Scritta da: Giancarlo Cerbo
in Poesie (Poesie d'Autore)
La banda di musica
Sussurra in piazza
di musica la banda
che bisbigliando incanta
seppur momentaneamente
gli animi della gente.
Composta giovedì 1 agosto 2013
Sussurra in piazza
di musica la banda
che bisbigliando incanta
seppur momentaneamente
gli animi della gente.
Non so
cosa vogliono da me questi alberi
questi vecchi angoli di strada
da essere così miei solo guardandoli un istante.
Ah! Se mi chiederanno documenti là dall'Altro Lato,
estinte le altre memorie,
potrò mostrare i fogli sparsi di un album di immagini:
qui una pietra levigata, lì un cavallo immobile
o
una
nuvola smarrita
smarrita.
Mio Dio, che modo strano di raccontare una vita!
Sulla stessa pietra si trovano,
secondo la tradizione popolare,
una stella per quando si nasce,
una croce per quando si muore.
Ma quanti qui riposano
devono correggerci così:
"Mettetemi una croce all'inizio
e la luce della stella alla fine!"
Distratto scese l'oblio
come un tramonto sul mondo dei ricordi.
misi la fiamma su una torcia galleggiante
e ti ho osservata mentre la corrente del fiume
all'orizzonte dissolveva la tua luce.
Voltai le spalle al tuo ricordo, chiamando abitudine
ciò che in quei giorni rese insonni le mie notti
ho amato e odiato dai meandri del mio essere
al punto da non riuscire a convivere con la mia sobrietà
quando ho dovuto fare a meno di te.
Sei stata perfetta perfino a farmi male.
Il tempo sistema ogni cosa dicono.
su di te però, nessuna condizione è mai stata scritta nel firmamento.
Il mio percorso continua in sentieri avvolti da stagioni
portandomi in luoghi ai quali non sarei mai arrivato
se ci fossi ancora tu nei miei risvegli.
Certe notti ti impossessi dei miei sogni
lasciandomi estasiato dal tuo sorriso che sorge cristallino
e il mio animo resta incredulo nel realizzare
che ho ancora da imparare da ciò che siamo stati.
Quegli anni risplendono oggi
come la luce di una stella
che percorre lo spazio infinito
e rende sublime il buio del cielo
dove resta in eterno.
Picchia fuori il sole.
Picchia la malinconia,
sul mio cuore.
La tua assenza
mi maltratta
e non serve
la voce grossa.
Mangiare
non è più nutrire.
Non si può sfamare
il vuoto.
La distanza
non è una colpa.
Nemmeno Amare
lo è.
Eppure a volte,
somiglia a una condanna.
Arundhati Subramaniam
Dammi una casa
che non sia mia,
dove possa entrare e uscire dalle stanze
senza lasciar traccia,
senza mai preoccuparmi dell'idraulico,
del colore delle tende,
della cacofonia dei libri vicino al letto.
Una casa leggera da indossare,
in cui le stanze non siano intasate
delle conversazioni di ieri,
dove l'ego non si gonfia
a riempire gli interstizi.
Una casa come questo corpo,
così aliena quando provo a farne parte,
così ospitale
quando decido che sono solo in visita.
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In lingua originale:
HOME
Give me a home
that isn't mine,
where I can sleep in and out of the rooms
without a trace,
never worrying about the plumbing,
the colour of the curtains,
the cacophony of books by the bedside.
A home that I can wear lightly,
where the rooms aren't clogged
with yesterday's conversations,
where the self doesen't bloat
to fill in the crevices.
A home, like this body,
so alien when I try to belong,
so hospitable
when I decide I'm just visiting.
Avere paura dei minuti
mentre si è comodamente
su un divano seduti.
Osservare, attraverso l'immaginazione,
dettagli invisibili,
si posa lo sguardo
su foto di ieri.
Dopo un leggero sussulto
distolgo ansimante lo
sguardo che si posa
al triste futuro.
Figura essenziale è
lo specchio mediatore,
dove l'amore incalza
di una timida ragazza.
Com'è bello far l'amore con te
sai sempre essere diversa, mai monotona!
La settimana scorsa mi hai detto:
"Voglio farlo come lo farebbe Sharone Stone".
Ti sei messa davanti e hai accavallato le gambe,
Ovviamente sotto il vestito
non avevi niente,
non potevi certo modificare la scena.
Sapessi com'è stato bello!
Ieri l'altro mi hai detto: "Voglio farlo come Demi Moore".
Hai cominciato ad accarezzarmi prima il viso,
poi il petto,
lavorandolo come fosse argilla.
Toccandomi così non ho potuto resistere,
sei stata meravigliosa!
Oggi invece ti sei superata, mi hai detto:
"Mi piacerebbe essere Kristin Scott Thomas
ne il Paziente inglese".
Impazientemente schiacciandoti contro il mobile
ti sei sbottonata la camicetta e alzato la gonna
mentre uno strano sorriso convulso
ti contraeva il volto. Il tuo sguardo mi ha trapassato
il cuore. Sei stata magnifica!
Ti prego tesoro, domani vorrei essere
Kevin Costner in "Revenge".
Dai, rivediamoci il film.
In una sera d'agosto
asciugavi la tua pelle
dal sudore delle stelle.
Legato al tuo respiro
mi univo a te,
al tuo corpo ribelle.
Quasi avvolto
dalla risacca argentata,
vivevo un sogno proibito,
insieme a te,
desiderio impedito.
Correva la sera,
sù un brivido che ci fermava.
Eravamo lì,
tra il cuore e le stelle.
E mentre alzavo gli occhi,
scrutavo la luna,
e il cielo s'imbruniva.
In prigione con
me stesso attendo,
perseguita la mia
mente
una voglia di amore
innocente.
Sulle mura
sono disegnate
figure opache
di tristi vedute.
Prigione luogo di consolazione,
tempio di meditazione,
le fredde sbarre non generano
tensione
ma un dolce senso di
protezione.
Il passato è andato,
l'amore perduto,
il futuro ritrovato.