"Di rado troviamo", dice Salomone Allocco, "una mezza idea nel più profondo sonetto. Attraverso i suoi sottili espedienti scorgiamo agevolmente, come in un berretto di Napoli - ciarpame! Robaccia! - come può portarlo una signora? E più pesa, però, della vostra stoffa petrarchesca - piumate assordità che un lieve soffio disperde e ammucchia in cartaccie sol che l'esaminiate". E Salomome ha invero ragione. I soliti versi tuchermaniani sono bubbole notorie - effimere e così trasparenti - ma questa mia, ora - potete esserne certa - è solida, nitida, immortale - e tutto questo a causa dei cari nomi che vi sono celati.
Un tempo sorrideva silenziosa una piccola valle dove nessuno più abitava: la gente era partita per le guerre, affidando ai miti occhi delle stelle, a notte, dalle alte torri azzurre, la custodia di quei fiori, sopra i quali, per tutto il giorno, pigramente indugiava la rossa luce del sole. Ora invece al viandante che di lì passasse si mostrerebbe il tristo stato di quella valle. Nulla è ora lì che stia senza un moto: nulla, tranne l'aria che immobile sovrasta su quella magica solitudine. Oh, non un soffio più sommuove quelle fronde, che ora palpitano come gelide onde d'intorno alle nebbiose, lontane Ebridi! Oh, non un vento sospinge quelle nuvole, che con gravezza si spostano nel cielo inquieto, dal chiaro mattino fino a sera, sui fitti campi delle viole non colte - miriadi d'occhi umani d'ogni foggia - e sui gigli che ondeggiano e gemono sopra una tomba che non ha nome! Ondeggiano: dalle cime profumate rugiade cadono in gocciole immortali. Gemono: dagli steli delicati discendono gemme d'eterne lacrime.
Il giorno più felice Il giorno più felice - l'ora più felice questo mio inaridito cuore ha già conosciuto; ogni più alta speranza di trionfo e d'orgoglio sento ch'è fuggita via.
Trionfo? Oh sì, così fantasticavo; ma da gran tempo svanirono ormai le visione di quel mio giovanile tempo - e sia pur così.
E quanto a te, orgoglio, che dirti? Erediti pure un'altra fonte quel veleno che approntasti per me - Ora acquietati, o mio spirito.
Il giorno più felice - l'ora più felice - che quest'occhi avrebbero visto - hanno già visto, il rifulgente sguardo di trionfo e d'orgoglio sento che è spento ormai.
Ma mi fosse pur riofferta quella speranza di trionfo e d'orgoglio, e con la pena che allora avvertivo - quella fulgente ora io non vorrei riviverla:
giacché oscure scorie erano su quelle ali e, al loro agitarsi, una maligna essenza ne pioveva - fatale per un'anima che già l'ha conosciuta.
Fanciullo, io già non ero come gli altri erano, né vedevo come gli altri vedevano. Mai derivai da una comune fonte le mie passioni - né mai, da quella stessa, i miei aspri affanni. Né il tripudio al mio cuore io ridestavo in accordo con altri. Tutto quello che amai, io l'amai da solo. Allora - in quell'età - nell'alba d'una procellosa vita - fu derivato da ogni più oscuro abisso di bene e male il mistero che ancora m'avvince - dai torrenti e dalle sorgenti - dalla rossa roccia dei monti - dal sole che d'intorno mi ruotava nelle sue dorate tinte autunnali - dal celeste baleno che daccano mi guizzava - dal tuono e dalla tempesta - e dalla nuvola che forma assumeva (mentre era azzurro tutto l'altro cielo) d'un demone alla mia vista -.
Ti vidi nel tuo giorno nuziale e t'invase una vampata di rossore, quantunque felicità ti brillasse d'intorno e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.
E il baleno che s'accese nei tuoi occhi (quale ch'esso fosse per me), fu quando alla Beltà di più conforme potesse svelarsi alla mia vista dolente.
Fu quel rossore, credo, pudore di fanciulla - e ben si comprende che così fosse. Ma un più fiero incendio quel baleno sollevò - ahimè! - nel petto di colui
che ti vide nel tuo giorno nuziale, allorché ti sorprese quell'acceso rossore, quantunque felicità ti brillasse d'intorno e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.
La stella della sera L'estate era al suo meriggio, e la notte al suo colmo; e ogni stella, nella sua propria orbita, brillava pallida, pur nella luce della luna, che più lucente e più fredda, dominava tra gli schiavi pianeti, nei cieli signora assoluta - e, col suo raggio, sulle onde. Per un poco io fissai il suo freddo sorriso; oh, troppo freddo - troppo freddo per me! Passò, come un sudario, una nuvola lanugiosa, e io allora mi volsi a te orgogliosa stella della sera, alla tua remota fiamma, più caro avendo il tuo raggio; giacché più mi allieta l'orgogliosa parte che in cielo svolgi a notte, e di più io ammiro il tuo fuoco distante che non quella fredda, consueta luce.
Cacciari: il fascismo è lontano Occhetto: il fascismo è vicino Cacciari: ma dove lo vedi? Occhetto: là, sul falsopiano Cacciari: ma è solo un puntino Occhetto: ma è enorme, sciocchino Cacciari: è una nuvola bassa Occhetto: è una squadraccia Scusate se interrompo la conversazione disse il capo del plotone d'esecuzione.
Metà segreteria soviet o comitato ai cani sciolti, al volontariato ai centri sociali, agli operai a chi non molla mai a chi fa opposizione anche se non è inquadrato dalle direttive prese, dalle telecamere accese.
I giudici se vogliono giudicare bisogna che si facciano eleggere i giornalisti se vogliono scrivere non devono criticare i sindacalisti devono alzarsi in piedi quando mi vedono entrare l'opposizione non deve opporsi se no non vale e insomma una buona volta lasciatemi lavorare ho sei ville in Sardegna e le bollette da pagare e forse dovrei farmi ricoverare Mi consenta mi consenta senta c'è troppa anomalia in questa società violenta
I giudici se vogliono restare non ci devono arrestare la stampa estera l'Italia non la deve riguardare e io a casa mia mangio con chi mi pare e insomma Bettino smettila di telefonare più di quello che ho fatto proprio non lo posso fare ho sei televisioni sulle spalle da mantenere e forse mi dovrei far ricoverare Mi consenta mi consenta senta c'è troppa finanza in questa società violenta
E i tre saggi se sono saggi non si devono impicciare e la Rai deve essere complementare e perdio spiegatemi cosa vuol dire complementare e non dite che non so l'italiano che mi fate incazzare e i giudici i processi li devono stipulare e i giornalisti non devono esageracerbare e forse mi dovrei far ricoverare Mi consenta mi consenta senta c'è troppa poca Fininvest in questa società violenta
E i giudici si alzino in piedi prima di giudicare e se la mafia mi vota cosa ci posso fare e il milione di posti l'avevo detto per scherzare e voglio tremila guardie del corpo che mi devono guardare e un ritratto di sei metri vestito da imperatore e che sono fascista non me lo dovete dire e i giornalisti prima di scrivere si facciano eleggere e i rigori contro il Milan non li dovete dare e gli agit-prop vadano in Russia ad agitproppare e non chiamatemi Bokassa o vi faccio fucilare e i giudici il paese non lo possono sventrare e a me gli avvisi di garanzia non li dovete mandare e forse mi dovrei un po' calmare ma se io sono Dio cosa ci posso fare Mi consenta mi consenta senta no c'è più religione in questa società violenta.