. Chi mai potria le grazie Spiegar di quei colori, Ove si stan gli Amori Come sul loro altar? Dir altro io mai non seppi So non che tanto sei Vezzosa agli occhi miei Ch'altra non sanno amar.
L'anima verso la tua fronte, o calma sorella, dove sogna un autunno sparso di macchie di porpora e verso il cielo errabondo delle tue iridi angeliche, sale, come in un malinconico giardino, fedele un bianco zampillo sospira verso l'Azzurro! - Verso l'Azzurro raddolcito d'Ottobre pallido e puro che specchia il suo languore infinito ai grandi bacini e lascia, sull'acqua morta dov'erra col vento la fulva agonia delle foglie scavando un gelido solco, trascinarsi il sole giallo con obliquo raggio.
Dalle valanghe d'oro del vecchio azzurro, il giorno Primevo e dalla neve immortale degli astri, Un tempo i grandi calici tu ritagliasti intorno, Per la terra ancor giovane, vergine di disastri,
Il gladiolo selvaggio, cigni dal collo fino, E quel divino lauro dell'anime esiliate Vermiglio come l'alluce puro del serafino Che colora un pudore d'aurore calpestate,
Il giacinto ed il mirto, adorato bagliore, E, - simile alla carne della donna, la rosa Crudele, del giardino chiaro Erodiade in fiore, Quella che uno splendente feroce sangue irrora!
Tu facesti il candore dei gigli singhiozzanti Che mari di sospiri sorvola dolcemente E per l'azzurro incenso dei pallidi orizzonti In sogno lento sale alla luna piangente!
Osanna sopra il sistro e dentro l'incensiere, Nostra Signora, osanna da questi nostri limbi! E si disperda l'eco nelle celesti sere, Estasi degli sguardi, scintillio dei nimbi!
O Madre, che creasti nel seno giusto e forte, Calici in sé cullanti una futura essenza, Grandi corolle con la balsamica Morte Per lo stanco poeta roso dall'esistenza.
Principessa! A invidiare d'un'Ebe la ventura Che ai labbri e al vostro bacio spunta sulla tazzina, Consumo gli occhi, ma la discreta figura Mia d'abate neppure starebbe sul piattino.
Poi ch'io non sono il tuo cagnolino barbuto, Né il dolce, né il rossetto, né giuochi birichini, E su di me il tuo sguardo chiuso io so caduto, Bionda cui acconciarono orefici divini!
Sceglieteci... tu cui le risa di lampone Si congiungono in gregge come agnellette buone Brucando in tutti i voti, belando paradisi;
Affinché Amore alato d'un ventaglio sottile Mi vi pinga col flauto mentre addormo l'ovile, Principessa, sceglieteci pastor dei tuoi sorrisi.
Intristiva la luna. Serafini in lacrime sognando, l'archetto alzato nella calma dei fiori vaporosi, rapivano da morbide viole bianchi singhiozzi, in un glissando sull'azzurro delle corolle. - Ed era quello il giorno benedetto del tuo primo bacio. Alla mia fantasia piacendo un martirio s'inebriava sapiente di quel profumo di tristezza che lascia anche senza disagio o rimpianto il cogliere un Sogno all'anima che l'ha colto. Dunque vagavo, l'occhio fitto al selciato consunto, quando col sole dentro i capelli, nella via, nella sera tu m'apparisti ridente e credetti vedere la fata dal cappello di luce che un tempo sui miei bei sonni di bimbo viziato passava, lasciando sempre dalle sue mani dischiuse fioccare bianchi mazzetti di stelle odorose.
Vede perfettamente onne salute chi la mia donna tra le donne vede; quelle che vanno con lei son tenute di bella grazia a Dio render merzede. E sua bieltate è di tanta vertute, che nulla invidia a l'altre ne procede, anzi le face andar seco vestute di gentilezza, d'amore e di fede. La vista sua fa onne cosa umile; e non fa sola sé parer piacente, ma ciascuna per lei riceve onore. Ed è ne li atti suoi tanto gentile, che nessun la si può recare a mente, che non sospiri in dolcezza d'amore.
Perché ti vedi giovinetta e bella, tanto che svegli ne la mente Amore, pres'hai orgoglio e durezza nel core. Orgogliosa sè fatta e per me dura, po' che d'ancider me, lasso, ti prove: credo che 'l facci per esser sicura se la vertù d'Amore a morte move. Ma perché preso più ch'altro mi trove, non hai respetto alcun del mì dolore. Possi tu spermentar lo suo valore.