Impossibile dormire la notte qui a Varna impossibile dormire per via di queste stelle che son troppe troppo lucide troppo vicine per via del mormorio sul greto dell'ode morte il loro sussurro le loro perle i loro ciottoli le alghe salate per via del rumore di un motore sul mare come un cuore che batte per via dei fantasmi venuti da Istanbul sorti dal Bosforo che invadono la stanza gli occhi verdi dell'uno le manette ai polsi dell'altro un fazzoletto nelle mani del terzo un fazzoletto che sa di lavanda.
Impossibile dormire la notte qui a Varna, mio amore, qui a Varna, all'albergo Bor.
Tra 4 giorni sarò a Mosca. Questa separazione non è che una strada sotto la pioggia. Arriveranno notizie, mi tufferò, correndo, verso nuove scelte. Tra 4 giorni sarò a Mosca. A Mosca è primavera, me l'hai detto al telefono. Anche questa separazione finisce, grazie al cielo. Ritorno. In me non c'è che la notte di questa separazione. In me la tua solitudine. Solitudine: pane di ricordi che non sazia. A Berlino, nella mia stanza d'albergo, brilla il sole. A Berlino c'è il bisbiglio inzuppato degli uccelli - stamattina è piovuto - e poi i tram, e il tempo. Non si decide a muoversi il tempo. È rigido, gelato. Si potrebbe appenderlo a un chiodo, il tempo. E tagliarlo col coltello. Sono in una prigione, col più spietato degli aguzzini : il tempo. A Berlino nella mia stanza è pieno di sole. E tra 4 giorni sarò all'aeroporto. Nell'azzurro.
La vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti e quattro camminiamo fianco a fianco senza parlarci
ciascuno cammina solo ma siamo l'uno a fianco dell'altro
che cosa non avremmo dato gli uni e gli altri per non sentire il rumore dei passi gli uni degli altri
dentro di noi abbiamo pietà imprechiamo gli uni contro gli altri ma ci amiamo perché non crediamo gli uni negli altri
che cosa non avremmo dato per arrivare a un incrocio e infilare presto quattro strade diverse ma non so se uno di noi morisse se quelli che restano sarebbero contenti
la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti e quattro camminiamo fianco a fianco
la notte prendiamo il tram i tram che non sappiamo dove vadano
la notte i tram puliti larghi a tre vagoni ci portano in qualche luogo con stridori sferragliamenti
a un tratto si levano davanti a noi dei muri bruciati e sotto il riverbero dei lampioni marciano diritti e testardi verso di noi
delle finestre appaiono davanti a noi e vengono in folla verso di noi schiaciandosi l'una con l'altra
finestre che non hanno nè vetri nè infissi che non sono finestre delle stanze degli uomini ma finestre del vuoto
passiamo davanti alle porte senza battenti le porte che aprono su nulla
sui marciapiedi degli uomini con tre punti sopra il bracciale aspettano il tram
sono appoggiati sui loro bastoni dalle punte di gomma
non so se tutti i muti sono anche dei sordi ma certo la maggior parte dei ciechi sono dei ciechi con gli occhi aperti e le luci dei tram cadono nei loro occhi aperti ma loro non si rendono conto che la luce cade nei loro occhi
vecchie bigliettaie stanche fanno salire i ciechi sui tram
donne che mi avete guidato teneramente tenendomi per mano
a quasi tutte voi non ho dato che qualche poesia e forse un po' di tristezza
sono grato a voi tutte
traversiamo le tenebre degli spiazzi vuoti dove crescono i ciuffi d'erbacce
i tram traversano le piazze i cui palazzi barocchi sono distrutti
e le pietre bruciate spezzate si somigliano talmente che la testa ci gira e giriamo in tondo
questa città è tutta bucata perché ha mandato i suoi soldati a distruggere altre città
ho visto città rase al suolo avevano mandato i loro soldati a distruggere altre città e i soldati delle altre città le avevano rase al suolo
ho visto città che preparavano i loro soldati per mandarli a distruggere altre città ed essere distrutte esse stesse
dei violinisti salgono in tram con le scatole dei violini sotto il braccio e i loro lunghi capelli tristi non riescono a nascondere la loro calvizie
questo agosto è forse l'ultimo agosto del mondo ha chiesto uno dei violinisti alla bigliettaia in una lingua che non conosco sulle piattaforme dei tram ci sono dei giovani in collera
credo ch'essi stessi non sappiano perché e contro chi sono in collera
che ora sarà adesso all'Avana amore mio sarà notte o giorno
le ragazze scendono dai tram
le loro gambe sono abbastanza ben fatte
senza fare un gesto seduto dove sono le seguo e sotto il ponte di pietra sento vicinissimo al mio viso il calore delle loro bocche e volto la testa a una giovane donna che mi tocca la spalla senza ch'io sappia dov'è
i suoi capelli son paglia d'oro le sue ciglia azzurre
il suo collo bianco è lungo e rotondo
alle fermate vecchie donne terribili con cappelli di paglia nera traversano le rotaie tenendosi per mano
l'uomo seduto alla mia destra s'è inabissato dentro se stesso s'è perduto dentro se stesso
è così lo so è così che la vecchiaia comincia
tuttavia non è in mio potere non cadere nelle onde tristi
così comincia la vecchiaia
l'uomo seduto alla mia destra è caduto ancora nelle onde tristi
alla porta del deposito siamo scesi dall'ultimo tram
rientriamo a piedi
tutti e quattro
la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia
quando arriviamo all'albergo il sole comincia a spuntare
Sono nato nel 1902 non sono più tornato nella città natale non amo i ritorni indietro quando avevo tre anni abitavo Alep con mio nonno pascià a 19 anni studiavo a Mosca all'università comunista a 49 ero a Mosca di nuovo ospite del comitato centrale del partito comunista e dall'età di 14 anni faccio il poeta alcuni conoscon bene le varie specie delle piante altri quelle dei pesci io conosco le separazioni alcuni enumerano a memoria i nomi delle stelle io delle nostalgie ho dormito in prigioni e anche in alberghi di lusso ho sofferto la fame compreso lo sciopero della fame e non c'è quasi pietanza che non abbia assaggiata quando avevo trent'anni hanno chiesto la mia impiccagione a 48 mi hanno proposto per la medaglia della Pace e me l'hanno data a 36 ho traversato in sei mesi i quattro metri quadrati di cemento della segregazione cellulare a 59 sono volato da Praga all'Avana in diciotto ore ero di guardia davanti alla bara di Lenin nel '24 e il mausoleo che visito sono i suoi libri han provato a strapparmi dal mio Partito e non ci son riusciti e non sono rimasto schiacciato sotto gl'idoli crollati nel 51 con un giovane compagno ho camminato verso la morte nel 52 col cuore spaccato ho atteso la morte per quattro mesi sdraiato sul dorso sono stato pazzamente geloso delle donne ch'ho amato non ho invidiato nemmeno Charlot ho ingannato le mie donne non ho sparlato degli amici dietro le loro spalle ho bevuto ma non sono stato un bevitore ho sempre guadagnato il mio pane col sudore della mia fronte che felicità mi sono vergognato per gli altri e ho mentito ho mentito per non far pena agli altri ma ho anche mentito senza nessun motivo ho viaggiato in treno in areoplano in macchina i più non possono farlo sono stato all'Opera i più non ci vanno non sanno nemmeno che cosa sia e dal '21 non sono entrato in certi luoghi frequentati dai più la moschea la sinagoga la chiesa il tempio i maghi le fattucchiere ma mi è capitato di far leggere la mia sorte nei fondi di caffè le mie poesie sono pubblicate in trenta o quaranta lingue ma nella mia Turchia nella mia lingua turca sono proibite il cancro non l'ho ancora avuto non è necessario che l'abbia non sarò primo ministro d'altronde non ne ho voglia anche non ho fatto la guerra non sono sceso nei ricoveri nel mezzo della notte non ho camminato per le vie sotto gli aerei in picchiata ma verso i sessant'anni mi sono innamorato in una parola compagni anche se oggi a Berlino sono sul punto di crepar di tristezza posso dire di aver vissuto da uomo e quanto vivrò ancora e quanto vedrò ancora chi sa.
Da una parte gli aguzzini ci separano come un muro. Dall'altra questo cuore sciagurato mi ha fatto un brutto scherzo, mio piccolo, mio Mehmet, forse il destino m'impedirà di rivederti. Sarai un ragazzo, lo so, simile alla spiga di grano: biondo, snello, alto di statura. Ero così quand'ero giovane. I tuoi occhi saranno vasti come quelli di tua madre, con dentro talvolta uno strascico amaro di tristezza. Avrai una bella voce, la mia era atroce. La tua fronte sarà chiara. Le canzoni che canterai spezzeranno i cuori. Sarai un conversatore brillante. In questo ero maestro anch'io, quando la gente non m'irritava i nervi. Dalle tue labbra colerà il miele. Ah Mehmet, quanti cuori spezzerai! Non dare pena a tua madre. Tua madre, forte e dolce come la seta, sarà bella anche all'età delle nonne, come il primo giorno che la vidi. Aveva 17 anni, sulle rive del Bosforo. Era il chiaro di luna, era il chiaro del giorno, era simile a una susina dorata. Tua madre un giorno, come al solito, ci siamo lasciati: a stasera! Era per non rivederci mai più. Tua madre nella sua bontà la più saggia delle madri. Non ho paura di morire, figlio mio. Eppure malgrado tutto a volte trasalisco di colpo. Contare i giorni difficile. Non ci si può saziare della vita, Mehmet, non ci si può saziare. Non vivere a questo mondo come un inquilino. Vivi su questa terra come se fosse la casa di tuo padre. La nostra terra, la Turchia, un bel paese tra gli altri paesi, e i suoi uomini, quelli di buona lega, sono lavoratori pensosi e coraggiosi e atrocemente miserabili. Tu, il futuro, lo vedrai coi tuoi occhi, lo toccherai con le tue mani. Io forse morirò lontano dalla mia lingua, dalle mie canzoni, dal mio sale, dal mio pane, sentendo la nostalgia di tua madre e di te. Mehmet, piccolo mio, me ne vado. Sono calmo. La vita che si disperde in me si ritroverà in te, per lungo tempo.
Che sta facendo adesso adesso, in questo momento? È a casa? Per la strada? Al lavoro? In piedi? Sdraiata? Forse sta alzando il braccio? Amor mio come appare in quel movimento il polso bianco e rotondo! Che sta facendo adesso adesso, in questo momento? Un gattino sulle ginocchia Lei lo accarezza. O forse sta camminando ecco il piede che avanza. Oh i tuoi piedi che mi son cari che mi camminano sull'anima che illuminano i miei giorni bui! A che pensa? A me? O forse... chi sa ai fagioli che non si cuociono. O forse si domanda perché tanti sono infelici sulla terra. Che sta facendo adesso adesso, in questo momento?
Nuotano nel boccale, i pesci di corallo nel boccale, in mezzo alle stelle, com'è bizzarro, mia rosa, com'è bizzarro la stupidità dei pesci di corallo sanguina dalla ferità di tante canzoni.
Anche questa mattina mi sono svegliato e il muro la coperta i vetri la plastica il legno si sono buttati addosso a me alla rinfusa e la luce d'argento annerito della lampada
mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram e il giallo della parete e tre righe di scritto e la camera d'albergo e questo paese nemico e la metà del sogno caduta da questo lato s'è spenta
mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto e la nostra separazione e quello che siamo
Guardo in ginocchio la terra guardo l'erba guardo l'insetto guardo l'istante fiorito e azzurro sei come la terra di primavera, amore, io ti guardo.
Sdraiato sul dorso vedo il cielo vedo i rami degli alberi vedo le cicogne che volano sei come il cielo di primavera, amore, io ti vedo.
Ho acceso un fuoco di notte in campagna tocco il fuoco tocco l'acqua tocco la stoffa e l'argento sei come un fuoco di bivacco all'addiaccio io ti tocco.
Sono tra gli uomini amo gli uomini Amo l'azione Amo il pensiero Amo la mia lotta Sei un essere umano nella mia lotta Ti amo.
Le sei del mattino. Ho aperto la porta del giorno ci sono entrato ho assaporato l'azzurro nuovo nelle finestre le rughe della mia fronte di ieri sono rimaste sullo specchio
sulla mia nuca una voce di donna tenera peluria di pesca e le notizie del mio paese alla radio
vorrei correre d'albero in albero nel frutteto delle ore
verrà il tramonto, mia rosa e al di là della notte mi aspetterà spero il sapore di un nuovo azzurro.