Soffio di vento sull'argine del Po, come un lamento lo conosco e lo so che trascina i pensieri, scompiglia la mente e ragioni non sente. Non fa che rapire i fantasmi vaganti del nostro sentire. Nuvole bianche veleggiano stanche sul ponte di barche: il cielo è assetato di luce e colore ma solo rami secchi abbiamo sul cuore. Bruciano piano i fantasmi vaganti, ma scaldano ancora, dal vento infiammati e mai più scordati.
Non connetto, non lo trovo quel cassetto. In quest'istante quel "file" mancante mi dà problemi. Non collego e non lo nego che ho bisogno di quel sogno: di parlare, di chiarire, di sentire quel "file" volare, di venire e ritrovare quella password per entrare ancora nel tuo mondo.
Ogni cuore ha una memoria particolare: un "file" lo puoi spostare, ma non è concesso cancellare. Così puoi ripescare un attimo, un ricordo e poi ritornare indietro nel tempo e riprendere a sognare. Si vede sempre dove sposti una cartella e talvolta è proprio quella che ti manca, che riflette gioia e che permette di far battere il tuo cuore.
Dalla finestra le tue montagne e ciò che ti resta di cuori appoggiati sul comodino, amati e lasciati. Molte speranze nelle tue stanze, tanti progetti, fogli e foglietti, libri e cassetti, note intonate e foto passate. Su per la scala che scricchiolava la tua mano indicava e rassicurava ogni mio passo. Tra le pareti profumo di vita; mi avevi invitata e non sono più uscita dal tuo mondo incantato.
Tornerà primavera, tornerà quel vento fresco della sera, tornerà l'idea d'andare per monti e per mare, tornerà l'idea d'amare, perché non ci so stare senza sognare.
Respiro sognante, sospiro leggero, respiro danzante, sospiro sincero. Ti respiro ancora oltre l'aurora, nella bella follia, e sospiro da sola con avanzi di poesia.
Quando tra i rami s'odon i richiami d'allodole allegre, la voglia di gemme è promessa solenne di mite tepor. Non c'è il primo fiore, ma solo il ricordo di giochi nel sole, di danze e balletti, di freschi banchetti oltre ai sorrisi da noi condivisi. Son note confuse ancora racchiuse in voglia di gemme.
Me lo sento qua sul mento il richiamo del mio vento, che mi passa oltre le dita, col chiarore della vita. Va leggero e mi conduce come ombra e come luce, verso un sogno inesistente ma che a volte più insistente alimenta la certezza del bisogno di dolcezza.
Si apre lo scrigno e sono nel segno del nuovo avvenire. Mi sento rapire da un fremito lento: stupore, tormento o attesa del vento che soffi e trascini dal vortice preso ogni sogno sospeso.
Un volto, una storia: è della memoria il giorno trascorso. Luci annerite, speranze partite condanne assistite da uno squarcio di gelo. L'esser umani ci rende sovrani del dire e del fare, ma sempre si paga con la coscienza la presunta onnipotenza. Se piano piano indietro guardiamo, sarà per non sbagliare e per non smetter d'amare.