Ma de l'Italia o voi genti future, Me vate udite cui divino infiamma Libero Genio e ardor santo del vero: Di Libertà la non mai spenta fiamma Rifulse in Grecia sin al dì che il nero Vapor non surse di passioni impure; E le mura secure Stettero, e l'armi del superbo Serse Dai liberi disperse Di civico valor fur monumento: Ambizïon da le dorate piume Sanguinosa le mani, E di argento libidine feroce, E molli studj, piacer folli e vani A libertà cangiar spoglia e costume. Itale genti, se Virtù suo scudo Su voi non stende, Libertà vi nuoce; Se patrio amor non vi arma d'ardimento, Non di compre falangi, il petto ignudo,.
E del Giove terren l'augel battuto Drizza a l'aere natìo tarpati i vanni E sotto il manto imperïal si cela: Ma il vincitor lo inceppa, e gli alemanni Colli che borea eternamente gela, Senton lo altero vertice premuto Dal Guerrier cui tributo Offre atterrita dal suo cenno e doma La pontificia Roma, Dal Guerrier che ad Esperia i lumi terge E falla ricca dè tuoi puri doni, O Libertà gran dea, E l'uom ritorna ne gli antichi dritti Che prepotente tirannia premea. A vetta a l'Aventin Cesare s'erge Tirannic'ombra rabbuffata e fera, E mira uscir di Libertà campioni Popoli dal suo ardir vinti e sconfitti, Ond'alza il brando, e cala la visiera ... Ombra esacranda! Torna Sitibonda di soglio Ove lo stuol dei despoti soggiorna Oltre Acheronte a pascerti d'orgoglio: Eroe nel campo, di tiran corona In premio avesti, or altro eroe ritorna, Vien, vede, vince, e libertà ridona.
Del Re dei Re! - Quindi tra il fumo e i lampi S'involve in sen di tempestosa nube, Che occupa e offusca di Germania il suolo; Donde precorsa da mavorzie tube Balda rivolge e minacciosa il volo L'Aquila, e ingombra di falangi i campi; E par che Italia avvampi Di foco e guerra, di ruina e morte: Nè spezzar sue ritorte Osa, nè armarsi del francese usbergo. Ma s'affaccia l'Eroe; sieguonlo i prodi Repubblicano in fronte Nome vantando con il sangue scritto; Ecco d'estinti e di feriti un monte, Ecco i schiavi aleman ch'offrono il tergo E la tricolorata alta bandiera In man del Duce che in feral conflitto Rampogna, incalza, invita, e in mille modi Passa e vola qual Dio di schiera in schiera: Pur dubbio è marte; ei dove Più dè cavalli l'ugna Nel sangue pesta, e sangue schizza e piove, E regna morte in più ostinata pugna Cò suoi si scaglia, e la fortuna sfida Guerriero invitto, e tra le fiamme pugna E vince; e Italia libertade grida.
Deh! Mira, come flagellata a terra Italia serva immobilmente giace Per disperazïon fatta secura: Or perché turbi sua dolente pace, E furor matto e improvida paura Le movi intorno di rapace guerra? Piaghe immense rinserra Nel cor profondo; a che piagar suo petto, Forse d'invidia oggetto, Per chi suo gemer da lontan non sente? Ma tu, feroce Dea, non badi e passi, E a l'armi chiami, a l'armi, E al tuon dè bronzi e al fulminar tremendo E a l'ululo guerrier perdonsi i carmi. Cede Sabaudia, e in alto orribilmente Del tuo giovin, Campion splende la lancia; Tutto trema e si prostra anzi i suoi passi, E l'Aquila real fugge stridendo Ferita ne le penne e ne la pancia. Gallia intuona e diffonde Di Libertade il nome E mare e cielo Libertà risponde: L'Angel di morte per le imbelli chiome Squassa ed ostende coronata testa: Libertà! Grida a le provincie dome, Del Re dei folli Re vendetta è questa.
Offre scampo ai tiranni, e il bel Sebeto Irriga mansueto Le al Vesuvio soggette auree campagne E ricche aduna a usurpator le messi; Abbevera il Ticino Ungari armenti, e l'ospitali arene Non saluta il Panaro in suo cammino; T'ode gridar oltre le sue montagne La subalpina donna e l'elmo allaccia E s'alza e terge i rai nel duol dimessi, Ma le gravano il piè sardo catene, Onde ricade e copresi la faccia; E le a te care un giorno Città nettunie, or fatte Son di mille Dionisj empio soggiorno: Liguria avara contro sè combatte; E l'inerme leon prostrato avventa Nè suoi le zampe e la coda dibatte E gli ammolliti abitator spaventa.
Passeggian truci, e 'l diadema e il manto Dè boreali Vandali ai nepoti Vestendo, al scettro sposano la croce; Onde il Tevere e l'Arno a te devoti, Libertà santa dea, cercan la foce Sdegnosamente in suon quasi di pianto; E la turrita Manto.
Vendendo il cielo, ai popoli rapite; Sgabello al seggio fanno e fondamento Cataste di frementi Capi co gli occhi ne le trecce involti, E tepidi cadaveri innocenti, Cui sospiran nel fianco alte ferite Pel fulminar di pontificio labbro; E misti in pianto e in sangue, atro cemento, Calcati busti e cranj dissepolti Fanvi; e lo Inganno di tal soglio è fabbro: Quindi, al Solopossente La folgore strappata, Eran d'Orto terrore e d'Occidente, E si pascean di regni e di peccata. Non più: - Dio disse: e lor possa disparve; Pur ne l'Ausonia ancor egra e acciecata Passeggian truci le adorate larve.
E depor le corone in Campidoglio, E i re in trionfo tributari e schiavi Roma già vide, e rovesciati i troni: Re-sacerdoti or con mentite chiavi Di oro ingordi e di sangue, altri Neroni, Grandeggiar mira in usurpato soglio: Siede a destra l'Orgoglio Cinto di stola, e ferri e nappi accoglie Sotto le ricche spoglie,.
Di mille e mille che vittoria, o morte Da l'italiche porte Giuran brandendo la terribil asta; E guerrier veggo di fiorente alloro Cinto le bionde chiome Su cui purpuree tremolando vanno Candide azzurre piume; egli al tuo nome Suo brando snuda e abbatte, arde, devasta; Senno dè suoi corsier governa il morso, Ardir li 'ncalza, e dè marziali il coro Genj lo irraggia, e dietro lui si stanno In aer librate con perpetuo corso Sorte, Vittoria, e Fama. Or che fia dunque, o diva? Onde tal'ira? E qual fato te chiama A trar tant'armi da straniera riva Su questa un dì reina, or nuda e schiava Italia, ahi! Solo al vituperio viva, Al vituperio che piangendo lava!
Ma tu de l'alpi da l'aërie cime, Al rintronar di trombe e di timballi, Ausonia guati e giù piombi col volo Anelanti ti sieguono i cavalli Che Palla sferza, e sul latino suolo Marte furente orme di foco imprime: Odo canto sublime.