Poesie d'Autore


Scritta da: Gabriella Stigliano
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il ricordo

Quando per un mortale il fragore
del giorno cessa e sulla muta città
l'ombra traslucida della notte
e il sonno che ristora scende già,
allora per me s'insinua nel silenzio
il tempo del penoso vegliare:
e nell'inerzia notturna, della serpe
del cuore sento i morsi bruciare.
I sogni fervono e da gravi pensieri
è oppressa allora la mia mente.
Il tacito ricordo davanti a me
il suo lungo rotolo distende,
e con disgusto leggendo la mia vita,
amaramente piango e mi deprimo,
amaramente tremo e maledico,
ma i tristi versi non sopprimo.
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    Scritta da: Gabriella Stigliano
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il talismano

    Là dove il mare batte senza sosta
    contro le rocce solitarie,
    là dove la luna più calda brilla
    nell'ora della nebbia serale,
    dove, negli harem dilettandosi,
    i giorni passa il musulmano,
    là una fata, lusingandomi,
    mi consegnò un talismano.
    E, lusingandomi, diceva:
    "custodisci il mio talismano:
    in esso c'è una forza segreta!
    Ora è qui nella tua mano.
    Dalle malattie, dalla tomba,
    nel minaccioso uragano,
    la tua testa, amico caro,
    non salverà il mio talismano.
    E le ricchezze dell'oriente
    esso giammai ti donerà,
    e gli adoratori del profeta
    esso non ti sottometterà;
    e in grembo agli amici più cari,
    da un triste paese lontano,
    nella tua terra non ti porterà
    questo mio talismano.
    Ma quando dei perfidi occhi
    ti vorranno affascinare,
    o una bocca nella buia notte
    ti bacerà senza amare –
    da nuove ferite del cuore,
    da ogni desiderio insano,
    dal tradimento e dall'oblio
    ti salverà il mio talismano.
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      Scritta da: Gabriella Stigliano
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il poeta

      Finché Apollo non sacrifica
      il poeta sul suo altare,
      nelle pene del vano mondo
      egli spaurito deve aspettare.
      È muta la sua sacra lira,
      l'anima freddi sogni assapora,
      dei miseri figli della terra,
      forse egli è più misero ancora.
      Ma appena la parola divina
      il sensibile udito toccherà,
      come un'aquila risvegliata,
      l'anima del poeta si alzerà.
      È triste nei trastulli del mondo,
      fugge via dalla gente chiassosa,
      davanti all'idolo delle masse
      non china la testa orgogliosa.
      Corre, selvaggio e severo,
      pieno di sgomento e di canti,
      fin sulle onde del deserto,
      nel bosco di querce fruscianti.
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        Scritta da: Gabriella Stigliano
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Le tre fonti

        Nella steppa del mondo, triste e sconfinata,
        sgorgarono tre fonti come d'incanto:
        della giovinezza – rapida e ribelle –
        ribolle, corre, brillando e gorgogliando;
        la fonte di Castalia che con l'ispirazione
        nella steppa del mondo gli esuli disseta;
        l'ultima fonte – la fredda fonte dell'oblio,
        che più di tutte placa la febbre del poeta.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il profeta

          In un cupo deserto io vagavo
          dalla sete dello spirito oppresso,
          ed ecco un serafino con sei ali
          mi apparve ad un tratto da presso.
          Lieve come un sogno si avvicinò
          e gli occhi stanchi mi sfiorò.
          Si aprirono le profetiche pupille
          come alle aquile impaurite.
          Poi toccò le mie orecchie,
          e di suoni esse furono empite:
          e vidi in alto degli angeli il volo
          e udii il cielo che fremeva,
          e scorsi il moto delle serpi marine
          e il vinco delle valli che cresceva.
          Poi si accostò alla mia bocca,
          strappò la mia lingua veemente,
          ma frivola, vuota e maligna,
          e l'aculeo del saggio serpente
          nella mia bocca agghiacciata
          ficcò con la destra sanguigna.
          Poi il petto mi aprì con la spada,
          ne tolse il mio cuore tremante,
          e nel petto aperto egli depose
          un carbone ardente e fiammante.
          Come salma nel deserto giacevo,
          ma la voce divina intendevo:
          "alzati, guarda e ascolta, o profeta,
          fa ciò che ho scritto nella mente,
          percorri terre e mari senza tregua,
          con la parola accendi il cuore della gente".
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Rinascita

            Un barbaro artista il quadro annerisce
            di un genio con mano indolente,
            e il suo disegno iniquo egli traccia
            su quel quadro assurdamente.
            Ma, con gli anni, come vecchie scaglie,
            si stacca l'estraneo colore,
            e l'opera del genio ci appare
            nel suo primitivo splendore.
            Così nell'anima mia travagliata
            scompaiono gli errori compiuti,
            e tornano in essa le visioni
            dei limpidi giorni vissuti.
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              Scritta da: dantino
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Con la morte nel cuore

              Ho seminato pietre di girasole, dove la terra è morta
              ho respirato la pazzia nel suicidio di ogni ragione
              dove in rassegnati muri pulsanti di angoscia
              la vita ha percorso il più triste cammino
              m'inchino, dove ferma è l'aria
              dove pesante e difficile fu ogni morire
              dove latrati di cani impazziti ancora si scorgono,
              rompendo il digiuno del tempo, nell'arco di vita che manca
              ed io, ho respirato dove bimbi hanno pianto e sofferto
              in un perenne, dignitoso, pianto di dolore
              questa è la disperazione collettiva
              i bimbi, non dovrebbero morire
              i bimbi sono piccoli angeli inermi
              che il male, non dovrebbe neppure sfiorare

              ho respirato l'umanità trafitta
              e sparso pietre di solitudine nel supplizio infernale
              ho camminato la terra dei santi
              con l'inverno nel cuore
              perché ognuno ricordi
              e abbia pietà sufficiente a poter ricordare
              ho immaginato l'inimmaginabile
              e cercato di comprendere l'incomprensibile

              la morte mi ha accolto
              con il forte suo odore
              la morte mi ha accolto piangendo
              anch'essa sconfitta
              dentro recinti di filo spinato, ancor rossi di sangue e calore
              ho ascoltato l'eco finito di urla suicide
              questo è il silenzio più fermo
              che il tempo possa mai misurare
              dove anche gli alberi irti, vorrebbero
              ad ogni memoria fuggire
              dove anche il vento più degno
              oserà mai più entrare.
              Composta mercoledì 26 agosto 2015
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                Scritta da: Angela MORI
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Capriccio d'estate

                Chiudete la porta,
                lasciate dentro il fragore,
                del russare di corpi stanchi.
                Dalla mente se riuscite,
                cancellate ogni reminiscenza,
                alla luce del mattino, uscite,
                stanca e guastata,
                dalla notte che passaste.
                Adesso resta solo dormire.
                Giocondità visse poche ore,
                ma vivrà immortali giorni,
                non si scorda in pochi attimi,
                ciò che non si rinverrà mai più.
                Tracannavano le bocche avide,
                come cuccioli dal petto di madre,
                mangiavano come fiere,
                ogni virtù che offriste,
                e cantavano con voi liberate,
                nello strepito dell'eccitazione.
                Posata la chitarra,
                la musica è finita,
                l'ultimo sorso stillato,
                la fatica ora giunge.
                Indossate i vestiti vostri,
                ora ignuda non stiate,
                mentre la testa ancora rotea,
                ravveduta, che pensate?
                Nubile e pulita acceduta,
                ma signora sporca uscita,
                l'alcol che leva ogni virtù,
                mi scortò nell'inferno del piacere,
                l'acqua la vergogna non abolirà,
                e la sfrenatezza di stanotte,
                per l'anima mia rimarrà reato.
                Il rammarico non darà pace,
                froderò l'innamorato prossimo,
                e altri conquistati a venire,
                le compagne e le sorelle,
                la madre e i vicini,
                per avere in notte d'estate,
                trasgredito con desiderio,
                alle ferree ma rette norme
                dell'onesto lecito vivere.
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Le morte chitarre

                  La mia terra è sui fiumi stretta al mare,
                  non altro luogo ha voce così lenta
                  dove i miei piedi vagano
                  tra giunchi pesanti di lumache.
                  Certo è autunno: nel vento a brani
                  le morte chitarre sollevano le corde
                  su la bocca nera e una mano agita le dita
                  di fuoco.
                  Nello specchio della luna
                  si pettinano fanciulle col petto d'arance.

                  Chi piange? Chi frusta i cavalli nell'aria
                  rossa? Ci fermeremo a questa riva
                  lungo le catene d'erba e tu amore
                  non portarmi davanti a quello specchio
                  infinito: vi si guardano dentro ragazzi
                  che cantano e alberi altissimi e acque.
                  Chi piange? Io no, credimi: sui fiumi
                  corrono esasperati schiocchi d'una frusta,
                  i cavalli cupi i lampi di zolfo.
                  Io no, la mia razza ha coltelli
                  che ardono e lune e ferite che bruciano.
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