Poesie inserite da Eclissi

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Scritta da: Eclissi

Cos'era

Era impossibile da immaginare, impossibile
da non immaginare; la sua azzurrezza, l'ombra che lasciava,
che cadeva, riempiva l'oscurità del proprio freddo,
il suo freddo che cadeva fuori da se stesso, fuori da qualsiasi idea
di sé descrivesse nel cadere; un qualcosa, una minuzia,
una macchia, un punto, un punto in un punto, un abisso infinito
di minuzia; una canzone, ma meno di una canzone, qualcosa che
affoga in sé, qualcosa che va, un'alluvione di suono, ma meno
di un suono; la sua fine, il suo vuoto,
il suo tenero, piccolo vuoto che colma la sua eco, e cade,
e si alza, inavvertito, e cade ancora, e così sempre,
e sempre perché, e solo perché, essendo stato, era...

Era l'inizio di una sedia;
era il divano grigio; era i muri,
il giardino, la strada di ghiaia; era il modo in cui
i ruderi di luna le crollavano sulla chioma.
Era quello, ed era altro ancora; era il vento che azzannava
gli alberi; era la congerie confusa di nubi, la bava
di stelle sulla riva. Era l'ora che pareva dire
che se sapevi in che punto esatto del tempo si era, non avresti
mai più chiesto nulla. Era quello. Senz'altro era quello.
Era anche l'evento mai avvenuto – un momento tanto pieno
che quando se ne andò, come doveva, nessun dolore riusciva
a contenerlo. Era la stanza che pareva la stessa
dopo tanti anni. Era quello. Era il cappello
dimenticato da lei, la penna che lei lasciò sul tavolo.
Era il sole sulla mia mano. Era il caldo del sole. Era come
sedevo, come attendevo per ore, per giorni. Era quello. Solo quello.
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    Scritta da: Eclissi

    Mare nero

    Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito
    le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo
    fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa,
    il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire
    come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga
    notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l'avvicinarsi
    di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino,
    le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare,
    e l'oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava.
    La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo
    su quell'altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare
    rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire...
    Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto
    quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?
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      Scritta da: Eclissi

      Amore a prima vista

      Sono entrambi convinti
      che un sentimento improvviso li unì.
      È bella una tale certezza
      ma l'incertezza è più bella.

      Non conoscendosi prima, credono
      che non sia mai successo nulla fra loro.
      Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
      dove da tempo potevano incrociarsi?

      Vorrei chiedere loro
      se non ricordano -
      una volta un faccia a faccia
      forse in una porta girevole?
      Uno "scusi" nella ressa?
      Un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
      - ma conosco la risposta.
      No, non ricordano.

      Li stupirebbe molto sapere
      che già da parecchio
      il caso stava giocando con loro.

      Non ancora del tutto pronto
      a mutarsi per loro in destino,
      li avvicinava, li allontanava,
      gli tagliava la strada
      e soffocando un risolino
      si scansava con un salto.

      Vi furono segni, segnali,
      che importa se indecifrabili.
      Forse tre anni fa
      o il martedì scorso
      una fogliolina volò via
      da una spalla all'altra?
      Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
      Chissà, era forse la palla
      tra i cespugli dell'infanzia?

      Vi furono maniglie e campanelli
      in cui anzitempo
      un tocco si posava sopra un tocco.
      Valigie accostate nel deposito bagagli.
      Una notte, forse, lo stesso sogno,
      subito confuso al risveglio.

      Ogni inizio infatti
      è solo un seguito
      e il libro degli eventi
      è sempre aperto a metà.
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        Scritta da: Eclissi

        Il 16 maggio 1973

        Una delle tante date
        Che non mi dicono più nulla.

        Dove sono andata quel giorno,
        che cosa ho fatto – non lo so.

        Se lì vicino fosse stato commesso un delitto
        - non avrei un alibi.

        Il sole sfolgorò e si spense
        Senza che ci facessi caso.
        La terra ruotò
        e non ne presi nota.

        Mi sarebbe più lieve pensare
        Di essere morta per poco,
        piuttosto che ammettere di non ricordare nulla
        benché sia vissuta senza interruzioni.

        Non ero un fantasma, dopotutto,
        respiravo, mangiavo,
        si sentiva
        il rumore dei miei passi,
        e le impronte delle mie dita
        dovevano restare sulle maniglie.

        Lo specchio rifletteva la mia immagine.
        Indossavo qualcosa d'un qualche colore.
        Certamente più d'uno mi vide,

        Forse quel giorno
        Trovai una cosa andata perduta.
        Forse ne persi una trovata poi.

        Ero colma di emozioni e impressioni.
        Adesso tutto questo è come
        Tanti puntini tra parentesi.

        Dove mi ero rintanata,
        dove mi ero cacciata –
        niente male come scherzetto
        perdermi di vista così.

        Scuoto la mia memoria –
        Forse tra i suoi rami qualcosa
        Addormentato da anni
        Si leverà con un frullo.
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          Scritta da: Eclissi

          La stazione

          Il mio non arrivo nella città di N.
          È avvenuto puntualmente.

          Eri stato avvertito
          con una lettera non spedita.

          Hai fatto in tempo a non venire
          all'ora prevista.

          Il treno è arrivato sul terzo binario.
          È scesa molta gente.

          L'assenza della mia persona
          si avviava verso l'uscita tra la folla.

          Alcune donne mi hanno sostituito
          frettolosamente
          in quella fretta.

          A una è corso incontro
          qualcuno che non conoscevo,
          ma lei lo ha riconosciuto
          immediatamente.

          Si sono scambiati
          un bacio non nostro,
          intanto si è perduta
          una valigia non mia.

          La stazione della città di N.
          Ha superato bene la prova
          di esistenza oggettiva.

          L'insieme restava al suo posto.
          I particolari si muovevano
          sui binari designati.

          È avvenuto perfino
          l'incontro fissato.

          Fuori dalla portata
          della nostra presenza.

          Nel paradiso perduto
          della probabilità.

          Altrove.
          Altrove.
          Come risuonano queste piccole parole.
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            Scritta da: Eclissi

            Sensazione

            I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme.
            Fremo per la mia allegria.
            A volte mi sento invadere da
            una vaga, fredda, triste, implacabile
            quasi-concupiscente spiritualità.

            Mi fa tutt'uno con l'erba.
            La mia vita sottrae colore a tutti i fiori.
            La brezza che sembra restia a passare
            scrolla dalle mie ore rossi petali
            e il mio cuore arde senza pioggia.

            Poi Dio diventa un mio vizio
            e i divini sentimenti un abbraccio
            che annega i miei sensi nel suo vino
            e non lascia contorni nei miei modi
            di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.

            I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano
            una vaga e tiepida anima-unità.
            Come il mare che prevede una tempesta,
            un pigro dolore e un'inquietudine fanno di me
            il mormorio di un incalzante stormo.

            I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano
            le loro interpresenze, e usurpano
            gli uni il posto degli altri. Non distinguo
            nulla in me tranne l'impossibile
            amalgama delle molte cose che sono.

            Sono un bevitore dei miei pensieri
            l'essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima...
            La mia volontà vi si impregna.
            Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire
            la bellezza nel dolore dei miei versi.
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              Scritta da: Eclissi

              Ode alla notte

              Vieni, Notte antichissima e identica,
              Notte Regina nata detronizzata,
              Notte internamente uguale al silenzio, Notte
              con le stelle, lustrini rapidi
              sul tuo vestito frangiato di Infinito.

              Vieni vagamente,
              vieni lievemente,
              vieni sola, solenne, con le mani cadute
              lungo i fianchi, vieni
              e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
              fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
              fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
              cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
              tutte le strade che la salgono,
              tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,

              tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
              e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
              nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
              nella distanza subitamente impossibile da percorrere.

              Nostra Signora
              delle cose impossibili che cerchiamo invano,
              dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
              dei propositi che ci accarezzano
              sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
              al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
              e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.

              Vieni e cullaci,
              vieni e consolaci,
              baciaci silenziosamente sulla fronte,
              cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
              se non per una differenza nell'anima
              e un vago singulto che parte misericordiosamente
              dall'antichissimo di noi
              laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
              i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
              perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
              essere nella vita.

              Vieni solennissima,
              solennissima e colma
              di una nascosta voglia di singhiozzare,
              forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
              e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
              e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
              e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.

              Vieni, dolorosa,
              Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
              Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
              fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
              sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.

              Vieni, dal fondo
              dell'orizzonte livido,
              vieni e strappami
              dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
              dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
              dal quale naturalmente sono spuntato.

              Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
              e fra erbe alte margherita ombreggiata,
              petalo per petalo leggi in me non so quale destino
              e sfogliami per il tuo piacere,
              per il tuo piacere silenzioso e fresco.

              Un petalo di me lancialo verso il Nord,
              dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
              Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
              dove sono i mari e le avventure che si sognano.

              Un altro petalo verso Occidente,
              dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
              e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
              dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.

              E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali
              – oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
              affidali all'Oriente,
              l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
              l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
              l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
              l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
              l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
              tutto quanto noi non siamo,
              l'Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
              dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...

              Vieni sopra i mari,
              sopra i mari maggiori,
              sopra il mare dagli orizzonti incerti,
              vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
              e calmalo misteriosamente,
              o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!

              Vieni, premurosa,
              vieni, materna,
              in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
              al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
              e che vedesti nascere Geova e Giove,
              e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
              e il grande Spazio Misterioso al di la di essi... Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
              avvolgi nel tuo mantello leggero
              il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
              tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
              con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
              polvere di oro sui tuoi capelli neri,
              e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.

              Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
              Quando tu entri ogni voce si abbassa
              Nessuno ti vede entrare
              Nessuno si accorge di quando sei entrata,
              se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
              che tutto perde i contorni e i colori,
              e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
              già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.
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                Scritta da: Eclissi

                Lode del dubbio

                Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
                serenamente e con rispetto chi
                come moneta infida pesa la vostra parola!
                Vorrei che foste accorti, che non deste
                con troppa fiducia la vostra parola.

                Leggete la storia e guardate
                in fuga furiosa invincibili eserciti.
                In ogni luogo
                fortezze indistruttibili rovinano e
                anche se innumerabile era l'armata salpando,
                le navi che tornarono
                le si poté contare.
                Fu così un giorno un uomo sulla inaccessibile vetta
                e giunse una nave alla fine
                dell'infinito mare.

                Oh bello lo scuoter del capo
                su verità incontestabili!
                Oh il coraggioso medico che cura
                l'ammalato senza speranza!

                Ma d'ogni dubbio il più bello
                è quando coloro che sono
                senza fede, senza forza, levano il capo e
                alla forza dei loro oppressori
                non credono più!

                Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
                Quante vittime costò!
                Com'era difficile accorgersi
                che fosse così e non diverso!
                Con un respiro di sollievo un giorno
                un uomo nel libro del sapere lo scrisse.

                Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
                ne vivranno e in quello vedranno un'eterna sapienza
                e spezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
                Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
                che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
                E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
                gravemente cancella quella tesi.

                Intronato dagli ordini, passato alla visita
                d'idoneità da barbuti medici, ispezionato
                da esseri raggianti di fregi d'oro, edificato
                da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie
                un libro redatto da Iddio in persona,
                erudito da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
                che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che il buco
                nel tetto della sua stanza è stato proprio previsto da Dio.
                Veramente gli è difficile
                dubitare di questo mondo.
                Madido di sudore si curva l'uomo
                che costruisce la casa dove non lui dovrà abitare.

                Ma sgobba madido di sudore anche l'uomo
                che la propria casa si costruisce.
                Sono coloro che non riflettono, a non
                dubitare mai. Splendida è la loro digestione,
                infallibile il loro giudizio.
                Non credono ai fatti, credono solo a se stessi.
                Se occorre, tanto peggio per i fatti.
                La pazienza che han con se stessi
                è sconfinata. Gli argomenti
                li odono con gli orecchi della spia.

                Con coloro che non riflettono e mai dubitano
                si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
                Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
                per schivare la decisione. Le teste
                le usano solo per scuoterle. Con aria grave
                mettono in guardia dall'acqua i passeggeri dl navi che affondano.
                Sotto l'ascia dell'assassino
                si chiedono se anch'egli non sia un uomo.

                Dopo aver rilevato, mormorando,
                che la questione non è ancora sviscerata vanno a letto.
                La loro attività consiste nell'oscillare.
                Il loro motto preferito è: l'istruttoria continua.

                Certo, se il dubbio lodate
                non lodate però
                quel dubbio che è disperazione!
                Che giova poter dubitare, a colui
                che non riesce a decidersi!
                Può sbagliare ad agire
                chi di motivi troppo scarsi si contenta!
                Ma inattivo rimane nel pericolo
                chi di troppi ha bisogno.

                Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
                che tale sei, perché hai dubitato
                delle guide! E dunque a chi è guidato
                permetti il dubbio!
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                  Scritta da: Eclissi

                  La città

                  Hai detto: "Per altre terre andrò, per altro mare.
                  Altra città, più amabile di questa, dove
                  ogni mio sforzo è votato al fallimento,
                  dove il mio cuore come un morto sta sepolto,
                  ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
                  Dei lunghi anni, se mi guardo attorno,
                  della mia vita consumata qui, non vedo
                  che nere macerie e solitudine e rovina".

                  Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
                  La città ti verrà dietro. Andrai vagando
                  per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
                  Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
                  farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
                  non c'è nave non c'è strada per te.
                  Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
                  tu l'hai sciupata su tutta la terra.
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