Questa frase non è mia, e non essendo mia non è neanche mio questo luogo del quale, anche per via di errori trascorsi, non vorrei in verità abusare intavolando lunghe discussioni (cosa che in realtà già ho fatto).
Vorrei però dire, in difesa di quel Dio che senza un motivo plausibile chiamate dio, che quel Dio altro in realtà non è che il nostro prossimo: chi ama il prossimo (tutto, anche i propri nemici), in realtà ama Lui, anche se non lo ha mai visto,e anche se lo chiama dio. : ) Questo che ora le ho detto è scritto a chiare lettere nel Vangelo (Matteo, capitolo 25, versetti 35 e seguenti); ma dovunque nel Vangelo l'amore del prossimo (cioè per tutti) è equiparato all'amore per Dio.
Ho dunque buoni motivi per ritenere che, se lei davvero (come credo) vuole il bene di tutti, cioè il bene sociale e il conforto di ogni singola persona sofferente, non sia lontana da Dio (quello con la maiuscola); anzi, al contrario, molto vicina.
Ciò detto, quanto alle passioni, tra cui giustamente lei annovera anche il dolore, è CERTO che l'amore per le creature espone alla disillusione e al dolore, non fosse altro che per l'immancabile fine di tutte le cose, e per la immancabile separazione, prima o poi, di coloro che si amano (anche solo perché la vita finisce); l'amore per il Creatore, invece, e per l'intero creato, ci libera dal dolore, perché ci rende partecipi e certi del nostro eterno destino di potenti esseri spirituali che mai cesseranno di amare e di essere amati.
Sia ben chiaro che queste cose le dico non per sostenere una mia opinione (che per me in verità non è opinione, ma certezza), ma per rendere gli altri partecipi di una grande gioia (che naturalmente è sempre difficile mantenere, perché la prova della vita è sempre dura, per tutti...).
Le foglie nel vento sembra che volino insieme, ma in realtà ciascuna volteggia per proprio conto. Così anche gli esseri umani, frullati anche loro ciascuno nel proprio universo e nel proprio destino. A differenza delle foglie, però, gli esseri umani prima o poi questa realtà la comprendono. E il comprenderla rende più agili e leggeri, a volte quasi liberi; ma non risolve il problema, anzi lo aggrava di impotenza, di rabbia e di malinconia.
Ma questo è naturale. Anche per ottenere la fusione nucleare è necessario fornire energia, per poi farne liberare infinite volte di più. Ciò non esclude però che, ai nostri fini, possiamo tranquillamente asserire che energia e materia (cioè massa) non sono due cose diverse, ma sono sempre e solo energia che si presenta in due stati diversi.
Ai fini quindi di comprendere quale sia lo "stato dell'arte" circa la realtà fisica, e in particolare circa il nostro concetto di tempo, il risultato che conta non è l'individuare in quali e quanti stati si possa presentare la materia (o meglio l'energia) in dipendenza delle sollecitazioni energetiche che può ricevere (questi stati sono numerosissimi), ma l'aver compreso (e questo lo dobbiamo alla relatività ristretta di Einstein) che la massa (la quale è praticamente energia "solidificata") è in grado di deformare lo spazio-tempo, e quindi il tempo, fino a farlo rallentare oltre ogni "verosimiglianza".
E' poi naturale che la nostra sopravvivenza fisica è legata al poter evitare in ogni modo di essere risucchiati dall'orizzonte degli eventi di un buco nero, e a tante altre circostanze molto meno astruse e drammatiche (basterebbe che la temperatura del pianeta salisse o scendesse di pochi gradi centigradi per mettere in gioco la nostra stessa sopravvivenza).
Vero è anche che l'evolversi nostro e degli eventi è connesso al tempo, stamattina per me evolutosi in un appuntamento di cui avrei fatto volentieri a meno. Vero è, ancora, che con ogni probabilità non sperimenteremo mai di persona il rallentamento del tempo previsto dalla teoria della relatività. Tuttavia la teoria della relatività la sperimentiamo giorno per giorno nella tecnologia attuale, che senza di essa non sarebbe possibile. E, sopra tutto, non possiamo prescindere da essa (e da tutto ciò che le ha fatto seguito) se vogliamo formarci una corretta concezione del mondo e dei fatti.
L'affermazione "il tempo non esiste", titolo della lectio magistralis che ti ho proposto, va letta in questo ambito, unitamente all'affermazione "il tempo siamo noi", che Rovelli fa nel quarto capitolo del suo discorso. Ciò a dimostrazione che il tempo, che lo si voglia o no, è una nostra percezione: è un qualcosa di soggettivo. Alla stessa maniera in cui è soggettiva la nostra intera percezione della realtà: come dimostrato, ad esempio, dalla minima estensione della "finestra elettromagnetica" che il nostro occhio è in grado di percepire, e, a livello ancor più sconvolgente, dalla comprovata esistenza di un macrocosmo e di un microcosmo che solo raffinati strumenti ci hanno posto in grado,e solo in minima parte, di rivelare.
Credere che sia finita qui la serie delle "cantonate" cui la nostra imperfetta percezione ci espone, ti pare credibile? Sai quante cose ancora ci sono che non percepiamo, e che neanche i nostri più raffinati strumenti sono in grado di rivelare?
L'esistenza dello spirito come realtà psichica ed energetica sottostante all'inganno della realtà materiale potrebbe essere una di queste cose. Cose che peraltro da millenni tanti asseriscono di percepire, venendo tacciati di illusione, di menzogna o di follia... : )
Ciao Dario, anche tu mi sei molto caro, anche se su tanti punti la pensiamo diversamente. Questo è l'amicizia e, ancor prima, il rispetto reciproco degli esseri liberi. Cose che... non esistono se non molto di rado nella... cosiddetta realtà. : )
Alla stessa maniera in cui esistono pochissimi veri amici, esistono pochissimi veri nemici. Giacché la massima parte della gente è viscida, inconsistente, fastidiosa e ridicola, sia sull'una che sul'altra sponda.
Bravo Vincenzo. Premesso che più che di equazione parlerei di disequazione tra ira e felicità (il lupo pedante non perde mai il suo vizio) :) , c'è da dire che l'opposto dell'essere arrabbiati non è l'essere felici; ma, molto più semplicemente (e prosaicamente), il NON essere arrabbiati. Il depresso infatti è di solito infelice anche se NON arrabbiato; mentre tanti, per converso, sono felicissimi di arrabbiarsi, ad esempio quando ne dicono quattro a gente che subivano e mal sopportavano da tempo. Ne deriva che un minuto di ira non fa perdere un minuto di felicità, ma nulla di più che un minuto di non-ira. :) Col che resta dimostrato che le idee (e in genere le cose umane, poesie e filosofie comprese) non sono valide o meno a seconda della loro paternità. ad onta dell' "ipse dixit" di pitagorica memoria, cui purtroppo molti, anche ai tempi d'oggi, prestano cieca ed irriflessiva fede. Ed è questo, mi pare, il vero succo che può trarsi da questo aforisma (voto 8,63 su 111 voti), che giustamente definisci "sciocchezza". Non so se lo abbia scritto Einstein; ma se anche scritto lo avesse, non sarà certo stata l'unica sciocchezza che avrà detto o scritto nella sua vita. Capita a tutti, prima o poi... (N.B.: ogni riferimento al baffone è puramente casuale). ;)
"La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove". Nessuno brilla di luce propria: una luce è presente anche nei punti più oscuri della coscienza universale. Perciò non esiste la plebe. E neanche esiste ciò che ci appare realtà, perché tutto ciò che viviamo è illusione; mentre la vera realtà è eterna e immutabile, ed è dentro di noi. Questo, solo questo ho imparato dalla vita, insieme all'arte di rendermi piccolo e leggero come una piuma perché il vento possa facilmente sollevarmi e guidarmi verso il mio destino.
Vorrei però dire, in difesa di quel Dio che senza un motivo plausibile chiamate dio, che quel Dio altro in realtà non è che il nostro prossimo: chi ama il prossimo (tutto, anche i propri nemici), in realtà ama Lui, anche se non lo ha mai visto,e anche se lo chiama dio. : ) Questo che ora le ho detto è scritto a chiare lettere nel Vangelo (Matteo, capitolo 25, versetti 35 e seguenti); ma dovunque nel Vangelo l'amore del prossimo (cioè per tutti) è equiparato all'amore per Dio.
Ho dunque buoni motivi per ritenere che, se lei davvero (come credo) vuole il bene di tutti, cioè il bene sociale e il conforto di ogni singola persona sofferente, non sia lontana da Dio (quello con la maiuscola); anzi, al contrario, molto vicina.
Ciò detto, quanto alle passioni, tra cui giustamente lei annovera anche il dolore, è CERTO che l'amore per le creature espone alla disillusione e al dolore, non fosse altro che per l'immancabile fine di tutte le cose, e per la immancabile separazione, prima o poi, di coloro che si amano (anche solo perché la vita finisce); l'amore per il Creatore, invece, e per l'intero creato, ci libera dal dolore, perché ci rende partecipi e certi del nostro eterno destino di potenti esseri spirituali che mai cesseranno di amare e di essere amati.
Sia ben chiaro che queste cose le dico non per sostenere una mia opinione (che per me in verità non è opinione, ma certezza), ma per rendere gli altri partecipi di una grande gioia (che naturalmente è sempre difficile mantenere, perché la prova della vita è sempre dura, per tutti...).
Ai fini quindi di comprendere quale sia lo "stato dell'arte" circa la realtà fisica, e in particolare circa il nostro concetto di tempo, il risultato che conta non è l'individuare in quali e quanti stati si possa presentare la materia (o meglio l'energia) in dipendenza delle sollecitazioni energetiche che può ricevere (questi stati sono numerosissimi), ma l'aver compreso (e questo lo dobbiamo alla relatività ristretta di Einstein) che la massa (la quale è praticamente energia "solidificata") è in grado di deformare lo spazio-tempo, e quindi il tempo, fino a farlo rallentare oltre ogni "verosimiglianza".
E' poi naturale che la nostra sopravvivenza fisica è legata al poter evitare in ogni modo di essere risucchiati dall'orizzonte degli eventi di un buco nero, e a tante altre circostanze molto meno astruse e drammatiche (basterebbe che la temperatura del pianeta salisse o scendesse di pochi gradi centigradi per mettere in gioco la nostra stessa sopravvivenza).
Vero è anche che l'evolversi nostro e degli eventi è connesso al tempo, stamattina per me evolutosi in un appuntamento di cui avrei fatto volentieri a meno. Vero è, ancora, che con ogni probabilità non sperimenteremo mai di persona il rallentamento del tempo previsto dalla teoria della relatività. Tuttavia la teoria della relatività la sperimentiamo giorno per giorno nella tecnologia attuale, che senza di essa non sarebbe possibile. E, sopra tutto, non possiamo prescindere da essa (e da tutto ciò che le ha fatto seguito) se vogliamo formarci una corretta concezione del mondo e dei fatti.
L'affermazione "il tempo non esiste", titolo della lectio magistralis che ti ho proposto, va letta in questo ambito, unitamente all'affermazione "il tempo siamo noi", che Rovelli fa nel quarto capitolo del suo discorso. Ciò a dimostrazione che il tempo, che lo si voglia o no, è una nostra percezione: è un qualcosa di soggettivo. Alla stessa maniera in cui è soggettiva la nostra intera percezione della realtà: come dimostrato, ad esempio, dalla minima estensione della "finestra elettromagnetica" che il nostro occhio è in grado di percepire, e, a livello ancor più sconvolgente, dalla comprovata esistenza di un macrocosmo e di un microcosmo che solo raffinati strumenti ci hanno posto in grado,e solo in minima parte, di rivelare.
Credere che sia finita qui la serie delle "cantonate" cui la nostra imperfetta percezione ci espone, ti pare credibile? Sai quante cose ancora ci sono che non percepiamo, e che neanche i nostri più raffinati strumenti sono in grado di rivelare?
L'esistenza dello spirito come realtà psichica ed energetica sottostante all'inganno della realtà materiale potrebbe essere una di queste cose. Cose che peraltro da millenni tanti asseriscono di percepire, venendo tacciati di illusione, di menzogna o di follia... : )