Siccome spunta il Sol senza alcun velo, Ratto ell'arse negli occhi e nel sembiante Splendidamente di celeste zelo; E più che al tergo avesse ed alle piante D'aquila i vanni, di salute al legno Lanciossi e affisse le sue labbia sante
Indi com'ebbe alquanto confortata L'etereo messagger dolce e clemente La timidetta Vergine beata, Al labbro le appressò del rifulgente Calice l'orlo, e con i lumi al Cielo Essa il libò pietosa e ubbidïente.
Tremante allor con luci timorose Si strinse alla sua duce la Donzella, E nel suo petto il volto si nascose. Poi s'alzava, qual dopo la procella Pian pian tragge dal nido il collo, e guata L'impaurita ingenua colombella.
Del Paradiso le beltà vedrai, Le disse; e tutta a un tratto si cosperse L'etra di gioja, di candor, di rai. Ma tosto d'atro orror si ricoverse, Brontolàr tuoni, serpeggiaro lampi Quando a morte e a terror la bocca aperse, E pinse come per i negri campi Nelle tempeste l'alto Dio passeggia, E qual di fiamme e di bufere avvampi Piena d'aspri lion l'empirea reggia, E qual su nubi negro e sanguinose Con igneo brando la Giustizia seggia.
Che ascosa al mondo sotto un puro ammanto Gode al raggio di Dio beata un'alma: E al suo parlar svegliossi da ogni canto Un'indistinta soave armonia, Un dolce dolce amorosetto canto. Pinse come su i Cieli rifiorìa D'amaranto immortale un vago serto Per chi l'inferno ed il peccato obblìa: E al suo parlar vezzosamente aperto Si vide il prato ne' color più gai, E di fioretti amabili coperto.
E venir vidi in leggiadria decente Amabil Verginella, alla cui fronte Ornamento facea candor lucente. Così non luce mai vermiglio il monte Cui batte il Sol di sera, e sì non luce Sul mattin odoroso l'orizzonte. Nube che fior sparpaglia la conduce Per l'aer leggiadramente, ed al suo lato Fervida stassi Carità per duce. Di mite venticel fragrante fiato Spingea la bianca nube, e dir parea: In uffizio sì caro io son beato. E poi che giunse là 've risplendea L'augusta Croce, e di Angeli uno stuolo Radïante corona la facea; Troncò la nube candidetta il volo, E soffermossi a piè del Cherubino Che scese i Cieli maestoso e solo. Ed ei sul capo riverente e chino Dell'innocente Vergine la palma Stese, e sparse su lei sermon divino; E le dipinse la placida calma,
Piovea di sangue e di fiammelle un nembo Cui sette Serafini a capo chino, Onde raccôr, stendean l'aurato lembo; E aprissi il Cielo, e scese un Cherubino Con un Calice in mano ov'era scritto A note di adamante: Amor Divino. E poi ch'ebbe tre volte circoscritto Lo spazio delle sfere, a posar venne Sul tronco ove lavossi ogni delitto; Indi abbracciollo, e Cantico solenne Coi Spiriti minori erse in dolore, Dolce battendo di fulgor le penne. E a me, cui maestà cerchiava il core, Scrivi scrivi, gridò, ciò che vedrai, Chè queste son l'alt'opre del Signore. A lui per riverenza io m'atterrai, E al suon di tromba vidi in Orïente Splender igniti abbarbaglianti rai
Abbracciava il Creato immensa notte, E nel deserto con ruggir feroce Rompeano i turbi le sonanti grotte; Quando tuonar udii terribil voce Che dal sonno mi scosse, e all'aer in grembo Vidi alto balenar rovente Croce.
Professando la regola di Sant'Agostino fra le eremite la nobil donzella Maria Toderini ora Maria Serafina Delle Cinque Piaghe canto consecrato alla nobil donna Maddalena Toderini Pappafava sorella amorosissima della sacra sposa.