Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Canzone del carceriere

Dove vai bel carceriere
Con quella chiave macchiata di sangue
Vado a liberare la mia amata
Se sono ancora in tempo
L'avevo chiusa dentro
Teneramente crudelmente
Nella cella del mio desiderio
Nel più profondo del mio tormento
Nelle menzogne dell'avvenire
Nelle sciocchezze del giuramento
Voglio liberarla
Voglio che sia libera
E anche di dimenticarmi
E anche di lasciarmi
E anche di tornare
E di amarmi ancora
O di amare un altro
Se un giorno le va a genio
E se resto solo
E lei sarà andata via
Io serberò soltanto
Serberò tuttavia
Nel cavo delle mani
Fino alle ultime mie ore
La dolcezza dei suoi seni plasmati dall'amore.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il giudice Somers

    Come accade, ditemi,
    che io, il più erudito degli avvocati,
    che conoscevo Blackstone e Coke
    quasi a memoria, che feci il più gran discorso
    che il tribunale avesse mai udito, e scrissi
    un esposto che meritò l'elogio del pretore Breese —
    come accade, ditemi,
    che io giaccio qui, dimenticato, ignoto,
    mentre Chase Henry, l'ubriacone della città,
    ha un cippo di marmo, sormontato da un'urna,
    su cui la Natura in un capriccio d'ironia
    ha seminato un cespo in fiore?
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Autunno veneziano

      L'alito freddo e umido m'assale
      di Venezia autunnale.
      Adesso che l'estate,
      sudaticcia e sciroccosa,
      d'incanto se n'è andata,
      una rigida luna settembrina
      risplende, piena di funesti presagi,
      sulla città d'acque e di pietre
      che rivela il suo volto di medusa
      contagiosa e malefica.
      Morto è il silenzio dei canali fetidi,
      sotto la luna acquosa,
      in ciascuno dei quali
      par che dorma il cadavere d'Ofelia:
      tombe sparse di fiori
      marci e d'altre immondizie vegetali,
      dove passa sciacquando
      il fantasma del gondoliere.
      O notti veneziane,
      senza canto di galli,
      senza voci di fontane,
      tetre notti lagunari
      cui nessun tenero bisbiglio anima,
      case torve, gelose,
      a picco sui canali,
      dormenti senza respiro,
      io v'ho sul cuore adesso più che mai.
      Qui non i venti impetuosi e funebri
      del settembre montanino,
      non odor di vendemmia, non lavacri
      di piogge lacrimose,
      non fragore di foglie che cadono.
      Un ciuffo d'erba che ingiallisce e muore
      su un davanzale
      è tutto l'autunno veneziano.

      Così a Venezia le stagioni delirano.

      Pei suoi campi di marmo e i suoi canali
      non son che luci smarrite,
      luci che sognano la buona terra
      odorosa e fruttifera.
      Solo il naufragio invernale conviene
      a questa città che non vive,
      che non fiorisce,
      se non quale una nave in fondo al mare.
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        Scritta da: Andrew Ricooked
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Ricordatelo

        Credere a ciò che dicono o scrivono
        è
        pericoloso
        specialmente se dicono o scrivono
        cose esageratamente grandiose
        su di
        te

        e tu
        sei sciocco quanto basta per
        crederci.

        Poi saresti pronto a rompere la
        macchina fotografica quando qualcuno tenta di
        fotografarti in
        pubblico.

        O potresti ubriacarti
        a casa tua
        e sparare dalla finestra
        al tuo vicino
        con una 44 magnum.

        O potresti comperare un
        automobile costosissima
        per poi innervosirti
        con quelli meno ricchi
        sulle loro vecchie auto
        che frenano la tua corsa
        in
        autostrada.

        O potresti sposarti
        troppe volte
        o avere troppe
        fidanzate.

        O potresti andare in Europa
        troppo spesso
        o drogarti troppo
        spesso.

        Potresti
        maltrattare
        i camerieri.

        Respingere
        i cacciatori
        di autografi.

        Potresti perfino
        uccidere
        qualcuno.

        O
        in migliaia
        di altri modi
        potresti alla fine anche
        uccidere
        te stesso.

        Molti
        lo fanno.
        Composta domenica 3 gennaio 2010
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          L'angelo

          Sognai un sogno! Che vorrà mai dire?
          Regina ero, e vergine,
          guardata da un buon angelo:
          pena senza perché mai non s'inganna!

          Piangevo notte e giorno le mie lacrime,
          e lui me le asciugava;
          giorno e notte piangevo
          celandogli la gioia del mio cuore.

          Così sulle sue ali volò via;
          il mattino arrossì;
          io il pianto mi asciugai,
          e i miei timori armai di scudi e lance.

          Egli presto tornò: mai mi ero armata,
          così che tornò invano;
          gioventù era passata,
          e grigie chiome stavan sul mio capo.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Al mattino gettai la mia rete nel mare.
            Trassi dall'oscuro abisso cose di strano
            aspetto e di strana bellezza -
            alcune brillavano come un sorriso,
            alcune luccicavano come lacrime,
            e alcune erano rosee
            come le guance d'una sposa.
            Quando, alla fine del giorno,
            tornai a casa con il mio bottino,
            il mio amore sedeva nel giardino
            sfogliando oziosamente un fiore.
            Esitante deposi ai, suoi piedi
            tutto quello che avevo pescato.

            Lei guardò distrattamente e disse:
            "Che strani oggetti sono questi?
            Non capisco a che possano servire".
            Chinai il capo, vergognoso, pensando:
            "Non ho lottato per conquistarli,
            non li ho comperati al mercato;
            non sono doni degni di lei".
            E per tutta la notte li gettai
            a uno a uno sulla strada.
            Al mattino vennero dei viaggiatori;
            li raccolsero e li portarono
            in paesi lontani.
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