Nello stesso pozzo
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...pensava che gli anziani fossero i padroni della storia, la storia della nostra vita, e per tali motivi dovevano essere rispettati e venerati ma non poteva immaginare la sofferenza umana che vi alloggia.
Occupava le sue giornate a passeggiare lungo il corridoio e l'atrio che guardava l'ingresso della struttura ove passava intere ore seduto a guardare fuori nella speranza che qualcuno lo venisse a riprendere, lo portasse via da quella prigione. Ogni giorno Marcello lo andava a trovare, una volta di mattina, un'altra di pomeriggio e lo trovava sempre lì, seduto su una panchina rovinata dal tempo ove tante storie di vecchi avevano contribuito a deformare.
Giuggiù guardava fuori e i suoi occhi cerulei si illuminavano quando riconosceva l'auto del figlio: "finalmente mio figlio, speriamo che adesso mi faccia uscire...", diceva ad un "compagno di prigionia". Ma era solo "il colloquio" giornaliero, tanto per rimanere in tema di restrizione. Marcello stava con lui e gli altri vecchietti seduto in quell'atrio a condividere quella senilità deformata e pensava che se un giorno la sua vita dovesse prendere quella piega, forse era meglio morire prima, ma loro, i vecchietti non lo sapevano; essi vivevano quella condizione senza rendersene conto, era giusto ... [segue »]
Composto mercoledì 30 novembre 2005
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