Che ascosa al mondo sotto un puro ammanto Gode al raggio di Dio beata un'alma: E al suo parlar svegliossi da ogni canto Un'indistinta soave armonia, Un dolce dolce amorosetto canto. Pinse come su i Cieli rifiorìa D'amaranto immortale un vago serto Per chi l'inferno ed il peccato obblìa: E al suo parlar vezzosamente aperto Si vide il prato ne' color più gai, E di fioretti amabili coperto.
E venir vidi in leggiadria decente Amabil Verginella, alla cui fronte Ornamento facea candor lucente. Così non luce mai vermiglio il monte Cui batte il Sol di sera, e sì non luce Sul mattin odoroso l'orizzonte. Nube che fior sparpaglia la conduce Per l'aer leggiadramente, ed al suo lato Fervida stassi Carità per duce. Di mite venticel fragrante fiato Spingea la bianca nube, e dir parea: In uffizio sì caro io son beato. E poi che giunse là 've risplendea L'augusta Croce, e di Angeli uno stuolo Radïante corona la facea; Troncò la nube candidetta il volo, E soffermossi a piè del Cherubino Che scese i Cieli maestoso e solo. Ed ei sul capo riverente e chino Dell'innocente Vergine la palma Stese, e sparse su lei sermon divino; E le dipinse la placida calma,
Piovea di sangue e di fiammelle un nembo Cui sette Serafini a capo chino, Onde raccôr, stendean l'aurato lembo; E aprissi il Cielo, e scese un Cherubino Con un Calice in mano ov'era scritto A note di adamante: Amor Divino. E poi ch'ebbe tre volte circoscritto Lo spazio delle sfere, a posar venne Sul tronco ove lavossi ogni delitto; Indi abbracciollo, e Cantico solenne Coi Spiriti minori erse in dolore, Dolce battendo di fulgor le penne. E a me, cui maestà cerchiava il core, Scrivi scrivi, gridò, ciò che vedrai, Chè queste son l'alt'opre del Signore. A lui per riverenza io m'atterrai, E al suon di tromba vidi in Orïente Splender igniti abbarbaglianti rai
Abbracciava il Creato immensa notte, E nel deserto con ruggir feroce Rompeano i turbi le sonanti grotte; Quando tuonar udii terribil voce Che dal sonno mi scosse, e all'aer in grembo Vidi alto balenar rovente Croce.
Professando la regola di Sant'Agostino fra le eremite la nobil donzella Maria Toderini ora Maria Serafina Delle Cinque Piaghe canto consecrato alla nobil donna Maddalena Toderini Pappafava sorella amorosissima della sacra sposa.
Coronato d'alloro, o naviganti, Adorando, e libateli dall'alta Poppa in onor della palmosa Delo, Ospizio di Latona, isola cara Al divino Timbrèo, cara alla madre Delle Nereidi, e al forte Enosigèo. Non ferverà per voi l'ira del flutto Dalle Cicladi chiuso ardue di sassi, Nè dentro al nembo suo terrà la notte L'aure seconde, e l'orïente guida Delle spiate nubi. Udrà le preci Febo; dai gioghi altissimi di Cinto Lieti d'ulivi e di vocali lauri, Al vostro corso le cerulee vie Spianerà tutte, e agevoli alle antenne Devote manderà gli Eolii venti. Però che l'occhio del figliuol di Giove, Lieto fa ciò che mira: Apollo salva Chi Delo onora. O stanza dell'errante Latona! Invan la Dea liti e montagne Dolorando cercò: fuggìanla i fiumi E contendeano a correre col vento. Ove più poserai dal grave fianco Lo peso tuo? Nè avrà culle e lavacri Dell'Olimpio la prole, o dolorosa? Ma la nuotante per l'Icario fonte Isola, à venti e all'acque obbedïente, Lei ricettò, sebben in ciel si stesse La minaccia di Giuno alla vedetta. Amor di Febo e dè Celesti è Delo. Immota, veneranda ed immortale, Ricca fra tutte quante isole siede E le sorelle a lei fanno corona. I doni di Lieo nell'auree tazze D'alloro inghirlandate o naviganti Adorando; e libateli dall'alta Poppa in onor della palmosa Delo.
Tale cantando Alceo strinse di grato Ozio i Tritoni, e i condottieri infidi Della nave che gìa pel grande Egeo Italia e le Tirrene acque cercando Onde posar nella toscana terra Le Muse che fuggìen l'arabo insulto E le spade e la fiamma ed il tripudio Dè nuovi numi, e del novello impero; Come piacque all'eterna onnipotenza Di quella calva che non posa mai Di vendicar sul capo dè Comneni Le vittorie di Roma, ed i tributi D'Asia, e di Costantin gli Dei mutati.
Salìa dell'Athos nella somma vetta Il duca, e quindi il flutto ampio guardava E l'isole guardava e il continente Però che si chinava all'orizzonte Diana liberal di tutta luce. Gli suonavano intorno il brando e l'arme Sfolgoranti fra l'ombre, e giù dall'elmo Gli percuoteva in fulva onda le spalle La giuba dè corsier presi in battaglia; Negro cimiero ondeggiavagli, e il negro Paludamento si portavan l'aure.