Poesie inserite da Andrea De Candia

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Scritta da: Andrea De Candia

Maria Egiziaca (Tintoretto)

Sulla chiara aderenza del suo viso
dove balena il ritmico, selvaggio,
sentimento dell'alba
mentre della notturna s'addolora
quiete silvestre e cinge a dominare
il boato del tempo la più cauta
trepida luce, salgono veloci
i profili irrequieti del destino.

Mirabile linguaggio che trascorre
dalle limpide acque alla vibrata
forza dell'inumana profezia!

Ora nell'ampia conca dell'eremo
un soffuso candore si raccoglie
dalle acque sui rami ed accompagna
di cenni lacrimevoli il congedo.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    Non inizia più armonico momento
    per noi, dacché la forza immotivata
    d'amore usò più cruda disciplina.
    Ora nei nostri aspetti già traspare
    la ferina imminenza del piacere.
    Né so, quando mi penetri di baci
    quanto di te il mio spirito trascini.
    Se la tua bianca veste mi raggiunge
    ardo di colpa e muovo l'innocente
    orma del desiderio alle tue case
    e per te che mi piaci
    io cresco in tenerezza senza fine.
    E ti seguo, io, ombra del tuo anello
    di spirito profondo
    ignorata da te, ma ti raggiungo
    nella mia aperta fantasia gioiosa.
    E mi carico sempre di peccati
    presso le porte delle meretrici.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      Deh, se mai a un tocco d'angelo un bagliore
      cadesse in questo mare da una luna
      dove il mio io, corallo senza flettersi,
      dimora nei più verdi rami.

      Angoscia che mi affligge... Sconosciuto
      chi opera mi resta, una corrente
      che indugia, che mi supera, si perde,
      ostacoli la guidano e fondali.

      Da primordi insensibili di pietra
      si volgono creature a un tratto elette
      e sul silenzio eterno di ogni essere
      precipita il fragore di un evento.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        E ancora a te io prego con le braccia
        tese al tuo sangue. In me l'antica data
        della dimestichezza della donna
        vive ancora terribile. Se schiava
        mi facessi di un sordo desiderio
        ti amerei rassegnata;
        se penetrassi nell'anima pura
        che ho sortita nascendo
        ti amerei d'un amore disperato.
        Ma se tu contemplassi nel mio viso
        tutta la rotazione di un pensiero
        anche senza comprenderlo, io forse
        impazzirei di tesa meraviglia
        a riguardare l'occhio del mio sposo.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          Oh, poter cantare la mia figura
          grave e modesta, arsa dall'amore
          che di notte la visita, cantare
          la veglia incalcolabile del sogno,
          il calore diffuso d'ogni senso;
          oh, cantare colui che mi seduce
          con ben morbide mani,
          cantare l'ora che mi risolleva
          all'altezza finale del suo sesso,
          cantare indefinibili tormenti
          lenti, remoti, accolti nel presente.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            Madre diletta, mia sognata e vera
            verità, mia splendente meraviglia,
            madre diffusa come l'ape e il miele
            madre sostanza, tienimi nascosta
            dentro il tuo manto sì che io non veda
            sotterfugi ed inganni, in te io pura
            ridivento, siccome una bambina.
            Madre t'ho vista un giorno mentre prona
            sul pavimento t'invocavo piano
            eri bella e possente e mi guardavi
            con infinita eterna tenerezza
            a che più dirti, io non ho parole
            ma tu hai l'incanto delle cose buone,
            tu hai le parole che non hanno voce
            e che pure traversano le mura
            d'ogni esultanza, o madre che fanciullo
            tenesti il Cristo, guarda alle mie braccia
            che sono vuote e colmale di fiori
            o di spine o di luce o di tormento
            come ti piaccia e rendimi felice.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              Timorosa è la notte quando gela
              sopra di noi l'audace desiderio
              di caldi baci e nitide parole;
              ora rifiuto in ogni gemma il fiore
              poiché bianca si è fatta la mia faccia
              di un pallore mortale.
              Lunghi anni cercando sopra rocce
              aspro ristoro o presso la tua croce,
              Cristo, soffrendo, ho gravitato invano.
              Ora che se ne va sembra mi cada
              questo lungo mantello e denudata
              è la mia carne e presa dentro i ceppi dell'abbandono. A te volgo la mente
              e il sospiro profondo. Lunghi giorni
              simile a un negro uccello andrò vociando
              nel fervore notturno, lunghi giorni,
              padre celeste, e senza una parola,
              lugubre diverrò come una tomba.
              Né io spero risorga, tanto dura
              è la mia morte e tanto a te lontana.
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