Stanca essere, sentire duole, pensare distrugge. A noi estranea, in noi e fuori, precipita l'ora, e tutto in lei precipita. Inutilmente l'anima lo piange.
A che serve? Che cos'è che deve servire? Pallido abbozzo lieve del sole d'inverno che sorride sul mio letto... Vago sussurro breve.
Delle piccole voci con cui il mattino si sveglia, della futile promessa del giorno, morta sul nascere, nella speranza lontana e assurda in cui l'anima confida.
Non sto pensando a niente, e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente, mi è gradita come l'aria notturna, fresca in confronto all'estate calda del giorno.
Che bello, non sto pensando a niente!
Non pensare a niente è avere l'anima propria e intera. Non pensare a niente è vivere intimamente il flusso e riflusso della vita... Non sto pensando a niente. È come se mi fossi appoggiato male. Un dolore nella schiena o sul fianco, un sapore amaro nella bocca della mia anima: perché, in fin dei conti, non sto pensando a niente, ma proprio a niente, a niente...
Ma che piacere non compiere un dovere, avere un libro da leggere e non farlo! Che noiosa la lettura, che pochezza la cultura! Il sole splende senza letteratura. Il fiume scorre, bene o male, senza edizione originale. E la brezza che passa, naturale e mattiniera, sa che ha tempo, e non ha fretta...
I libri sono carta inchiostrata. Lo studio è una cosa ove è indistinta la distinzione fra il niente e cosa alcuna.
Quanto è meglio, se c'è bruma, aspettare Don Sebastiano, venga o non venga Grande è la poesia, la bontà e le danze... ma le cose migliori son l'infanzia, fiori, musica, chiardiluna, e il sole, che pecca solo se invece di nutrire secca...
E ancor meglio di questo è Gesù Cristo, che non sapeva niente di finanze né consta che avesse biblioteca.
Ti ho sognata mi sei apparsa sopra i rami passando vicino alla luna tra una nuvola e l'altra andavi, e io ti seguivo ti fermavi e io mi fermavo, mi fermavo, e tu ti fermavi, mi guardavi e io ti guardavo ti guardavo e tu mi guardavi poi tutto è finito.
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà sei la mia carne che brucia come la nuda carne delle notti d'estate sei la mia patria tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi tu, alta e vittoriosa sei la mia nostalgia di saperti inaccessibile nel momento stesso in cui ti afferro.
L'uomo dice alla donna t'amo e come: come se stringessi tra le palme il mio cuore, simile a scheggia di vetro che m'insanguina i diti quando lo spezzo follemente.
L'uomo dice alla donna t'amo e come: con la profondità dei chilometri con l'immensità dei chilometri cento per cento mille per cento cento volte l'infinitamente cento.
La donna dice all'uomo ho guardato
con le mie labbra con la mia testa col mio cuore con amore con terrore, curvandomi sulle tue labbra sul tuo cuore sulla tua testa. E quello che dico adesso l'ho imparato da te come un mormorio nelle tenebre e oggi so che la terra come una madre dal viso di sole allatta la sua creatura più bella. Ma che fare? I miei capelli sono impigliati ai diti di ciò che muore non posso strapparne la testa devi partire guardando gli occhi del nuovo nato devi abbandonarmi.
La donna ha taciuto si sono baciati un libro è caduto sul pavimento una finestra si è chiusa.