Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Federico
in Poesie (Poesie d'Autore)

Dio dell'alleanza

O Abramo - Colui che entrò nella storia dell'uomo,
desidera, soltanto attraverso te, svelare questo mistero, celato dall'esordio del mondo,
un mistero più remoto del mondo!

Se oggi percorriamo questi luoghi,
da cui, tempo fa, era partito Abramo,
dove aveva udito la Voce, dove si era compiuta la promessa,
solo perché
potessimo fermarci sul limine -
per attingere al principio dell'Alleanza.

Poiché Dio aveva manifestato ad Abramo,
cosa è, per un padre, il sacrificio del proprio figlio - un'immolata morte.
O Abramo - così Dio ha amato il mondo,
che ha consacrato il suo Figlio, perché ognuno, che avrà fede in Lui,
possa attingere alla vita eterna.
- Fermati -
Io porto dentro di me il tuo nome,
il nome - segno dell'Alleanza
che il Verbo Primordiale ha stretto con te,
ancor prima che creasse il mondo.
Ricorda questo luogo, quando andrai via da qui,
luogo che rimarrà in attesa del suo proprio giorno–
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Più felice sono quando più lontana

    Più felice sono quando più lontana
    porto la mia anima dalla sua dimora d'argilla,
    in una notte di vento quando la luna brilla
    e l'occhio vaga attraverso mondi di luce

    Quando mi annullo e niente mi è accanto
    né terra, né mare, né cieli tersi
    e sono tutta spirito, ampiamente errando
    attraverso infinite immensità.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Autobiografia (1962)

      Sono nato nel 1902
      non sono più tornato
      nella città natale
      non amo i ritorni indietro
      quando avevo tre anni
      abitavo Alep
      con mio nonno pascià
      a 19 anni studiavo a Mosca
      all'università comunista
      a 49 ero a Mosca di nuovo
      ospite del comitato centrale
      del partito comunista
      e dall'età di 14 anni
      faccio il poeta
      alcuni conoscon bene le varie specie
      delle piante altri quelle dei pesci
      io conosco le separazioni
      alcuni enumerano a memoria i nomi
      delle stelle io delle nostalgie
      ho dormito in prigioni e anche in alberghi di lusso
      ho sofferto la fame compreso lo sciopero della fame
      e non c'è quasi pietanza
      che non abbia assaggiata
      quando avevo trent'anni hanno chiesto
      la mia impiccagione
      a 48 mi hanno proposto
      per la medaglia della Pace
      e me l'hanno data
      a 36 ho traversato in sei mesi
      i quattro metri quadrati
      di cemento
      della segregazione cellulare
      a 59 sono volato
      da Praga all'Avana
      in diciotto ore
      ero di guardia davanti alla bara di Lenin nel '24
      e il mausoleo che visito sono i suoi libri
      han provato a strapparmi dal mio Partito
      e non ci son riusciti
      e non sono rimasto schiacciato
      sotto gl'idoli crollati
      nel 51 con un giovane compagno
      ho camminato verso la morte
      nel 52 col cuore spaccato ho atteso la morte
      per quattro mesi sdraiato sul dorso
      sono stato pazzamente geloso delle donne ch'ho amato
      non ho invidiato nemmeno Charlot
      ho ingannato le mie donne
      non ho sparlato degli amici
      dietro le loro spalle
      ho bevuto ma non sono stato un bevitore
      ho sempre guadagnato il mio pane
      col sudore della mia fronte
      che felicità
      mi sono vergognato per gli altri e ho mentito
      ho mentito per non far pena agli altri
      ma ho anche mentito
      senza nessun motivo
      ho viaggiato in treno in areoplano in macchina
      i più non possono farlo
      sono stato all'Opera
      i più non ci vanno non sanno
      nemmeno che cosa sia
      e dal '21 non sono entrato
      in certi luoghi frequentati dai più
      la moschea la sinagoga la chiesa
      il tempio i maghi le fattucchiere
      ma mi è capitato
      di far leggere la mia sorte
      nei fondi di caffè
      le mie poesie sono pubblicate
      in trenta o quaranta lingue
      ma nella mia Turchia
      nella mia lingua turca
      sono proibite
      il cancro non l'ho ancora avuto
      non è necessario che l'abbia
      non sarò primo ministro
      d'altronde non ne ho voglia
      anche non ho fatto la guerra
      non sono sceso nei ricoveri
      nel mezzo della notte
      non ho camminato per le vie
      sotto gli aerei in picchiata
      ma verso i sessant'anni mi sono innamorato
      in una parola compagni
      anche se oggi a Berlino sono sul punto
      di crepar di tristezza
      posso dire di aver vissuto
      da uomo
      e quanto vivrò ancora
      e quanto vedrò ancora
      chi sa.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Nelle mie braccia tutta nuda

        Nelle mie braccia tutta nuda
        la città la sera e tu
        il tuo chiarore l'odore dei tuoi capelli
        si riflettono sul mio viso.

        Di chi è questo cuore che batte
        più forte delle voci e dell'ansito?
        È tuo è della città è della notte
        o forse è il mio cuore che batte forte?

        Dove finisce la notte
        dove comincia la città?
        Dove finisce la città dove cominci tu?
        Dove comincio e finisco io stesso?
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Alle fronde dei salici

          E come potevamo noi cantare
          con il piede straniero sopra il cuore,
          fra i morti abbandonati nelle piazze
          sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
          d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
          della madre che andava incontro al figlio
          crocifisso sul palo del telegrafo?
          Alle fronde dei salici, per voto,
          anche le nostre cetre erano appese,
          oscillavano lievi al triste vento.
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            Scritta da: mor-joy
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Solo una mano d'Angelo

            Solo un mano d'Angelo
            intatta di sé, del suo amore per sé,
            potrebbe
            offrirmi la concavità del suo palmo
            perché vi riversi il mio pianto.
            La mano dell'uomo vivente
            è troppo impigliata nei fili dell'oggi e dell'ieri,
            è troppo ricolma di vita e di plasma di vita!
            Non potrà mai la mano dell'uomo mondarsi
            per il tranquillo pianto del proprio fratello!
            E dunque, soltanto una mano di Angelo bianco
            dalle lontane radici nutrite d'eterno e d'immenso
            potrebbe filtrare serena le confessioni dell'uomo
            senza vibrarne sul fondo in un cenno di viva ripulsa.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Ballata delle madri

              Mi domando che madri avete avuto.
              Se ora vi vedessero al lavoro
              in un mondo a loro sconosciuto,
              presi in un giro mai compiuto
              d'esperienze così diverse dalle loro,
              che sguardo avrebbero negli occhi?
              Se fossero lì, mentre voi scrivete
              il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
              o lo passate a redattori rotti
              a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

              Madri vili, con nel viso il timore
              antico, quello che come un male
              deforma i lineamenti in un biancore
              che li annebbia, li allontana dal cuore,
              li chiude nel vecchio rifiuto morale.
              Madri vili, poverine, preoccupate
              che i figli conoscano la viltà
              per chiedere un posto, per essere pratici,
              per non offendere anime privilegiate,
              per difendersi da ogni pietà.

              Madri mediocri, che hanno imparato
              con umiltà di bambine, di noi,
              un unico, nudo significato,
              con anime in cui il mondo è dannato
              a non dare né dolore né gioia.
              Madri mediocri, che non hanno avuto
              per voi mai una parola d'amore,
              se non d'un amore sordidamente muto
              di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
              impotenti ai reali richiami del cuore.

              Madri servili, abituate da secoli
              a chinare senza amore la testa,
              a trasmettere al loro feto
              l'antico, vergognoso segreto
              d'accontentarsi dei resti della festa.
              Madri servili, che vi hanno insegnato
              come il servo può essere felice
              odiando chi è, come lui, legato,
              come può essere, tradendo, beato,
              e sicuro, facendo ciò che non dice.

              Madri feroci, intente a difendere
              quel poco che, borghesi, possiedono,
              la normalità e lo stipendio,
              quasi con rabbia di chi si vendichi
              o sia stretto da un assurdo assedio.
              Madri feroci, che vi hanno detto:
              Sopravvivete! Pensate a voi!
              Non provate mai pietà o rispetto
              per nessuno, covate nel petto
              la vostra integrità di avvoltoi!

              Ecco, vili, mediocri, servi,
              feroci, le vostre povere madri!
              Che non hanno vergogna a sapervi
              – nel vostro odio – addirittura superbi,
              se non è questa che una valle di lacrime.
              È così che vi appartiene questo mondo:
              fatti fratelli nelle opposte passioni,
              o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
              a essere diversi: a rispondere
              del selvaggio dolore di esser uomini.
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                Scritta da: sagea
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Splash

                L'illusione è che tu semplicemente
                Stia leggendo questa poesia.
                La realtà è che questa è
                più di una poesia.
                Questo è il coltello
                Di un accattone.
                È un tulipano
                È un soldato che marcia
                Attraverso Madrid.
                Questo sei tu
                Sul tuo letto di morte.
                Questo è Li Po che ride
                Questo è il circo
                del diavolo.
                E non la stai leggendo
                Su una pagina
                Sottoterra.
                No, non è una dannata
                Poesia.
                È un cavallo
                che dorme.
                Una farfalla dentro
                Il tuo cervello.
                È la pagina che legge
                Te.
                La senti?
                È come un cobra.
                È un aquila affamata
                che sorvola la stanza.
                Questa non è una poesia
                La poesia è barbosa,
                ti fa venire sonno.
                Queste parole ti incitano
                a una nuova
                follia.
                Ti ha toccato la grazia,
                sei stato spinto
                dentro un abbacinante
                regione di luce.
                Adesso l'elefante
                Sogna insieme
                a te.
                La volta dello spazio
                curva e ride.
                Adesso puoi morire
                Tu puoi morire adesso come
                Si doveva morire da uomini:
                grande,
                vittorioso,
                con l'orecchio della musica,
                essendo tu la musica,
                che romba,
                romba,
                romba.
                Composta lunedì 18 luglio 2011
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