Ancora ti chiamo: non spezzo quel ramo, la foglia è caduta, la stagione finita, goduta, ma non certo perduta la linfa infinita che scorre felice da cima a radice. Alimento di vita che unisce quel dentro e che non capisce le nostre ragioni. Segue il suo corso quel legame sottile e dà vita e vigore al nostro sentire. Aspetta che il raggio buchi la nebbia per dal luce al miraggio che insegue l'oblio, ti chiamo: son io.
Oltre il velo con lo zelo di un pittore che dipinge l'orizzonte ho di fronte un altro io, che dal velo si intravede. Non ci crede la mia mente che procede tra le rime indefinite, non esistono due vite, ma una sola aspettativa. La speranza è ancora viva, oltre il velo, canta e danza, tra le mura della stanza.
Il sole tenace come una brace incendia la nebbia: apre il suo varco e con il suo arco di frecce potenti infrange quel velo. Si insidia insistente come fuoco rovente, trapassa il ricordo già andato, già morto, abbatte quel muro e appare radioso il nostro futuro.
Cosa sento non l'ho detto, ma tu sai che ancor t'aspetto, come un sogno che s'avvera solo quando lo si spera. Cosa sento non lo vedi e seppure non ci credi, cambia e cresce: sta nascosto ma non esce, tra la nebbia si nasconde come il fiume tra le sponde. Cosa sento lo saprò solo quando ti vedrò: sarà come una schiarita tra la nebbia dipartita.
Non vedo niente è un buio apparente quello che prende talvolta la mente nella nebbia suadente. Non vedo tramonti non scorgo orizzonti, non odo parole, tutto è velato da un pensiero oscurato. Trovo ricordi coperti da coltri, sofferti in incontri velati nel nulla. Intravedo una luce che lenta conduce ad un nome, ad un volto che mi dà sicurezza e sento dolcezza che mi attende all'aurora Non sono più sola e fuggo a quest'ora verso mete incantate di vite inventate.
Ti ho cercato dove sei sempre stato, tra nuvole e sogni, tra attese e bisogni, tra foglie cadenti dell'inverno che avanza, tra parole perdute di gioie vissute. Ti ho cercato nel torrente guadato, tra le pagine chiare, sulle onde del mare. Non ti ho trovato e allora ho guardato nel pozzo profondo della mia fantasia, nel punto preciso dove canta il silenzio, dove il nero si fonde e il bianco confonde, dove l'alba e il tramonto si uniscono insieme e gli spazi del giorno non hanno frontiere, dove ciò che è... resterà: eri là.
Cosa nasconde quel velo di nebbia: non certo la sabbia di un mare agitato e neppure la rabbia per un fatto annunciato. Cosa nasconde quel grigio soffuso: forse il canto del merlo confuso da note gelate e da rime sbagliate. Cosa nasconde la penna che scrive non più sulle rive di chiari torrenti: c'è solo costanza che nasconde speranza.
Cosa mi dici tra ciuffi un po' grigi di una mente vissuta: non è più voluta la calda atmosfera di una romantica sera. Ma soffici sogni si appoggiano piano come fiocchi sul ramo, ritornano lenti e ancor sorridenti, se pur non reali. Li avverto presenti, li sento vicino, son con me sul cuscino, soffici sogni svaniti al mattino.
Passa il momento, passaggi nel tempo: di fatti e misfatti di luci, miraggi e conflitti selvaggi. Quelli di ieri che toccano il limite dei nostri pensieri. Quelli di oggi, di anime al vento, di scure "divise" nel triste sgomento. Son solo passaggi in quell'altro orizzonte che abbiamo di fronte e trovano là, nell'altra metà, quel pezzo di cielo che c'è oltre il velo, la parte del cuore scaldata dal raggio, che non segna il passaggio di vite spezzate, ma festeggia il valore di luci arrivate.
Significati, un poco sbagliati, quei fitti pensieri che sanno di ieri. Significati, lontani e annebbiati, tra le rime nascosti nei meandri preposti al nostro ascoltare. Significati, pur sempre cercati al di là del reale, ma il nostro guardare non cede all'istante e puro e ansimante travolge e sconvolge il ritmo preciso di gesti ed azioni. Significati di doni, tracciati sul cuore significati d'amore.