Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

La bianca neve

Gli angeli gli angeli nel ciel
Uno è vestito da ufficial
Uno è vestito da cucinier
E gli altri a cantar

Bell'ufficiale color del ciel
Dopo Natale maggio verrà
E d'un bel sole ti decorerà
Ti decorerà

Spenna le oche il cucinier
Le oche oh che
Oh che neve cade e perché
Fra le mie braccia la mia bella non c'è.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La canzone del maleamato

    Una sera di mezza bruma a Londra
    Un monellastro che somigliava al
    Mio amore mi si fece incontro e fonda
    Mi lanciò una guardata tale da
    Farmi chinar gli occhi d'onta

    Fischiettava una sua canzone
    Le mani in tasca e mentre lo seguivo
    Di quella strada nel canalone
    Mar Rosso aperto sembravamo
    Lui gli Ebrei io Faraone

    Cada quell'onda di mattoni giù
    Se tu non fosti bene amata
    Io son davvero il Re d'Egitto e in più
    La sua sorella sposa la sua armata
    Se l'unico amore non sei tu

    Alla svolta d'una via bruciante
    Di tutti i lumi delle facciate

    Piaghe di nebbia sanguinante
    Vivo lamento delle facciate
    Un'ubriaca a lui somigliante

    Carico l'occhio d'inumanità
    Sul collo nudo la cicatrice
    Da una taverna sbucò là
    Nell'ora in me rivelatrice
    Dell'amorosa falsità

    Tornato in patria finalmente
    Il saggio Ulisse fu riconosciuto
    Dal vecchio cane Teneramente
    La moglie presso un gran tessuto
    Stava ad attenderlo fidente

    Stanco di vincere si rallegrava
    Di Sakuntala il regale signore
    Allorché languida lei ritrovava
    Mentre occhi pallidi d'attesa e d'amore
    La sua gazzella accarezzava

    A quei felici re ho pensato
    Quando l'amore falso e quella
    Di cui son sempre innamorato
    Le loro perfide ombre urtando
    Così infelice m'hanno lasciato

    L'inferno è fatto di questi rimpianti
    Un cielo d'oblio s'apra ai miei voti
    Per un suo bacio del mondo i regnanti

    Morti sarebbero Tapini famosi
    Offerta avrebbero l'ombra ai mercanti

    Ho svernato nel mio passato
    Ora ritorni il sole di Pasqua
    A riscaldare un cuor più gelato
    Dei Quaranta che a Sebaste
    Meno di me han martirizzato

    Memoria mia mia bella vela
    Abbastanza s'è navigato
    In un'onda a bersi nera
    Abbastanza s'è divagato
    Dalla bell'alba alla triste sera

    Addio falso amore confuso
    Con la donna che s'allontana
    Con quella che ho perduto
    L'anno scorso in Germania
    E mai mai più ho riveduto

    O Via lattea sorella luminosa
    Di Cànaan dei bianchi rivi
    E d'un bianco corpo di sposa
    Ti seguiremo morti nuotatori privi
    Di fiato in altra nebulosa?

    Mi ricordo d'un altr'anno
    Era l'alba d'un giorno d'aprile
    Io cantavo il mio dolce affanno
    Cantavo l'amore con voce virile
    In quel momento d'amore dell'anno.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Segno

      Sono nato sotto il segno dell'Autunno
      Perciò amo i frutti e detesto i fiori
      Rimpiango i miei baci ad uno ad uno
      Come un noce bacchiato al vento racconta i suoi dolori

      Eterno autunno o stagione mia mentale
      Le mani degli amanti d'una volta cospargono il tuo suolo
      Mi segue una sposa è la mia ombra fatale
      Stasera le colombe spiccano l'ultimo volo.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il carnevale di Gerti

        Se la ruota si impiglia nel groviglio
        delle stesse filanti ed il cavallo
        s'impenna tra la calca, se ti nevica
        fra i capelli e le mani un lungo brivido
        d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
        le flebili ocarine che salutano
        il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
        giù dal ponte sul fiume
        se si sfolla la strada e ti conduce
        in un mondo soffiato entro una tremula
        bolla d'aria e di luce dove il sole
        saluta la tua grazia-hai ritrovato
        forse la strada che tentò un istante
        il piombo fuso a mezzanotte quando
        finì l'anno tranquillo senza spari.

        Ed ora vuoi sostare dove un filtro
        fa spogli i suoni
        e ne deriva i sorridenti ed acri
        fumi che ti compongono il domani;
        ora chiedi il paese dove gli onagri
        mordano quadri di zucchero dalle tue mani
        e i tozzi alberi spuntino germogli
        miracolosi al becco dei pavoni.

        (Oh, il tuo carnevale sarà più triste
        stanotte anche del mio, chiusa fra i doni
        tu per gli assenti: carri dalle tinte
        di rosolio, fantocci ed archibugi,
        palle di gomma, arnesi da cucina
        lillipuziani: l'urna li segnava
        a ognuno dei lontani amici l'ora
        che il gennaio si schiuse e nel silenzio
        si compì il sortilegio. È carnevale
        o il dicembre s'indugia ancora? Penso
        che se muovi la lancetta al piccolo
        orologio che rechi al polso, tutto
        arretrerà dentro un disfatto prisma
        babelico di forme e di colori... )

        E il natale verrà e il giorno dell'anno
        che sfolla le caserme e ti riporta
        gli amici spersi e questo carnevale
        pur esso tornerà che ora ci sfugge
        tra i muri che si fendono già. Chiedi
        tu di fermare il tempo sul paese
        che attorno si dilata? Le grandi ali
        screziate ti sfiorano, le logge
        sospingono all'aperto esili bambole
        bionde, vive, le pale dei mulini
        rotano fisse sulle pozze garrule.
        Chiedi di trattenere le campane
        d'argento sopra il borgo e il suono rauco
        delle colombe? Chiedi tu i mattini
        trepidi delle tue prode lontane?

        Come tutto si fa strano e difficile
        come tutto è impossibile, tu dici.
        La tua vita è quaggiù dove rimbombano
        le ruote dei carriaggi senza posa
        e nulla torna se non forse
        in questi disguidi del possibile.
        Ritorna là fra i morti balocchi
        ove è negato pur morire; e col tempo che ti batte
        al polso e all'esistenza ti ridona,
        tra le mura pesanti che non s'aprono
        al gorgo degli umani affaticato,
        torna alla via dove con te intristisco
        quella che mi additò un piombo raggelato
        alle mie, alle tue sere:
        torna alle primavere che non fioriscono.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
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          L'anguilla

          L'anguilla, la sirena
          dei mari freddi che lascia il Baltico
          per giungere ai nostri mari,
          ai nostri estuari, ai fiumi
          che risale in profondo, sotto la piena avversa,
          di ramo in ramo e poi
          di capello in capello, assottigliati,
          sempre piú addentro, sempre piú nel cuore
          del macigno, filtrando
          tra gorielli di melma finché un giorno
          una luce scoccata dai castagni
          ne accende il guizzo in pozze d'acquamorta,
          nei fossi che declinano
          dai balzi d'Appennino alla Romagna;
          l'anguilla, torcia, frusta,
          freccia d'Amore in terra
          che solo i nostri botri o i disseccati
          ruscelli pirenaici riconducono
          a paradisi di fecondazione;
          l'anima verde che cerca
          vita là dove solo
          morde l'arsura e la desolazione,
          la scintilla che dice
          tutto comincia quando tutto pare
          incarbonirsi, bronco seppellito:
          l'iride breve, gemella
          di quella che incastonano i tuoi cigli
          e fai brillare intatta in mezzo ai figli
          dell'uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
          non crederla sorella?
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            Scritta da: Silvana Stremiz
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            Gloria del disteso mezzogiorno

            Gloria del disteso mezzogiorno
            quand'ombra non rendono gli alberi,
            e piú e piú si mostrano d'attorno
            per troppa luce, le parvenze, falbe.

            Il sole, in alto, - e un secco greto.
            Il mio giorno non è dunque passato:
            l'ora piú bella è di là dal muretto
            che rinchiude in un occaso scialbato.

            L'arsura, in giro; un martin pescatore
            volteggia s'una reliquia di vita.
            La buona pioggia è di là dallo squallore,
            ma in attendere è gioia piú compita.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              In limine

              Godi se il vento ch'entra nel pomario
              vi rimena l'ondata della vita:
              qui dove affonda un morto
              viluppo di memorie,
              orto non era, ma reliquario.

              Il frullo che tu senti non è un volo,
              ma il commuoversi dell'eterno grembo;
              vedi che si trasforma questo lembo
              di terra solitario in un crogiuolo.

              Un rovello è di qua dall'erto muro.
              Se procedi t'imbatti
              tu forse nel fantasma che ti salva:
              si compongono qui le storie, gli atti
              scancellati pel giuoco del futuro.

              Cerca una maglia rotta nella rete
              che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
              Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
              mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                La casa dei doganieri

                Tu non ricordi la casa dei doganieri
                sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
                desolata t'attende dalla sera
                in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
                e vi sostò irrequieto.

                Libeccio sferza da anni le vecchie mura
                e il suono del tuo riso non è più lieto:
                la bussola va impazzita all'avventura
                e il calcolo dei dadi più non torna.

                Tu non ricordi; altro tempo frastorna
                la tua memoria; un filo s'addipana.

                Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
                la casa e in cima al tetto la banderuola
                affumicata gira senza pietà.
                Ne tengo un capo; ma tu resti sola
                nè qui respiri nell'oscurità.

                Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
                rara la luce della petroliera!
                Il varco è qui? (ripullula il frangente
                ancora sulla balza che scoscende... ).
                Tu non ricordi la casa di questa
                mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
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