Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Barbara

Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante
Sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E t'ho incontrata in rue de Siam
Tu sorridevi
E sorridevo anch'io
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati
Ricordati comunque di quel giorno
Non dimenticare
Un uomo si riparava sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
Grondante rapita raggiante
Gettandoti tra le sue braccia
Ricordati di questo Barbara
E non volermene se ti do del tu
Io do del tu a tutti quelli che amo
Anche se non li ho visti che una sola volta
Io do del tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara
Non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo viso felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare
Sull'arsenale
Sul battello d'Ouessant
Oh Barbara
Che cazzata la guerra
E cosa sei diventata adesso
Sotto questa pioggia di ferro
Di fuoco acciaio sangue
E lui che ti stringeva fra le braccia
Amorosamente
E forse morto disperso o invece
Vive ancora
Oh Barbara
Piove senza tregua su Brest
Come pioveva prima
Ma non è più così e tutto si è guastato
È una pioggia di morte desolata e crudele
Non è nemmeno più bufera
Di ferro acciaio sangue
Ma solamente nuvole
Che schiattano come cani
Come cani che spariscono
Seguendo la corrente su Brest
E scappano lontano da Brest
Dove non c'è più niente.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La cavalla storna

    Nella Torre il silenzio era già alto.
    Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
    I cavalli normanni alle lor poste
    frangean la biada con rumor di croste.
    Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
    nata tra i pini su la salsa spiaggia;
    che nelle froge avea del mar gli spruzzi
    ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
    Con su la greppia un gomito, da essa
    era mia madre; e le dicea sommessa:
    "O cavallina, cavallina storna,
    che portavi colui che non ritorna;
    tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
    Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
    il primo d'otto tra miei figli e figlie;
    e la sua mano non toccò mai briglie.
    Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
    tu dai retta alla sua piccola mano.
    Tu ch'hai nel cuore la marina brulla,
    tu dai retta alla sua voce fanciulla".
    La cavalla volgea la scarna testa
    verso mia madre, che dicea più mesta:
    "O cavallina, cavallina storna,
    che portavi colui che non ritorna;
    lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
    Con lui c'eri tu sola e la sua morte.
    O nata in selve tra l'ondate e il vento,
    tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
    sentendo lasso nella bocca il morso,
    nel cuor veloce tu premesti il corso:
    adagio seguitasti la tua via,
    perché facesse in pace l'agonia... "
    La scarna lunga testa era daccanto
    al dolce viso di mia madre in pianto.
    "O cavallina, cavallina storna,
    che portavi colui che non ritorna;
    oh! Due parole egli dové pur dire!
    E tu capisci, ma non sai ridire.
    Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
    con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
    con negli orecchi l'eco degli scoppi,
    seguitasti la via tra gli alti pioppi:
    lo riportavi tra il morir del sole,
    perché udissimo noi le sue parole".
    Stava attenta la lunga testa fiera.
    Mia madre l'abbracciò su la criniera
    "O cavallina, cavallina storna,
    portavi a casa sua chi non ritorna!
    A me, chi non ritornerà più mai!
    Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
    Tu non sai, poverina; altri non osa.
    Oh! ma tu devi dirmi una cosa!
    Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
    esso t'è qui nelle pupille fise.
    Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
    E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
    Ora, i cavalli non frangean la biada:
    dormian sognando il bianco della strada.
    La paglia non battean con l'unghie vuote:
    dormian sognando il rullo delle ruote.
    Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
    disse un nome... Sonò alto un nitrito.
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      Scritta da: Barbara Brussa
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Veleggio come un'ombra

      Veleggio come un'ombra
      nel sonno del giorno
      e senza sapere
      mi riconosco come tanti
      schierata su un altare
      per essere mangiata da chissà chi.
      Io penso che l'inferno
      sia illuminato di queste stesse
      strane lampadine.
      Vogliono cibarsi della mia pena
      perché la loro forse
      non s'addormenta mai.
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        Scritta da: mor-joy
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Se tu mio fratello

        Se tu mi rivenissi incontro vivo,
        con la mano tesa,
        ancora potrei,
        di nuovo in uno slancio d'oblio, stringere,
        fratello, una mano.

        Ma di te, di te più non mi circondano
        che sogni, barlumi,
        i fuochi senza fuoco del passato.

        La memoria non svolge che le immagini
        e a me stesso, io stesso
        non sono già più
        che l'annientante nulla del pensiero.
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          Scritta da: Robertyna Superbyna
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Questo amore
          Così violento
          Così fragile
          Così tenero
          Così disperato
          Questo amore
          Bello come il giorno
          E cattivo come il tempo
          Quando il tempo è cattivo
          Questo amore così vero
          Questo amore così bello
          Così felice
          Così gaio
          E così beffardo
          Tremante di paura come un bambino al buio
          E così sicuro di sé
          Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
          Questo amore che impauriva gli altri
          Che li faceva parlare
          Che li faceva impallidire
          Questo amore spiato
          Perché noi lo spiavamo
          Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
          Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
          Questo amore tutto intero
          Ancora così vivo
          E tutto soleggiato
          È tuo
          È mio
          È stato quel che è stato
          Questa cosa sempre nuova
          E che non è mai cambiata
          Vera come una pianta
          Tremante come un uccello
          Calda e viva come l'estate
          noi possiamo tutti e due
          Andare e ritornare
          Noi possiamo dimenticare
          E quindi riaddormentarci
          Risvegliarci soffrire invecchiare
          Addormentarci ancora
          Sognare la morte
          Svegliarci sorridere e ridere
          E ringiovanire
          Il nostro amore è là
          Testardo come un asino
          Vivo come il desiderio
          Crudele come la memoria
          Sciocco come i rimpianti
          Tenero come il ricordo
          Freddo come il marmo
          Bello come il giorno
          Fragile come un bambino
          Ci guarda sorridendo
          E ci parla senza dir nulla
          E io tremante l'ascolto
          E grido
          Grido per te
          Grido per me
          Ti supplico
          Per te per me per tutti coloro che si amano
          E che si sono amati
          Sì io gli grido
          Per te per me e per tutti gli altri
          Che non conosco
          Fermati là
          Là dove sei
          Là dove sei stato altre volte
          Fermati
          Non muoverti
          Non andartene
          Noi che siamo amati
          Noi tu abbiamo dimenticato
          Tu non dimenticarci
          Non avevamo che te sulla terra
          Non lasciarci diventare gelidi
          Anche se molto lontano sempre
          E non importa dove
          Dacci un segno di vita
          Molto più tardi ai margini di un bosco
          Nella foresta della memoria
          Alzati subito
          Tendici la mano
          E salvaci.
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            Scritta da: Domenico De Rosa
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            'A paura mia

            Tengo nemice? Faccio'o paro e sparo...
            'E ttengo mente e dico: "Stongo ccà!"
            E nun tremmo si sent''e dì: "Te sparo!"
            Chillo c''o ddice, '0 ddice, nun'0 ffà.
            Si è p''o buciardo, nun me movo, aspetto.
            ('A buscia corre assaie, ma campa poco).
            'O vuò vedè? '0 canusce comm''o "sette",
            va pè parlà', se fa una lamp''e fuoco.
            'A calunnia? E chella è un venticello,
            dico vicin'a'o viento: "Nun sciuscià?"
            Quann'ha fatt''a sfucata vene'o bello,
            allor'accuminciamm'a raggiunà.
            E manco'a morte, si me tene mente,
            me fa paura. 'A morte è generale.
            Ll'uommene sò rumanze differente,
            ma tenen'una chiusa, unu finale.
            M'arrobbano? Arreduco mmiez''a via?...
            Ì fatico e addevento chillu stesso,
            ma, quanto voglio bene a mamma mia,
            a mme me fa paura sul''o fesso!

            TRADUZIONE (per quanto possibile, rispettosa del testo in napoletano):
            Ho nemici? Faccio il "pari e dispari",
            li tengo a mente e dico: "sto qua!"
            E non tremo se sento dire "ti sparo!"
            Colui che lo dice, lo dice ma non lo fa.
            Quanto al bugiardo, io non mi muovo, io aspetto.
            (La bugia corre molto, ma vive poco).
            Lo vuoi vedere? Lo riconosci come il "sette",
            appena fa per parlare, si fa rosso come una vampata di fuoco.
            La calunnia? E quella è un venticello,
            dico al vento: "non soffiare"?
            Quando ha finito di scatenarsi, viene il bel tempo,
            allora cominciamo a ragionare.
            E nemmeno la morte, se mi tiene a mente,
            mi fa paura. La morte è generale.
            Gli uomini sono romanzi differenti
            ma hanno una identica conclusione, un unico finale.
            Mi derubano? Mi riducono in mezzo ad una strada?
            Io lavoro e ridivento lo stesso di prima;
            ma, per quanto voglio bene a mamma mia,
            a me fa paura solo il fesso!
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              Scritta da: Eleonora La Pazza
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Ti manderò un bacio con il vento
              e so che lo sentirai,
              ti volterai senza vedermi ma io sarò li
              Siamo fatti della stessa materia
              di cui sono fatti i sogni
              Vorrei essere una nuvola bianca
              in un cielo infinito
              per seguirti ovunque e amarti ogni istante
              Se sei un sogno non svegliarmi
              Vorrei vivere nel tuo respiro
              Mentre ti guardo muoio per te
              Il tuo sogno sarà di sognare me
              Ti amo perché ti vedo riflessa
              in tutto quello che c'è di bello
              Dimmi dove sei stanotte
              ancora nei miei sogni?
              Ho sentito una carezza sul viso
              arrivare fino al cuore
              Vorrei arrivare fino al cielo
              e con i raggi del sole scriverti ti amo
              Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno
              tra i tuoi capelli,
              per poter sentire anche da lontano
              il tuo profumo!
              Vorrei fare con te quello
              che la primavera fa con i ciliegi.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Sono un uomo ferito.
                E me ne vorrei andare
                e finalmente giungere,
                pietà, dove si ascolta
                l'uomo che è solo con sé.
                Non ho che superbia e bontà.
                E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.
                Ma per essi sto in pena.
                Non sarei degno di tornare in me?
                Ho popolato di nomi il silenzio.
                Ho fatto a pezzi cuore e mente
                per cadere in servitù di parole?
                Regno sopra fantasmi.
                O foglie secche,
                anima portata qua e là...
                no, odio il vento e la sua voce
                di bestia immemorabile.
                Dio, coloro che t'implorano
                non ti conoscono più che di nome?
                M'hai discacciato dalla vita.
                Mi discaccerai dalla morte?
                Forse l'uomo è anche indegno di sperare.
                Anche la fonte del rimorso è secca?
                Il peccato che importa,
                se alla purezza non conduce più.
                La carne si ricorda appena
                che una volta fu forte.
                È folle e usata, l'anima.
                Dio guarda la nostra debolezza.
                Vorremmo una certezza.
                Di noi nemmeno più ridi?
                E compiangici dunque, crudeltà.
                Non ne posso più di stare murato
                nel desiderio senza amore.
                Una traccia mostraci di giustizia.
                La tua legge qual è?
                Fulmina le mie povere emozioni,
                liberami dall'inquietudine.
                Sono stanco di urlare senza voce.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Senza di te tornavo, come ebbro...

                  Senza di te tornavo, come ebbro,
                  non più capace d'esser solo, a sera
                  quando le stanche nuvole dileguano
                  nel buio incerto.
                  Mille volte son stato così solo
                  dacché son vivo, e mille uguali sere
                  m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
                  le campagne, le nuvole.
                  Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
                  della fatale sera. Ed ora, ebbro,
                  torno senza di te, e al mio fianco
                  c'è solo l'ombra.

                  E mi sarai lontano mille volte,
                  e poi, per sempre. Io non so frenare
                  quest'angoscia che monta dentro al seno;
                  essere solo.
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                    Scritta da: Eclissi
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Inno alla Bellezza

                    Tu vieni dal profondo cielo o sorgi
                    dall'abisso, o Beltà? Versa il tuo sguardo
                    infernale e divino, mescolati,
                    il beneficio e il crimine, e per questo
                    al vino ti potrei rassomigliare.
                    Hai nell'occhio l'aurora ed il tramonto;
                    come una sera tempestosa spandi
                    profumi; ed i tuoi baci sono un filtro,
                    e la tua bocca un'anfora, che fanno
                    coraggioso il fanciullo, l'eroe vile.
                    Sorgi dal nero abisso oppure scendi
                    dalle stelle? Il Demonio, affascinato,
                    come un cane è attaccato alle tue gonne;
                    spargi a caso la gioia ed i disastri,
                    e tutto reggi, e di nulla rispondi.
                    Sopra i morti, o Beltà, di cui ti ridi,
                    cammini. Non è il meno affascinante,
                    l'Orrore, tra le tue gioie; amoroso
                    sopra il tuo ventre orgoglioso danza
                    l'Omicidio, fra i ciondoli il più caro.
                    Vola abbagliata verso te l'effimera,
                    o candela, fiammeggia stride e dice:
                    "Benediciamo questa torcia! " Anela
                    l'innamorato chino sulla bella,
                    e ha l'aria d'un morente che accarezza
                    la sua tomba. O Beltà, che cosa importa,
                    o mostro spaventoso enorme ingenuo,
                    che tu venga dal cielo o dall'inferno,
                    se mi schiude la porta il tuo sorriso
                    ed il tuo piede e l'occhio a un Infinito
                    adorato ed ancora sconosciuto?
                    Di Satana o di Dio, che importa? Angelo
                    o Sirena, che importa se mi rendi,
                    - fata dagli occhi di velluto, ritmo,
                    profumo, luce, unica regina! -
                    questo universo meno ripugnante
                    e questi brevi istanti meno gravi?
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