Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Marianna Mansueto
in Poesie (Poesie d'Autore)

Non vivere su questa terra come un inquilino

Ragazzo mio,
io non ho paura di morire.
Tuttavia, ogni tanto
mentre lavoro
nella solitudine della notte,
ho un sussulto nel cuore,
saziarsi della vita vita, figlio mio,
è impossibile.
Non vivere su questa terra come un inquilino,
o come un villeggiante stagionale.
Ricorda:
in questo mondo devi vivere saldo,
vivere
come nella casa paterna.
Credi al grano,
alla terra,
al mare
ma prima di tutto
all'uomo.
Ama la nuvola,
il libro
la macchina,
ma prima di tutto
l'uomo.
Senti infondo al tuo cuore
il dolore del ramo che secca,
della stella che si spegne,
della bestia ferita,
ma prima di tutto
il dolore dell'uomo.
Godi di tutti i beni terrestri,
del sole,
della pioggia
e della neve,
dell'inverno e dell'estate,
del buio e della luce,
ma prima di tutto
godi dell'uomo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    I limoni

    Ascoltami, i poeti laureati
    si muovono soltanto fra le piante
    dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
    Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
    fossi dove in pozzanghere
    mezzo seccate agguantano i ragazzi
    qualche sparuta anguilla:
    le viuzze che seguono i ciglioni,
    discendono tra i ciuffi delle canne
    e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

    Meglio se le gazzarre degli uccelli
    si spengono inghiottite dall'azzurro:
    più chiaro si ascolta il susurro
    dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
    e i sensi di quest'odore
    che non sa staccarsi da terra
    e piove in petto una dolcezza inquieta.
    Qui delle divertite passioni
    per miracolo tace la guerra,
    qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
    ed è l'odore dei limoni.

    Vedi, in questi silenzi in cui le cose
    s'abbandonano e sembrano vicine
    a tradire il loro ultimo segreto,
    talora ci si aspetta
    di scoprire uno sbaglio di Natura,
    il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
    il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
    nel mezzo di una verità
    Lo sguardo fruga d'intorno,
    la mente indaga accorda disunisce
    nel profumo che dilaga
    quando il giorno più languisce.
    Sono i silenzi in cui si vede
    in ogni ombra umana che si allontana
    qualche disturbata Divinità

    Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
    nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
    soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
    La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
    il tedio dell'inverno sulle case,
    la luce si fa avara - amara l'anima.
    Quando un giorno da un malchiuso portone
    tra gli alberi di una corte
    ci si mostrano i gialli dei limoni;
    e il gelo del cuore si sfa,
    e in petto ci scrosciano
    le loro canzoni
    le trombe d'oro della solarità.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La curva dei tuoi occhi intorno al cuore

      La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
      ruota un moto di danza e di dolcezza,
      aureola di tempo, arca notturna e sicura
      e se non so più quello che ho vissuto
      è perché non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.

      Foglie di luce e spuma di rugiada
      canne del vento, risa profumate,
      ali che coprono il mondo di luce,
      navi cariche di cielo e di mare,
      caccia di suoni e fonti di colori,

      profumi schiusi da una cova di aurore
      sempre posata sulla paglia degli astri,
      come il giorno vive di innocenza,
      così il mondo vive dei tuoi occhi puri
      e tutto il mio sangue va in quegli sguardi.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Julia Miller

        Bisticciammo quella mattina,
        perché lui aveva sessantacinque anni, e io trenta,
        ed ero nervosa e greve del bimbo
        la cui nascita mi atterriva.
        Io pensavo all'ultima lettera scrittami
        da quella giovane anima straniata
        il cui abbandono nascosi
        sposando quel vecchio.
        Poi presi la morfina e sedetti a leggere.
        Attraverso l'oscurità che mi scese sugli occhi
        io vedo ancora la luce vacillante di queste parole:
        "E Gesù gli disse: In verità
        io ti dico, Oggi tu
        sarai con me in paradiso"
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Herbert Marshall

          Tutto il tuo dolore, Louise, e il tuo odio per me
          nacquero dalla tua illusione, che fosse leggerezza
          di spirito e disprezzo dei diritti della tua anima
          ciò che mi fece volgere ad Annabella e abbandonarti.
          In realtà tu prendesti ad odiarmi per amor mio,
          poiché io ero la gioia della tua anima,
          formato e temprato
          per risolverti la vita, e non volli.
          Ma tu eri la mia disgrazia. Se tu fossi stata
          la mia gioia, non mi sarei forse attaccato a te?
          Questo è il dolore della vita:
          le si può essere felici solo in due;
          e i nostri cuori rispondono a stelle
          che non voglion saperne di noi.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il balcone

            Pareva facile giuoco
            mutare in nulla lo spazio
            che m'era aperto, in un tedio
            malcerto il certo tuo fuoco.

            Ora a quel vuoto ho congiunto
            ogni mio tardo motivo,
            sull'arduo nulla si spunta
            l'ansia di attenderti vivo.

            La vita che dà barlumi
            è quella che sola tu scorgi.
            A lei ti sporgi da questa
            finestra che non s'illumina.
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              Scritta da: Francesca Fontana
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Chiare, fresche et dolci acque

              Chiare, fresche et dolci acque
              ove le belle membra
              pose colei che sola a me par donna;
              gentil ramo, ove piacque,
              (con sospir mi rimembra)
              a lei di fare al bel fianco colonna;
              erba e fior che la gonna
              leggiadra ricoverse con l'angelico seno;
              aere sacro sereno
              ove Amor cò begli occhi il cor m'aperse:
              date udienza insieme
              a le dolenti mie parole estreme.

              S'egli è pur mio destino,
              e 'l cielo in ciò s'adopra,
              ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
              qualche grazia il meschino
              corpo fra voi ricopra,
              e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
              la morte fia men cruda
              se questa spene porto
              a quel dubbioso passo,
              ché lo spirito lasso
              non poria mai più riposato porto
              né in più tranquilla fossa
              fuggir la carne travagliata e l'ossa.

              Tempo verrà ancor forse
              ch'a l'usato soggiorno
              torni la fera bella e mansueta,
              e là 'v'ella mi scorse
              nel benedetto giorno,
              volga la vista disiosa e lieta,
              cercandomi; ed o pietà!
              Già terra infra le pietre
              vedendo, Amor l'inspiri
              in guisa che sospiri
              sì dolcemente che mercè m'impetre,
              e faccia forza al cielo
              asciugandosi gli occhi col bel velo.

              Dà bè rami scendea,
              (dolce ne la memoria)
              una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
              ed ella si sedea
              umile in tanta gloria,
              coverta già de l'amoroso nembo;
              qual fior cadea sul lembo,
              qual su le treccie bionde,
              ch'oro forbito e perle
              eran quel dì a vederle;
              qual si posava in terra e qual su l'onde,
              qual con un vago errore
              girando perea dir: "Qui regna Amore".

              Quante volte diss'io
              allor pien di spavento:
              "Costei per fermo nacque in paradiso! ".
              Così carco d'oblio
              il divin portamento
              e 'l volto e le parole e'l dolce riso
              m'aveano, e sì diviso
              da l'imagine vera,
              ch'ì dicea sospirando:
              "Qui come venn'io o quando?"
              credendo esser in ciel, non là dov'era.
              Da indi in qua mi piace
              quest'erba sì ch'altrove non ò pace.

              Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
              poresti arditamente
              uscir del bosco e gir infra la gente.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Fotografia della folla

                Nella foto della folla
                la mia testa è la quarta dal bordo
                o forse la settima da sinistra
                o la ventesima dal basso;

                la mia testa non so quale,
                non più una, non più unica,
                già simile alle simili,
                né femminile, né maschile;

                i segni che lei mi manda
                non sono affatto particolari;

                forse lo Spirito del Tempo
                la vede, però non la guarda;

                la mia testa statistica,
                che consuma acciaio e cavi
                tranquillamente, globalmente;

                è qualunque e non si vergogna,
                è scambiale, e non si dispera;

                è come se non l'avessi fatto
                a parte, a modo mio;

                è come se si scavasse un cimitero
                pieno di crani anonimi
                di buona conservabilità
                nonostante la mortalità;
                come se lei già fosse là,
                la mia testa d'altri, di chiunque -

                dove, se qualcosa ricorda,
                è il suo avvenire profondo.
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Madre diletta, mia sognata e vera
                  verità, mia splendente meraviglia,
                  madre diffusa come l'ape e il miele
                  madre sostanza, tienimi nascosta
                  dentro il tuo manto sì che io non veda
                  sotterfugi ed inganni, in te io pura
                  ridivento, siccome una bambina.
                  Madre t'ho vista un giorno mentre prona
                  sul pavimento t'invocavo piano
                  eri bella e possente e mi guardavi
                  con infinita eterna tenerezza
                  a che più dirti, io non ho parole
                  ma tu hai l'incanto delle cose buone,
                  tu hai le parole che non hanno voce
                  e che pure traversano le mura
                  d'ogni esultanza, o madre che fanciullo
                  tenesti il Cristo, guarda alle mie braccia
                  che sono vuote e colmale di fiori
                  o di spine o di luce o di tormento
                  come ti piaccia e rendimi felice.
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