Se avessi tempo
Se avessi tempo
tornerei a capo
starei immobile
pensando a cosa non fare
in quell'illimitato tempo
dei sogni
quando vivi per far accadere
quello che poi
è solo un mare di imbrogli.
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Se avessi tempo
tornerei a capo
starei immobile
pensando a cosa non fare
in quell'illimitato tempo
dei sogni
quando vivi per far accadere
quello che poi
è solo un mare di imbrogli.
Dalla strada del mare
è tornata una donna
distrutta, sfatta, stanca,
che ha subito gettato
il biancazzurro abito
sul divano marrone
più scuro della riva,
ma il vestito è caduto
comunque dal divano
appena poco dopo.
Da allora ho già steso per voi
i neri capelli dei versi,
perché mosso dalla creatina
dell'inchiostro che inghiotte il buio bianco,
in modo che la morte più non viva
e la parola sparisca, ricordo,
per sempre da quel suo vocabolario.
"Ormai ho un cancro al verso"
così disse un poeta
anziano nell'anima.
Dovrebbero chiuderti in carcere, Occhio,
che appena partoristi,
gettasti in un istante,
a terra, in immondizia,
la lacrima, tua figlia.
Io piango ché lo sguardo si scamicia
all'angolo estremo dell'occhio
deve essere nel naso la camicia
che nemmeno non vedo quando piango;
mi cadono a destra e a sinistra
due-quattro-sei-otto-dieci bottoni,
la matematica è solo opinioni,
sulla mia guancia è un duello già dispari
ed impari, con la sua pari;
tonfano e tonfano a terra pesanti,
me lo vorrei ricucire lo sguardo
e penso e cerco e spazzo a terra e guardo
benissimo - non bene! - son finite
al suolo tra la polvere che spazzo,
perché si sa che piangendo tu resti
proprio lì, mentre alle lacrime tocca
passare poi dalle stelle alle stalle.
Non chiedere davvero
che le lacrime faccian compagnia
e che t'ascoltino anche,
uscite allo scoperto.
Perché dal pianerottolo del mento
non scendano le scale delle braccia,
non prendan l'ascensore dell'addome.
Scavalcheranno sempre la ringhiera
pur di farla finita al pianterreno,
loro hanno fretta d'andarsene via.
Occhio, strano raviolo
più chiaro nella notte,
la palpebra di pasta,
che morbida riveste
la carne di pupilla
e il latte tutt'attorno,
cederà all'improvviso
all'alba quand'arriva
quell'aria che affamata
muoverà attentamente
la lama della luce...
Sapere e non sapere
come poi ci si sente
a stare sulla scena
sempre, sugli spigoli
del suo palcoscenico,
al centro, alla ribalta,
dietro le quinte pure,
con un occhio di bue
per l'inchino a sé stesso
senza avere un applauso.
E vorrebbe fuggire
e sparire dovunque
potrebbe nascondersi,
e dando gomitate
e bracciate, manate,
si frantuma le ossa;
può solo protestare
- per di più sottovoce -
quando trova una riva
le lascia le lacrime,
ma senza asciugargliele,
perché non sa spiegare
il bianco fazzoletto,
che ingarbugliato resta
tra le sue stesse mani.
Era talmente indifeso
aveva un viso gentile
una dolce voce.
Gli occhi mi parlavano
le sue mani morbidi
come la seta.
Tutto in lui era bello
ora non c'è più, è andato via
chissà se tornerà
spero lo faccia
perché senza di lui, tutto è buio.