Poesie di Ugo Foscolo

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Scritta da: Silvana Stremiz

Vassi rapido il tempo

Vassi rapido il tempo, e al tempo il duolo
Della cadente età tosto succede;
Godiamo, amici: de' piacer lo stuolo
Passa e non riede.
     Assisi a umili ma contenti deschi
Colmiam le tazze di soave vino;
Altri fra l'armi follemente treschi
Col suo destino.
     Audace troppo dell'iniqua corte
Nell'onde si scatena il nembo fosco;
Da noi si cerchi più beata sorte
In mezzo a un bosco.
     Se piange un infelice, il mesto pianto
Tosto da noi si asciughi e si consoli;
Chi non esulta delle Muso al canto
A noi s'involi.
     Bell'è l'Amor, egli al piacer c'invita;
Dunque Ninfa che agli occhi e all'alma piace
Sia della nostra fuggitiva vita
Conforto e pace.
     Vassi rapido il tempo, e al tempo il duolo
Della cadente età tosto succede;
Godiamo, amici: de' piacer lo stuolo
Passa e non riede.
Ugo Foscolo
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Irene candida

    Irene candida, lascia le piume,
    T'affretta a cogliere leggiadri fiori
    Or ch'Alba fulgida spande il suo lume
    Co' nuovi albori.
         In mezzo agli alberi d'accanto il fonte
    Vedrai tu sorgere bei gelsomini;
    Li cogli, e adornati del vago fronte
    i vaghi crini.
         Mentre innoltravasi col gajo aprile
    Soave Zefiro là fur piantati,
    Da me alla morbida tua man gentile
    Poscia serbati.
         Il graziosissimo tuo cestellino
    Empi di mammole e di viole;
    Ma, bene badami, sfiora il giardino
    Prima del Sol
         Indi, sovvengati, Fanciulla mia,
    Che voglio un bacio al tuo ritorno,
    Nè vo' che al solito tu me lo dia
    Un altro giorno.
         Chè questo amabile giorno mai viene,
    E se anche in seguito così faremo,
    Gli anni andran rapidi, nè un giorno, o Irene,
    Goduto avremo.
    Ugo Foscolo
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Fra soavissimi fioretti

      Fra soavissimi fioretti un giorno
      Giaceano Amore e Venere,
      E mille Genii stavan d'intorno
      E mille Grazie tenere.
           Io con l'eburnea mia cetra al collo,
      Scarco di cure torbide,
      Passai con l'alma piena di Apollo
      Per quelle sedi morbide.
           A sè chiamatomi la gaja Diva,
      Con fiamma al labbro e al ciglio,
      Disse: Tua cetera canti giuliva
      La possa del mio figlio.
           Io pria con giubilo cantai d'Amore
      Su gli altri Dii le glorie;
      Soggiunsi poscia quai sul mio core
      Ei riportò vittorie.
           Si attente stavano le Grazie al canto,
      E que' Amorini amabili,
      Che s'obliarono d'essere accanto
      A' loro giochi instabili.
           Giuro per l'aurea chioma febea,
      Che più dell'onda livida
      Di Stigo io venero, vidi la Dea
      Farsi al cantar più vivida.
           E tu, o Licoride, non mai ti pieghi
      De' carmi al suon sensibile,
      Invan fra lagrime io canto e prieghi,
      Chè sempre so, inflessibile.
      Ugo Foscolo
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        La sera

        Gentile Nelae, tu al collo candido
        Lascia che scendano le chiome d'auro,
        E alle mie tempio adatta
        Sacro ad Apollo un lauro.
             Al suon armonico di nostre cetere
        Vengon su i Zefiri le Grazie tenere,
        Che per udir tua voce
        Abbandonano Venere.
             Esci dal semplice tetto pacifico,
        Dell'igneo Cintio s'ascose il raggio;
        E all'umid'ombra siedi
        Meco dell'ampio faggio.
             O bianca Nelae, non esser timida,
        In ore tacite fra bosco atrissimo
        Tu sai ch'io ti favello
        Sol d'un amor purissimo.
             Di noi la candida fia testimonio
        Luna che tacita irraggia l'aria;
        Nè la temer, ché anch'essa
        Amò il pastor di Caria.
             Ve' riscintillano nel viso garrulo
        Gli astri che fulgidi sembra che ridano,
        E perfin gli usignuoli
        Par che a noi soli arridano.
             Fanciulla amabile, canta i bei numeri.
        Ma qual per l'aere di velo a foggia
        Nube si stende? - ah certo
        Vicina è a noi la pioggia.
             Presto fuggiamoci dal negro turbine;
        Il tempo placido oh corno è instabile!
        Ah non vorrei che il fossi
        Tu pur, fanciulla amabile.
        Ugo Foscolo
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La guerra

          Vinsero gli anni: tu sperasti indarno
          Gloria fiammante pel guerriero brando:
          Vedila, langue di tuo nome in bando.
          E il volto ha scarno.
               Odio chi ammira di Filippo il germe
          Ch’ha morte al fianco devastando l'orbe,
          Fossa di polve col possente assorbe.
          Seco l'inerme.
               Tu cogli, amico, dal giardino umìle
          Frutta, ristoro d'indigente brama;
          Di gloria nostra degli eroi la fama
          Sarà più vile.
               E al mormorante serpeggiar di linfa,
          Al molle zirlo d'augellin su i rami
          Versi cantiamo che ripeter ami
          Tenera Ninfa.
          Ugo Foscolo
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            A Diana

            Bella ch'osservi degli amanti i scherzi,
            E sorridendo, quando tutto dorme,
            Gli albi corsieri del tuo carro sferzi,
            Diva triforme;
                 Spandi nel seno dei cantor pudico
            Candido raggio svegliator di modi,
            Ch'ei te mirando sopra un colle aprico
            Dirà tue lodi.
                 Splendi tu dolce nel mio sen qual splende
            Della mia Clori la beante faccia,
            Che delle Grazie le virginee bende
            Al petto allaccia.
                 Più di Ciprigna venerabil sei
            A me, o possente nel ferir le belve,
            Ch'offri riposo del pensieri miei
            Nelle tuo selve.
                 Possa io mirarti fra le selve care
            Quando passeggia con tue ninfe Aprile;
            Ch'io ti prometto sul tuo casto altare
            Cerva gentile.
            Ugo Foscolo
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              La rosa tarda

              Le bionde Grazie schiusero
              Al ghirlandato aprile
              Le verdi porte, e mancavi
              De' fiori il più gentile?
                   Con le sue mani ambrosie
              L'innamorata Aurora
              Dal Cielo umor freschissimo
              Per lui non sparse ancora?
                   Tu, fior splendente e semplice
              Come la mia vezzosa,
              Tu fra le spine floride
              Ancor non spunti, o Rosa.
                   Mentre vedeati sorgere
              Il gajo Anacreonte
              Inni t'ergea cingendosi
              Di te la calva fronte.
                   E in mezzo a danze e giubilo
              L'altrui chiamava aita
              Onde cantar tua morbida
              Foglia agli Iddii gradita.
                   Tu sei trofeo di tenere
              Grazie, sei giuoco, o Rosa,
              D'amor nei giorni floridi
              A Citerea scherzosa.
                   E che fia mai d'amabile
              Senza il bel fiore? infine
              Le Ninfe han braccia rosee,
              L'Alba le dita e il crine.
                   Così cantava il vecchio
              Tejo poeta; Amore
              Dettava i carmi, memore
              Di te suo caro fiore.
                   E a noi sei caro: immagine
              Tu delle guance sei
              Di Lei che tien l'imperio
              Su tutti gli atti miei.
                   Di Lei che bella e fulgida
              In sua bellezza or viene,
              Che con un sguardo sforzami
              Baciar le mie catene.
                   Ma sorgi ormai, purpuree
              Bel fiorellino, sorgi;
              Tu alla mia dolce vergine
              Gaja ghirlanda porgi.
                   Su le sue chiome d'auro
              Tanto sarà più vaga
              Quanto vicino al latteo
              Seno che gli occhi impiaga.
                   Deh! sorgi, o fior! l'armonico
              Plettro ch'Amor risuona
              Da tuo fragranti foglie
              Gentile avrà corona.
                   E a questo sen medesimo
              Io ti porrò, bel fiore,
              Come verace effigie
              D'un innocente core.
              Ugo Foscolo
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                L'addio

                Or tra i romiti boschi
                Men vo, ma porto scolto
                Il tuo vezzoso volto
                In mezzo a questo sen.
                Fida ti serba: addio,
                Tenera Cloe, ben mio,
                Ah! D'un fedele amante,
                Cara, rammenta almen.
                Gorgheggeran gli augelli
                Fra l'inquïete frondi;
                O cara, ove t'ascondi?
                Io griderotti allor.
                Ah! mi parrà ogni cosa
                L'amica mia vezzosa,
                Ma tu rammenta almeno
                Il più fedele amor.
                Verrassi un venticello,
                E con pietosi giri
                Dirammi: Son sospiri
                Questi del fido ben.
                Ma fuggirà l'inganno,
                Sospiri non saranno;
                Chè forse non rammenti
                Il nome mio nemmen.
                Pastori e forosette
                Verran con faccia lieta,
                E al primo lor poeta
                Diran: Deh! Canta amor!
                Io mescerò frattanto
                À mesti versi il pianto,
                Ma tu rammenta almeno
                Un infelice ardor.
                Se nol rammenti, ah! Cloe,
                Rammentati ch'Amore
                È meco a tutte l'ore,
                E squarciami ogni vel;
                Dirà se tu sè amante,
                Dirà se sè incostante,
                E dir saprà se ognora
                Tu mi sarai fedel.
                Ma di te, dolce amica,
                Stolto, diffido invano,
                Chè benché in suol lontano
                Mi serberai nel sen.
                Cos'io ti serbo. Addio,
                Tenera Cloe, ben mio:
                Ah! Del più fido amante,
                O Cloe, rammenta almen.
                Ugo Foscolo
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  La sorpresa

                  Odi de' versi miei,
                  O pastorella, il suono,
                  E ti prometto in dono
                  Un nastro porporin.
                  Venne fra' boschi tuoi
                  A soggiornar la bella?
                  E lei, se a lei saltella
                  Vicino un agnellin.
                       Conoscer tu la puoi
                  Dalle sue biondo chiome...
                  Ma dir vorresti: E come
                  Vestita qui sen va?
                  Odi: qual te s'ammanta
                  D'un gonnellin leggiero,
                  Chè lascia il fasto altero
                  All'invida città.
                       Ha leggiadretto il labbro,
                  Neri e focosi i lumi,
                  Ha placidi i costumi
                  E gli atti al par di te.
                  Già la conosci: or vanno
                  A lei correndo, e dille:
                  Fille, vezzosa Fille,
                  Elpin ti chiama a sè.
                       Elpin? dirà... Sì Elpino,
                  Tu le rispondi, e ascoso
                  Là fra quel bosco ombroso
                  Te sola attende Elpin.
                  Vanne: già udisti quanto,
                  O pastorella, aspetto,
                  E in dono ti prometto
                  Un nastro porporin.
                  Ugo Foscolo
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    L'inchiesta

                    Il Fratellin vezzoso,
                    Sempre tu piangi, ei dice;
                    Tenera età felice
                    Che non conosco amor!
                         Ma ben verran quegli anni,
                    Che il Fratellin vezzoso
                    Non troverà riposo
                    Nel passionato cor.
                         Quel roseo volto, i guardi
                    Sì vivi e sì innocenti
                    Li mirerò dolenti
                    In atto di pietà.
                         Allor dirò: i miei pianti,
                    Quand'eri pargoletto,
                    Eran d'amore effetto,
                    Effetto di beltà.
                    Ugo Foscolo
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