Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Rammarico

Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone?
Verso Occidente, o dolce madre Aurora,
da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s'alza e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall'azzurro la grand'Orsa,
e sta nell'arme fulgido Orione.
Come più lieta la tua vista, quando
un poco accenni delle rosee dita;
e la greggia s'avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incìta,
canta lassù la lodola - apparita
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone! -.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    La cavalla storna

    Nella Torre il silenzio era già alto.
    Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
    I cavalli normanni alle lor poste
    frangean la biada con rumor di croste.
    Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
    nata tra i pini su la salsa spiaggia;
    che nelle froge avea del mar gli spruzzi
    ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
    Con su la greppia un gomito, da essa
    era mia madre; e le dicea sommessa:
    "O cavallina, cavallina storna,
    che portavi colui che non ritorna;
    tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
    Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
    il primo d'otto tra miei figli e figlie;
    e la sua mano non toccò mai briglie.
    Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
    tu dai retta alla sua piccola mano.
    Tu ch'hai nel cuore la marina brulla,
    tu dai retta alla sua voce fanciulla".
    La cavalla volgea la scarna testa
    verso mia madre, che dicea più mesta:
    "O cavallina, cavallina storna,
    che portavi colui che non ritorna;
    lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
    Con lui c'eri tu sola e la sua morte.
    O nata in selve tra l'ondate e il vento,
    tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
    sentendo lasso nella bocca il morso,
    nel cuor veloce tu premesti il corso:
    adagio seguitasti la tua via,
    perché facesse in pace l'agonia... "
    La scarna lunga testa era daccanto
    al dolce viso di mia madre in pianto.
    "O cavallina, cavallina storna,
    che portavi colui che non ritorna;
    oh! Due parole egli dové pur dire!
    E tu capisci, ma non sai ridire.
    Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
    con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
    con negli orecchi l'eco degli scoppi,
    seguitasti la via tra gli alti pioppi:
    lo riportavi tra il morir del sole,
    perché udissimo noi le sue parole".
    Stava attenta la lunga testa fiera.
    Mia madre l'abbracciò su la criniera
    "O cavallina, cavallina storna,
    portavi a casa sua chi non ritorna!
    A me, chi non ritornerà più mai!
    Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
    Tu non sai, poverina; altri non osa.
    Oh! ma tu devi dirmi una cosa!
    Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
    esso t'è qui nelle pupille fise.
    Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
    E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
    Ora, i cavalli non frangean la biada:
    dormian sognando il bianco della strada.
    La paglia non battean con l'unghie vuote:
    dormian sognando il rullo delle ruote.
    Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
    disse un nome... Sonò alto un nitrito.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Canzone di nozze

      Guardi la vostra casa sopra un rivo,
      sopra le stipe, sopra le ginestre;
      ed entri l'eco d'un gorgheggio estivo
      dalle finestre.
      Dolce dormire con nel sogno il canto
      dell'usignuolo! E sian sotto la gronda
      rondini nere. Dolce avere accanto
      chi vi risponda,
      sul far dell'alba, quando voi direte
      pian piano: È vero che non s'è più soli?
      Sì, sì, diranno, vero ver... Che liete
      grida! Che voli!
      Sul far dell'alba, quando tutto ancora
      sembra dormir dietro le imposte unite!
      Sembra, e non è. Voi sì, forse, in quell'ora,
      madri, dormite.
      Sognate biondo: nelle vostre teste
      non un fil bianco: bianche, nel giardino,
      sono, sì, quelle ch'ora vi tendeste,
      fascie di lino.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Il gelsomino notturno

        E s'aprono i fiori notturni
        nell'ora che penso à miei cari.
        Sono apparse in mezzo ai viburni
        le farfalle crepuscolari.

        Da un pezzo si tacquero i gridi:
        l sola una casa bisbiglia.
        Sotto l'ali dormoni i nidi,
        come gli occhi sotto le ciglia.

        Dai calici aperti si esala
        l'odore di fragole rosse.
        Splende un lume la nella sala.
        Nasce l'era sopra le fosse.

        Un'ape tardiva sussurra
        trovando già prese le celle.
        La Chioccetta per l'aia azzurra
        va col suo pigolio di stelle.

        Per tutta la notte s'esala
        l'odore che passa col vento.
        Passa il lume su per la scala;
        brilla al primo piano: s'è spento...

        È l'alba: si chiudono i petali
        un poco gualciti; si cova,
        dentro l'urna molle e segreta,
        non so che felicità nuova.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Lessi la mia sentenza con fermezza

          Lessi la mia sentenza con fermezza -
          la controllai per essere sicura
          di non aver frainteso
          nella clausola finale
          la data e la forma della vergogna -
          e poi la frase
          "Dio abbia misericordia" dell'anima -
          i giurati si espressero così.

          Cercai di abituare la mia anima
          alla sua fine, perché in quel momento
          non le sembrasse estranea l'agonia -
          ma lei e la morte, fatta conoscenza,
          s'incontrassero tranquille, come amiche -
          salutandosi e passando senza un cenno -
          e lì si concludesse la faccenda.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Canzone del carceriere

            Dove vai bel carceriere
            Con quella chiave macchiata di sangue
            Vado a liberare la mia amata
            Se sono ancora in tempo
            L'avevo chiusa dentro
            Teneramente crudelmente
            Nella cella del mio desiderio
            Nel più profondo del mio tormento
            Nelle menzogne dell'avvenire
            Nelle sciocchezze del giuramento
            Voglio liberarla
            Voglio che sia libera
            E anche di dimenticarmi
            E anche di lasciarmi
            E anche di tornare
            E di amarmi ancora
            O di amare un altro
            Se un giorno le va a genio
            E se resto solo
            E lei sarà andata via
            Io serberò soltanto
            Serberò tuttavia
            Nel cavo delle mani
            Fino alle ultime mie ore
            La dolcezza dei suoi seni plasmati dall'amore.
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