Le migliori poesie inserite da Sir Jo Black

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Scritta da: Sir Jo Black

Sul piazzale

Guardo il vuoto intorno.

Sento il silenzio lasciato dalle auto
che passano.

Sento il silenzio lasciato dalle persone
che passano.

Osservo le attese...
Io non attendo.

Non attendo in questa piazza
piena di vuoto.

Vorrei rubare sorrisi
per metterli sul viso:
triste.

Vorrei lasciare sorrisi
agli occhi di chi attende
nel vuoto,
ma non ne ho più.

Vorrei regalare speranze
a chi attende nel vuoto,
ma le mie sono sabbia.

Sabbia
che il vento spande,
inutile sulla piazza.

Nessuno che regali:
un sorriso
una speranza?
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    Scritta da: Sir Jo Black

    Notte oscura

    Notte oscura...
    Di pianto e sangue
    coprono il cielo nuvole basse.

    Senza respiro...
    Di ansia e ghiaccio
    taglia la gola dolorosa lama.

    Infame tempo...
    Di gelo e morte
    abbatte la falce grigio destino.

    Ferito cuore...
    Con vita e forza
    alzerà luminosa spada anima mia.

    Vitale energia...
    Di lama contro lama
    seminerà schegge lacerante urlo.

    Vittoria o infamia sarà,
    mille scintille riempiranno il cielo:
    nuove stelle a color di questa notte scura,
    nuove dolenti speranze ai cuori tesi al cielo.
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      Scritta da: Sir Jo Black

      Come quando amore non c'è

      Come quando amore non c'è
      guardo l'azzurro del cielo,
      sento infame primavera d'assenze.
      Non esce dal cuore
      il pegno che hai lasciato:
      voce muta.
      Il tuo silenzio:
      parole, abbracci, baci, carezze,
      amore svanito.
      Primavera, vuota di te,
      che volevo sigillo di noi!
      Ancora guardo al nostro cielo.
      È assenza del tuo sapore.
      Mi manchi!
      Composta lunedì 18 aprile 2011
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        Scritta da: Sir Jo Black

        Il paese dei bugiardi

        C'era una volta, là
        dalle parti di Chissà,
        il paese dei bugiardi.
        In quel paese nessuno
        diceva la verità,
        non chiamavano col suo nome
        nemmeno la cicoria:
        la bugia era obbligatoria.

        Quando spuntava il sole
        c'era subito uno pronto
        a dire: "Che bel tramonto!"
        Di sera, se la luna
        faceva più chiaro
        di un faro,
        si lagnava la gente:
        "Ohibò, che notte bruna,
        non ci si vede niente".

        Se ridevi ti compativano:
        "Poveraccio, peccato,
        che gli sarà mai capitato
        di male?"
        Se piangevi: "Che tipo originale,
        sempre allegro, sempre in festa.
        Deve avere i milioni nella testa".
        Chiamavano acqua il vino,
        seggiola il tavolino
        e tutte le parole
        le rovesciavano per benino.
        Fare diverso non era permesso,
        ma c'erano tanto abituati
        che si capivano lo stesso.

        Un giorno in quel paese
        capitò un povero ometto
        che il codice dei bugiardi
        non l'aveva mai letto,
        e senza tanti riguardi
        se ne andava intorno
        chiamando giorno il giorno
        e pera la pera,
        e non diceva una parola
        che non fosse vera.
        Dall'oggi al domani
        lo fecero pigliare
        dall'acchiappacani
        e chiudere al manicomio.
        "È matto da legare:
        dice sempre la verità".
        "Ma no, ma via, ma và..."
        "Parola d'onore:
        è un caso interessante,
        verranno da distante
        cinquecento e un professore
        per studiargli il cervello..."
        La strana malattia
        fu descritta in trentatré puntate
        sulla "Gazzetta della bugia".

        Infine per contentare
        la curiosità
        popolare
        l'Uomo-che-diceva-la-verità
        fu esposto a pagamento
        nel "giardino zoo-illogico"
        (anche quel nome avevano rovesciato...)
        in una gabbia di cemento armato.

        Figurarsi la ressa.
        Ma questo non interessa.
        Cosa più sbalorditiva,
        la malattia si rivelò infettiva,
        e un po' alla volta in tutta la città
        si diffuse il bacillo
        della verità.
        Dottori, poliziotti, autorità
        tentarono il possibile
        per frenare l'epidemia.
        Macché, niente da fare.
        Dal più vecchio al più piccolino
        la gente ormai diceva
        pane al pane, vino al vino,
        bianco al bianco, nero al nero:
        liberò il prigioniero,
        lo elesse presidente,
        e chi non mi crede
        non ha capito niente.
        Composta lunedì 14 novembre 2011
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          Scritta da: Sir Jo Black

          Quasi sera

          Quasi sera,
          e tu eri con me,
          eravamo seduti
          accanto al mare.

          Quasi sera,
          e là, sopra la sabbia,
          c'erano ancora i segni
          del nostro amore.

          Ricordo
          che tu mi parlavi,
          io stavo guardando
          una vela passare:
          era bianca,
          era gonfia di vento,
          era l'ultima vela:
          era ormai quasi sera.

          Quasi sera...
          e non ricordo altro,
          né la voce che avevi,
          né il nome che avevi.

          Quasi sera...
          e poi non t'ho più vista,
          non ho mai più saputo
          di te, della tua vita.

          Ricordo
          di noi soprattutto
          la vela bianca che a un tratto
          sfiorò il nostro amore:
          era bianca,
          e dopo un momento
          io la stavo cercando
          ma non c'era che il vento.
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            Scritta da: Sir Jo Black

            Muoio volentieri, a volte

            Muoio volentieri, a volte:
            quando vomita dolore il cuore,
            schiacciate bruciano speranze
            sotto strade infami,
            catrame che mangia sogni.

            Muoio volentieri, a volte:
            quando il tempo urla nel vuoto,
            schiacciate nell'anima parole
            dietro persiane amare
            chiuse verso il sentire.
            Composta sabato 16 febbraio 2013
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              Scritta da: Sir Jo Black

              Ancora gioca a vivere

              Ancora gioca a vivere,
              mentre morto ride.

              Tenta d'offrir mani,
              ma tremano,
              sfugge il mondo.
              Malferme dita
              non prendono gioia.

              Guardano il cielo occhi
              piegati,
              peso di sale non speso,
              lontano spazio
              irraggiungibile
              ché frante spalle
              non più s'alzano.

              Ancora gioca a vivere,
              mentre morto ride.

              Sui cocci di vita caduta
              ginocchia dolenti.
              Ed il cuore aspetta
              ancora, sempre,
              l'ultimo battito
              prima del buio.

              Un uomo solo
              senza una vita.
              Composta lunedì 27 ottobre 2014
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