Nessuno dei cittadini, Pericle, biasimando i lutti dolorosi, gioirà con banchetti, e neppure la città. Tali sono gli uomini che l'onda del mare sonante sommerse; e gonfio di pianto è il cuore per la pena. Ma ai mali irrimediabili gli dèi, o amico, diedero la virile sopportazione come rimedio: ora uno, ora un altro ha questa sorte; su di noi adesso si è volta, e piangiamo la ferita che sanguina. Poi, di nuovo, toccherà ad altri. Ma presto, via, allontanate il lutto femmineo, e sopportate.
Se d'arder e d'amar io non mi stanco, anzi crescermi ognor questo e quel sento, e di questo e di quello io non mi pento, come Amor sa, che mi sta sempre al fianco, onde avien che la speme ognor vien manco, da me sparendo come nebbia al vento, la speme che 'l mio cor può far contento, senza cui non si vive, e non vissi anco? Nel mezzo del mio cor spesso mi dice un'incognita téma: - O miserella, non fia 'l tuo stato gran tempo felice; ché fra non molto poria sparir quella luce degli occhi tuoi vera beatrice, ed ogni gioia tua sparir con ella.
Io son da l'aspettar omai sì stanca, sì vinta dal dolor e dal disio, per la sì poca fede e molto oblio di chi del suo tornar, lassa, mi manca, che lei, che 'l mondo impalidisce e 'mbianca con la sua falce e dà l'ultimo fio, chiamo talor per refrigerio mio, sì 'l dolor nel mio petto si rinfranca. Ed ella si fa sorda al mio chiamare, schernendo i miei pensier fallaci e folli, come sta sordo anch'egli al suo tornare. Così col pianto, ond'ho gli occhi miei molli, fo pietose quest'onde e questo mare; ed ei si vive lieto nè suoi colli.
Chi mi darà soccorso a l'ora estrema, che verrà morte a trarmi fuor di vita tosto, dopo l'acerba dipartita, onde fin d'ora il cor paventa e trema? Madre e sorella no, perché la téma questa e quella a dolersi meco invita, e poi per prova omai la lor aita non giova a questa doglia alta e suprema. E le vostre fidate amiche scorte, che di giovarmi avriano sole il come, saran lontane in quella altera corte. Dunque ì porrò queste terrene some senza conforto alcun, se non di morte, sospirando e chiamando il vostro nome.
A che, signor affaticar invano per ritrarvi e scolpirvi in marmi o in carte, o gli altri c'hanno fama di quest'arte, o 'l chiaro Buonaroti o Tiziano, se scolpito qual sète aperto e piano v'ho nel petto e nel fronte a parte a parte, sì che l'imagin d'indi unqua non parte, perché siate voi presso o pur lontano? Ma forse voi volete esser ritratto in sembiante leale e grazioso, qual sète a tutti in ogn'opra in ogn'atto; dove, lassa, ch'a pena dirvel oso, vi porto impresso, qual vi provo in fatto, un pochetto incostante e disdegnoso.
Deh perché non ho io l'ingegno e l'arte di Lisippo e d'Apelle, onde potessi il viso, che per sole al mondo elessi, dipinger e scolpir in qualche parte, poi che non posso ben ritrarr'in carte, com'avrian con lo stile ritratto essi, le mie due stelle, la cui luce impressi pria sì nel cor, che d'indi non si parte? Perch'io rimarrei sol con un tormento d'amar e sospirar, e 'l cor saria d'ogni altra cura poi pago e contento; dov'or piango l'acerba pena mia, e piango ch'atta a pinger non mi sento al mondo il mio bel sol quanto devria.