Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Tali sono gli uomini che l'onda del mare sonante

Nessuno dei cittadini, Pericle, biasimando
i lutti dolorosi, gioirà con banchetti, e neppure la città.
Tali sono gli uomini che l'onda del mare sonante
sommerse; e gonfio di pianto è il cuore
per la pena. Ma ai mali irrimediabili gli dèi,
o amico, diedero la virile sopportazione
come rimedio: ora uno, ora un altro ha questa sorte;
su di noi adesso si è volta, e piangiamo la ferita che sanguina.
Poi, di nuovo, toccherà ad altri. Ma presto, via,
allontanate il lutto femmineo, e sopportate.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Se d'arder e d'amar io non mi stanco,
    anzi crescermi ognor questo e quel sento,
    e di questo e di quello io non mi pento,
    come Amor sa, che mi sta sempre al fianco,
    onde avien che la speme ognor vien manco,
    da me sparendo come nebbia al vento,
    la speme che 'l mio cor può far contento,
    senza cui non si vive, e non vissi anco?
    Nel mezzo del mio cor spesso mi dice
    un'incognita téma: - O miserella,
    non fia 'l tuo stato gran tempo felice;
    ché fra non molto poria sparir quella
    luce degli occhi tuoi vera beatrice,
    ed ogni gioia tua sparir con ella.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Io son da l'aspettar omai sì stanca,
      sì vinta dal dolor e dal disio,
      per la sì poca fede e molto oblio
      di chi del suo tornar, lassa, mi manca,
      che lei, che 'l mondo impalidisce e 'mbianca
      con la sua falce e dà l'ultimo fio,
      chiamo talor per refrigerio mio,
      sì 'l dolor nel mio petto si rinfranca.
      Ed ella si fa sorda al mio chiamare,
      schernendo i miei pensier fallaci e folli,
      come sta sordo anch'egli al suo tornare.
      Così col pianto, ond'ho gli occhi miei molli,
      fo pietose quest'onde e questo mare;
      ed ei si vive lieto nè suoi colli.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Chi mi darà soccorso a l'ora estrema,
        che verrà morte a trarmi fuor di vita
        tosto, dopo l'acerba dipartita,
        onde fin d'ora il cor paventa e trema?
        Madre e sorella no, perché la téma
        questa e quella a dolersi meco invita,
        e poi per prova omai la lor aita
        non giova a questa doglia alta e suprema.
        E le vostre fidate amiche scorte,
        che di giovarmi avriano sole il come,
        saran lontane in quella altera corte.
        Dunque ì porrò queste terrene some
        senza conforto alcun, se non di morte,
        sospirando e chiamando il vostro nome.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          A che, signor affaticar invano
          per ritrarvi e scolpirvi in marmi o in carte,
          o gli altri c'hanno fama di quest'arte,
          o 'l chiaro Buonaroti o Tiziano,
          se scolpito qual sète aperto e piano
          v'ho nel petto e nel fronte a parte a parte,
          sì che l'imagin d'indi unqua non parte,
          perché siate voi presso o pur lontano?
          Ma forse voi volete esser ritratto
          in sembiante leale e grazioso,
          qual sète a tutti in ogn'opra in ogn'atto;
          dove, lassa, ch'a pena dirvel oso,
          vi porto impresso, qual vi provo in fatto,
          un pochetto incostante e disdegnoso.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Rime, lVIII

            Deh perché non ho io l'ingegno e l'arte
            di Lisippo e d'Apelle, onde potessi
            il viso, che per sole al mondo elessi,
            dipinger e scolpir in qualche parte,
            poi che non posso ben ritrarr'in carte,
            com'avrian con lo stile ritratto essi,
            le mie due stelle, la cui luce impressi
            pria sì nel cor, che d'indi non si parte?
            Perch'io rimarrei sol con un tormento
            d'amar e sospirar, e 'l cor saria
            d'ogni altra cura poi pago e contento;
            dov'or piango l'acerba pena mia,
            e piango ch'atta a pinger non mi sento
            al mondo il mio bel sol quanto devria.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Torniamo ai giorni del rischio,
              quando tu salutavi a sera
              senza essere certo mai
              di rivedere l'amico al mattino.

              E i passi della ronda nazista
              dal selciato ti facevano eco
              dentro il cervello, nel nero
              silenzio della notte.

              Torniamo a sperare
              come primavera torna
              ogni anno a fiorire.

              E i bimbi nascano ancora,
              profezia e segno
              che Dio non s'è pentito.

              Torniamo a credere
              pur se le voci dai pergami
              persuadono a fatica
              e altro vento spira
              di più raffinata barbarie.

              Torniamo all'amore,
              pur se anche del familiare
              il dubbio ti morde,
              e solitudine pare invalicabile.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Era aperta solo al tuo occhio
                quella Notte oscura:
                e dunque perché non li uccidesti
                avanti che uccidessero?

                I grandi deliravano
                In parate e uniformi
                E noi non capivamo.

                Aquile e svàstiche
                e canti di morte
                salmi e canti e benedizioni
                di reggimenti col teschio
                sui berretti neri
                sulle camice nere
                sui gagliardetti neri...

                E discorsi fin o all'urlo
                accanito delle folle d'Europa,
                della saggia e civilissima
                e cristiana Europa.

                Così abbiamo tutti cantato
                almeno una volta
                i canti della morte.

                L'inizio è sempre uguale:
                "Nostra è la Ragione"! E poi,
                l'esaltazione degli eroi.

                Poi le medaglie
                e le corone e i monumenti
                e i momenti del silenzio
                all'Altare della Patria.

                Dio, cosa costano gli eroi!
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