Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
Qualcosa
Notte che te ne vai
dammi la mano
opera d'angelo che freme
i giorni si suicidano
perché?
notte che te ne vai
buonanotte.
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Notte che te ne vai
dammi la mano
opera d'angelo che freme
i giorni si suicidano
perché?
notte che te ne vai
buonanotte.
Stelle di stelle
occhi galattici sui suoi passi,
seguite la mia amata,
chiedo a voi
che la vedete
più vicino dei satelliti.
E tu sole di fuoco
trattieni la tua rabbia,
non sciogliere la neve
e accarezza gli steli
dove lei cammina.
Un sogno non è mai un miraggio.
Un sogno è la scintilla che alimenta la nostra voglia di vivere.
Tutto ciò che è stato realizzato è prima partito da un sogno, quel piccolo desiderio che fa scorrere più velocemente il sangue nelle nostre vene, che ci fa gioire, emozionare, ed a volte ci strappa una lacrima.
Chi non sogna vive solo a metà!
Chi non crede nei propri sogni avrà una vita monotona, non apprezzerà le meraviglie lungo il cammino, non vivrà le emozioni di chi invece giorno dopo giorno si concede l'ebrezza di un sogno.
Il Sogno non ha età.
Anche Tu hai un sogno!
Non permettere mai a nessuno di spegnere i tuoi sogni, di soffiare alla fiammella che arde nel tuo cuore, perché la difficoltà più grande non è sognare, ma ricominciare a sognare, riaccendere quel lume.
Il dono più importante che la vita ci può dare è la consapevolezza del vivere!
La gioia di risvegliare dentro il nostro cuore una nuova emozione, un piccolo desiderio che ne alimenta un altro, che risveglia il nostro corpo facendolo vibrare nuovamente, o semplicemente per la prima volta! Che ci fa sperare che sia la volta giusta!
Che ci da il coraggio di rialzarci in piedi e continuare a lottare!
Che ci fa capire che il vero miracolo nasce dentro di noi e per questo nessuno lo può fermare!
Questo è il mio Augurio che ti voglio fare, riaccendi la tua vita di sogni, riaccendi quella fiammella, fai tornare a vibrare la tua pelle, ritorna a provare Un emozione, dona il tuo cuore, una volta ancora, perdona senza riserve, perché la zavorra del rancore è un macigno che la tua mente non può sopportare. Nutriti dei tuoi sogni e circondati di persone che ti fanno sognare!
Perché una fiammella condivisa nello stesso sogno può scatenare un incendio!
Folle incalzai le spalle del mattino
– ero gremita d'impeti, d'azzardi –:
ma quando, al colmo, consegnò la fiaccola,
m'accorsi che già il meglio della luce
s'era perduto. Corsi con affanno
sulla scia del meriggio: troppo tardi
m'udì – già stava a mezzo della scala.
Ormai debbo la sera supplicare
di trattenersi ancora (come insiste
l'ospite sulla porta, che da solo
a rientrarsene in casa si fa triste)
La supplico. Si fonde con le rare
luci, con l'ombre: è qui – ma non risponde.
Delirassi, chiudetemi la bocca.
Non credere, chiamassi un nome in sogno.
Soprattutto, negli occhi non guardatemi.
Chè incatenato, lacero, alla gogna
degli aguzzini (Indietro! Non si tocca!
Solo al capestro spetterà l'onore) –
qui dalla spia dei miei occhi sorridervi
voi lo vedreste, e alla sua sorte, al boia.
Come un oltraggio stupireste: niente
dell'atteso spettacolo. Un amore
reo di morte – innocente.
Fruscio di foglie sulla terra nera,
in fila dietro il piffero d'un vento,
lacere, scalze, illuse
d'essere ricondotte a primavera.
Senti nel buio il trepido colloquio
cieco, il sussurro per farsi coraggio.
– Da loro impara, anima,
se indietro sogni torcere il tuo viaggio. –
Ah, tradite nell'alba al soliloquio
del primo uccello! Sbaragliate al puro
chiarore! Senza voce, illividite,
fucilate dal sole a piè di un muro.
Spegnimi gli occhi: io ti so vedere,
serrami gli orecchi: ti so sentire,
e senza piedi a te so camminare,
e senza bocca ti so anche invocare.
Turami via le braccia e ti afferro
con il mio cuore come una mano,
turami il cuore e batterà il cervello,
e se al cervello scagli la cancrena
ti porterò allora nel mio sangue.
La conoscenza velenosa nel disponibile
il battito salvato del polso
sono già provate le nevrosi
non sono più nidi nella persona
nell'uccisione dell'amore cadere
sull'abito nuziale di bestie brucianti
nella loro schiera d'angoscia ascoltare
il gioioso bisbiglio degli occhi
vivere nel solco ignoto.
Rivolgo i miei pensieri a te,
improvvisando la Musica
che sgorga dal mio cuore,
scrivo note vibranti
di languide emozioni,
lascio scorrere le dita
sulla tastiera,
il bianco ed il nero si alternano
sotto la mia carezza e lieve pressione,
sfiorano...
rincorrono febbrili un "sentire"
espresso in sublime melodia,
esse fanno germogliare
il frutto del mio immortale amore,
che si espande,
si libra,
e raggiunge l'apice
in un tripudio di pura emozione.
Rivolgo il mio sguardo a te,
che appari sorridente e luminoso
mentre mi ascolti e ti lasci sommergere.
Rivolgo il mio Universo al tuo,
ti avvolgo nel mio Cielo,
affinché l'eterna passione
sorvoli le infinite Galassie.
Rivivo nel mio cuore
non solo istanti di te,
ma la tua Vita nella Mia.
Rivivo nei miei giorni
momenti di te,
momenti di me,
improvvisando in note
la più potente Sinfonia.
Tu diventi Musica,
poesia,
Eterna Melodia.
Ed io Canto.
Lasciami improvvisare
la musica del cuore.
Sognando, stavo interpretando il sogno
della mia morte. Discendendo scesi
schiume subito aperte
sotto la schiena. Ah quante braccia alzavo
verso l'oblò celeste!
Verso l'eternità che si sfilava
dallo spirito mio
come una povera veste.
Fra che stelle di melma
sarei schiantata, a che mi partoriva
la nebulosa che s'era finta Iddio?
Nel buio! Assassinata! Finché un raggio
infilando la cruna d'un'imposta
corse da me pungendomi la palpebra
con una spina di rosa
m'accusava ch'ero viva.