Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Poichè l'alba si accende...

Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l'imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,

facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l'ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava.

E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano;
basta con l'abominevole rancore! Basta
con l'oblìo ricercato in esecrate bevande!

Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,

io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;

sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.

E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La lontananza

    Ito, aure dolci, a Cloe
    Che le delizie or godo
    Dei boschi, e i lai lion ode
    D'un tenero amatori
         La troverete al margo
    Forse d'un rio cannoso,
    O al rozzo d'odoroso
    Arbore in grembo ai fior.
         Ite, aure dolci, a Cloe,
    E con scherzosi giri
    Recate i miei sospiri,
    Le rammentate amor.
         Una vezzeggi il crine,
    L'altra, ogni incenso accolto,
    Lambisca il roseo volto,
    Soave scenda al cor.
         Torna, gentil donzella,
    Con flebil suon le dica,
    Torna, vezzosa amica,
    Al tuo poeta in sen.
         Le grazïose aurette
    Passano ad una ad una,
    E mi prometto ognuna
    Chieder pietà al mio ben.
         Chinano il capo i gigli,
    Scuoton le frondi i rami,
    Sembrano dirmi: Ed ami
    Con tanta fedeltà?
         Se son pietosi i fiori,
    So son pietosi i venti,
    A' pianti ed a' lamenti,
    Non avrà Cloe pietà?
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      LA PARTENZA.

           Partita è Cloe: ah! volino
      Le Grazie a lei d'intorno,
      E lieta l'accompagnino
      Al rustico soggiorno.
           Or forse è giunta, e tacita
      Trascorre il campo aprico:
      Deh! fra soavi palpiti
      Rammenti il fido amico.
           Ruscel che scorri limpido,
      Se ascolti il nome mio,
      Più dolcemente mormora,
      Dille che l'amo anch'io.
           Auretta solitaria,
      Se intorno a lei t'aggiri,
      Con flebil suono annunziale
      I mesti miei sospiri.
           Vispi augellini teneri,
      Ito dov'ella siede,
      E con gorgheggio querulo
      Le rammentato fede.
           Voi pure amate, e il giubilo
      È a voi compagno: io solo
      Amo, ma spargo lagrime,
      Amo, ma in mezzo al duolo.
           Pur mi son dolci i gemiti
      Per questo amor pudico;
      Ah! fra soavi palpiti
      Rammenti il fido amico.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il pomo

        Pomo ch'io colsi, e Cloe,
        Da un arbuscel gentile,
        Che a quei dei verde aprile
        Non può invidiare i fior,
        Pomo ch'effigia e mostra
        Del volto tuo la rosa,
        Ti dona, o Cloe vezzosa,
        Con la mia mano il cor.
        Mel chiese or or con Clori
        La bruna Nice e Irene;
        Ma il pomo sol conviene,
        Mia bionda amica, a te.
        Così fra Tirai e Dafni
        Da te ottenessi io fede...
        Ma tu ti sdegni; ahi chiede
        Un cuor quel che ti diè.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il serto

          Cogliete, o pastorelli,
          Cogliete vaghi fiori,
          Chè deggio per gli albori
          A Fille un serto far.
          Farlo vorrei sol io,
          Ma nol permetto l'ora,
          Chè in Cielo già l'Aurora
          Comincia rosseggiar.
          E le dirò che il serto
          Tessuto è di mia mano.
          Ma che? Così profano
          Il labbro mio sarà?
          Mai menzogner non fui,
          E s'anche il fossi, ah! Fille
          Fra mille fiori e mille
          i miei distinguerà.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La febbre

            Febbre le vene accende,
            O Cloe, del tuo poeta,
            E tu frattanto lieta
            Passi cantando i dì.
                 Serbi così l'affetto
            Che tu giurasti a lui,
            I fidi merti sui
            Compensi, o Cloe, così?
                 Misero giovanetto,
            Che ad un'ingrata credi,
            Cessa d'amar; non vedi
            Ch'ella t'inganna ognor?
                 Cruda!... Ma dir vorresti:
            Nol seppi, il giuro ai Dei:
            Taci, spergiura sei,
            Chè te lo disse Amor.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il desiderio

              Io non invidio ai vati
              Le lodi e i sacri allori,
              Nè curo i pregi e gli ori
              D'un duce o d'un sovran.
                   Saran miei dì beati
              Se avrò il mio crine cinto
              Di serto vario-pinto
              Tessuto di tua man.
                   Saran miei dì beati
              Se in mezzo a bosco ombroso
              Il volto tuo vezzoso
              Godrommi a contemplar.
                   Che bel vederci allora
              Mille cambiar sembianti,
              E direi: O cori amanti,
              Cessate il palpitar!
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Il ritratto

                Scrivo che tu sei bella,
                Scrivo che tutto è accolto
                Sul grazïoso volto
                De' vezzi il roseo stuol.
                     Scrivo che i tuoi dolci occhi
                Vibran soave foco,
                Scrivo.... Ma questo è poco
                Per sì gentil beltà.
                     Chi mai potria le grazie
                Spiegar di quei colori,
                Ove si stan gli Amori
                Come sul loro altar?
                     Dir altro io mai non seppi
                So non che tanto sei
                Vezzosa agli occhi miei
                Ch'altra non sanno amar.
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                  Scritta da: Mela Favale
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Quello a me sembra pari a un dio,
                  quello, se è lecito dirlo, superiore agli dèi,
                  che, seduto di fronte a te a te, senza interruzione
                  ti guarda e t'ascolta
                  mentre sorridi dolcemente,e ciò sottrae
                  a me infelice ogni sensazione: perché non appena,
                  Lesbia, ti guardo, non mi restano
                  più parole;
                  ma la lingua s'intorpidisce, una fiamma sottile
                  s'insinua nelle mie membra, di un suono interno
                  mi ronzano le orecchie, una duplice notte
                  sui miei occhi si stende.
                  L'ozio, Catullo, è per te dannoso:
                  per l'ozio ti esalti e sei troppo eccitato;
                  l'ozio ha mandato in rovina un tempo
                  re e città fiorenti.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Sospiro

                    L'anima verso la tua fronte, o calma sorella,
                    dove sogna un autunno sparso di macchie di porpora
                    e verso il cielo errabondo delle tue iridi
                    angeliche, sale, come in un malinconico
                    giardino, fedele un bianco zampillo sospira
                    verso l'Azzurro!
                    - Verso l'Azzurro raddolcito d'Ottobre
                    pallido e puro che specchia il suo languore infinito
                    ai grandi bacini e lascia, sull'acqua morta
                    dov'erra col vento la fulva agonia delle foglie
                    scavando un gelido solco, trascinarsi
                    il sole giallo con obliquo raggio.
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