Poesie inserite da Angelo Michele Cozza

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Scritta da: Angelo Michele Cozza

Salute a te o vento.

Salute a te o vento
armonia vagabonda di mormorii,
musicale voce lamentatrice
che vieni da lontano e animo ridai
a moribonda aria!
Hai mugghiato tra i portici,
trasportato polline, agitato
ciuffi di canne, spettinato chiome
e salici, attraversato contrade,
scompigliato mucchi di sabbia,
corrugato il ponto,
soffiato su lapidi e vivi!
Ora raccogli le tue forze,
trova un varco nel mio cuore,
increspa l'acqua stagna del mio lago,
insuffla un alito da i vetri infranti
della finestra delle mie speranze!
È lontano ma non obliato il ricordo
di quando, aspettandoti con ansia,
liberavo nel cielo aquiloni colorati
o sfidandoti, disarmato di abiti,
nei tuoi momenti di veemenza
imperterrito ti venivo incontro!
Altri venti ho incontrato, altri soffi,
hanno scosso gli arrugginiti
cardini della porta dei miei anni,
altri petali ho visto strappare
al bocciolo prima che fiorisse
pendie e secche foglie mulinare
tra turbini di sogni;
altri perduti giorni ho visto
stramazzare, senza luce.
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    Scritta da: Angelo Michele Cozza

    Thànatos

    Thànatos,
    insopportabile vita
    disfatto mi trascina
    per giorni cupi e tristi
    deportandomi
    in funerei pensieri
    ove consunta anima,
    smarrita si aggira
    te invocando
    che, impietosa, ti attardi
    e più acerba e lunga
    fai la pena mia!
    Sono qui Thànatos,
    prendimi per mano
    e conducimi sulla strada
    da cui viene e va ogni
    vivente cosa! Oltre
    non indugiare! Non indurmi
    stanco... a venirti incontro!
    Liberami da questo fardello
    di uman dolore che misera
    fa la vita quando null'altro
    avanza se non malinconia
    che, pungente abbracciando,
    trafigge l'inconsistente guscio
    a strenua difesa opposto
    contro mortali insidie!
    Sai... fui vivo un tempo:
    gladio impugnai
    nella cruente arena
    di ideali battaglie!
    Sentii i possenti fremiti
    che scuotono il cuore
    e fanno grande l'occhio
    con cui penetri le cose
    cercando amor di vita!
    Tra tramonti ed albe,
    il cielo e le stelle scrutai
    nelle mia lunga notte
    ma non scorsi che ombre!
    Cuori, muti e sordi, interrogai
    nel solitario mio tragitto
    e fu sempre silenzio!
    Poi che il vano essere
    incontrai e mi avvidi
    che tutto muta e solo
    acuto dolor resta,
    tra metamorfosi avvilenti
    si spense ogni altra fiamma!
    Per atavico gioco di istinti
    in un abbandono di sensi
    a caso venuto al mondo,
    subii l'assurda sorte
    che la vita impone
    e al giogo del vortice
    poi l'abbandona!
    Ilota di me stesso
    al canuto traghettatore
    pagherò il riscatto
    per tornar presto
    su agognata riva
    avocando una libertà
    che negata è in vita!
    Altro non spero Thànatos!
    Conducimi Lì dove
    forse mi aspettano,
    riportami all'arcano lido
    da cui per il Quaggiù
    senza volerlo salpai.
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      Scritta da: Angelo Michele Cozza

      Taci stupido orgoglio

      Taci stupido orgoglio
      smorza l'insorta rancura
      che deluso come fuoco mi brucia!
      Inviperito non sospingermi
      abbuiato sull'orlo del pendio
      che scoscende fino alla fossa:
      abboniscimi, giungere là non voglio
      così infangarmi non posso...
      Pur se amor in petto infuria
      ma nulla lo cura o la carezza
      di una mano lo sfiora, ancora
      zitto zitto nell'ombra restiamo
      e facciamo finta di niente.
      Impietoso non ricordarmi
      che offrir volevo in dono
      a chi non sapeva che farsene
      l'oro colato dai miei sospiri.
      Luce non può raccogliere
      chi ha già occhi chiusi
      fragore di cuore non scuote il sordo:
      sasso egli resta agli scoppi di spolette
      d'amore tutto assorto nel suo torpore!
      Ah cuore, cuore immiserito
      come ieri non te ne sei accorto!
      Randeggiare, non approdare
      questo ci poteva essere concesso...
      quando avvistammo l'isola dei sogni!
      Dopo affondo per vortici d'assenza
      ora puro marame ogni riva ci respinge;
      sull'animo da inganno fatto diaspro
      un soffiar di giorni cosparge le spente
      ceneri di un ultimo ceppo di illusioni!
      Taci, taci impennato orgoglio
      attizzato e indignato non insorgere
      non inveire contro l'Invisibile
      o chiunque altro umano fariseo
      che appostato nel silenzio ci derida!
      Andiamo, proseguiamo pure...
      spogliati di miraggi e di speranze
      continuiamo il gravoso viaggio.
      Dalla prigionia del corpo
      sforziamo un sorriso;
      finti vivi e maschera, affettiamo
      un cordiale gesto di saluto
      rivolti al passante ignaro
      che incontreremo domani;
      a chi estraneo, al cuore
      mai appuntamento potrà dare.
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        Scritta da: Angelo Michele Cozza

        Poiché si dice

        Poiché si dice
        che tutto venga dal mare
        e ognuno sempre torna dove è nato,
        taglia gli ormeggi
        e scosta cuore timoniere!
        Sotto voce abbandoniamo
        questo attracco di malinconie,
        via da questa terra ferma
        ricoperta di secce aride
        or che alta è la marea!
        Addio terra ferma,
        coste di tenebre
        montagne d'angoscia
        dinieghi di germogli
        acque morte
        mattatoio di sogni!
        Mare, primigenio nascere,
        se rigenerato ti solco
        mostrami i tuoi confini,
        dal vento mi giunga
        un soave eco qual ammalio
        di mitiche sirene;
        riflesso dal tuo specchio
        riappaia il biavo firmamento!
        Cuore, raccogli la bottiglia
        entro cui è scritto il tuo destino:
        pompa il mio sangue nelle vene
        al par di un rabido vortichio
        che s'avventi e speroni rocce,
        cavalca questi flussi,
        danza su queste crespe:
        tra le schiume e i fiocchi
        di neve degli spruzzi
        ritrova la felicità del sughero
        che sui marezzi fluttua!
        Abbacinato da scotoma
        scintillante, al risveglio
        di una luce mattutina,
        non ti smarrire:
        bussola e timone riprendi
        segui tra apriche volte
        la scia di raggi dorati
        naviga allo zenit e non voltarti!
        Procellarie, portatemi
        lontano dalle burrasche.
        Guidate la mia prima rotta
        diretta al sereno di altri giorni!
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          Scritta da: Angelo Michele Cozza

          La città del sole

          La ruota del tempo
          ne ha fatto di giri
          da quando lasciai
          la città del sole
          e delle canzoni!
          Il clamore delle voci
          nel budello dei vicoli
          che ti soffocano,
          la miseria che vi ha fissa dimora,
          i bassi angusti affollati da nugoli
          di fanciulli senza avvenire,
          una gioventù che sfiorisce
          per orditi di strade sconnesse
          lastricate di sogni stroncati,
          la tristezza che scolorisce
          il volto di chi non trova
          la mano tesa della speranza,
          dalla memoria, da allora
          che via me ne andai,
          più non si invola!
          Là, una canzone zittisce
          ogni dolore, una pizza sazia
          un pinzare di fame,
          un mandolino in dolcezze
          scioglie il cuore come il burro
          se esposto a calura eccessiva!
          Sotto il Parco delle rimembranze,
          il progresso e il tornaconto di pochi
          da tempo hanno dato un colpo
          di spugna all'altoforno e alle ciminiere!
          Effeminati ed esotiche clacson girls
          come cavallette, in una nuova apocalisse
          la notte hanno invaso; la polvere
          bianca con i suoi annessi dilaga:
          a venti anni la vita già si perde
          in un pronto soccorso finale!
          Neanche il mare
          è lo stesso dall'ultima volta
          che azzurro lo vidi!
          Da quei moli, quante navi
          sono salpate negli anni
          trasportando destini
          quante vite sono state traslate!
          I distacchi, le partenze forzate
          la malinconia di chi rimane,
          la nostalgia che addentella il cuore
          di chi va lontano, per ressa di ricordi,
          addosso mi ripiombano
          come una grandinata improvvisa!
          È vero, sulla collina,
          tra i quartieri buoni,
          là dove affacciandoti a un balcone
          il pino ripiantato, i panfili
          e uno scenario disegnato
          su un lenzuolo di mare
          si mostrano, tutto diverso
          e trasformato t'appare.
          Ma ciò appaga l'occhio e non il cuore:
          la bassura dove si affonda conosce
          l'indifferenza che viene dall'alto!
          Vorresti le cose diverse, una chiarìa
          che non fosse mero vaneggio;
          vorresti la gente tutta felice
          e che sotto il bistro e il belletto,
          sotto il sudore e lo sconforto
          tutti i sogni fossero uguali!
          Oh i guasti antichi del mondo,
          la pena che il cuore distilla
          e amara s'affolta nel tempo
          che fugge senza rinascimenti.
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            Scritta da: Angelo Michele Cozza

            Nessuno mi chiama

            Nessuno mi chiama
            nessuno mi aspetta
            nessuno mi ascolta:
            ogni sponda è deserta
            e deluso io vi guardo.
            Solo sono io, ripa arsa
            solo come i viali dei cimiteri
            nei meriggi assolati;
            solo come le cime innevate
            che riverberano di lontano
            al venire del giorno;
            solo come petraia di fiume
            che da millenni
            abbia perso le sue acque;
            solo più del passero solitario
            del recanatese che in primis ammirai.
            Morto, già mi riconosco...
            Io sono la zolla tutta asseccata
            a cui pioggia
            non ridarà mai più vita
            e che aspetta di essere interrata;
            nessuna altro risvolto sospiro
            all'impigrire del giorno che rintomba.
            Non ti avvicinare illusione!
            Dileguati, perderesti il tuo tempo
            non potrei battere al tuo ritmo
            l'anima chiusa non ti apre
            se vi bussi: nel vuoto
            sono da tanto svanito
            corporeo fantasma,
            indarno mi attardo
            per un mondo che mi ignora!
            Brezza d'amor più non dubito
            che possa increspare cuore solo
            fattosi pozzanghera d'acqua morta.
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              Scritta da: Angelo Michele Cozza

              Una lettera non recapitata

              Vaneggiando spirati eventi,
              da voi, maritata e madre di più figli,
              folle evaso da una cella di sogni
              incanutito odisseo infelice ritorno!
              Orsù, non me ne vogliate
              se per una volta, irriconoscibile,
              emerso da una voragine di tempo,
              infrangerò la ferrea legge che disciplina
              le nostre separate esistenze,
              se inquirente estorcerò nuove
              o vecchie verità sui vostri giorni,
              la confessione con cui, compunta
              e a malincuore, ammetterete
              arrossendo che qualcosa di me
              in voi pur sia sopravvissuto;
              che talvolta, al viver di un ricordo,
              il cuore in segreto riattizzato,
              e a mia insaputa, abbia poi tremato.
              Il tempo dell'assenza, ove regna
              fatale il silenzio, è senza fine:
              non posso percorrerlo fino in fondo
              e negarmi di renderlo sonoro!
              Lasciate che qualche facella, un lustro
              io strappi al buio che mi accompagna
              in queste orripilanti lande disseminate
              di carcasse interiori e spenti accadimenti.
              Sullo spartito del cuore orchestrale,
              sapete, le note d'amor che innamorata
              appuntaste, sopravvivono indelebili:
              fughe di attimi felici risuonano
              nella casa delle mie risonanze
              e vibrante il cuore vi si riaccorda.
              Pur se amor continuerà,
              chissà per qual arcano prodigio,
              a fruttificare tra sabbie e pietraie
              e all'arsura del mio deserto
              negata sarà ogni fonte che la calmi,
              non temete: remissivo obbedirò
              come predestinato alla mia sorte,
              ma ingenerosa non privatemi
              di una intenerita parola,
              dell'illusione di aver rubato
              un luccichio dai vostri occhi.
              Incurabile, mi riprenderà
              la nostalgia tra le sue braccia;
              baccello vuoto ritornerò
              ad essiccare al sole;
              mi condurrà la morte un giorno
              tra plaghe di ammortate presenze.
              Dalle strade da voi percorse,
              caduti fitti fiocchi d'oblio
              si cancellerà il tangibile segno
              di ogni mia traccia; acquietata,
              per altri abbrivi e senza indugio
              riprenderete il cammin vostro
              archiviando l'infausto verdetto
              emesso dal tribunale del cuore
              per un errore d'amore: errore
              da voi perpetrato, e da me,
              condannato, nell'ombra sofferto.
              Forse un giorno, in un vicolo,
              o sulla collina dove ci avvampò un bacio,
              o in un bosco, sotto un pino seduto,
              tra pause di vento, guardando aghi cadere,
              ancora, a voi perduta, come flutto alla riva,
              improvviso andrà il pensiero
              ed esclamerò un nome, un nome
              (il vostro nome!) che per apòcope
              diventa rosa e da anni mi ricorda
              la pena alla sepoltura di un sogno.
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                Scritta da: Angelo Michele Cozza

                Asseconda i capricci del vento

                Asseconda i capricci del vento
                la foglia superstite sul ramo brullo
                trai i campi o sui muriccioli
                nessun fiore riceve raggi di sole
                da un cielo biavo e trasparente.
                Mite letargo di natura:
                un pieni nulla par avvenire
                spoglia la vita nega i suoi sorrisi
                l'animo, triste fatto, reclina il capo.
                S'aprirà un valico alla floridezza
                e tornerà il colore delle selve
                irromperà il getto di una linfa
                ansia di verdeggiare siepi e alberi
                domani auspichiamo.
                Oh quante volte si muore e si risorge
                secca e straripa amore
                tacciono e borbottano
                le voci dei lontani fiumi!
                Aspettiamo senza impazienza
                un sortilegio, diamo più credito
                alla speranza, accoriamoci
                alla persuasiva voce che ci intima
                di attendere e scaccia dal sangue
                la precognizione della morte.
                Cuore strepita!
                Dubbioso non attendere
                per risalire un palpito,
                abbozza spiragli: un giorno,
                nell'euforia di un cambiamento,
                sorpresi, risorgeremo senza dolore
                tra urli di vita e ritinteggiate illusioni.
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                  Scritta da: Angelo Michele Cozza

                  Cu 'e penziere mieje

                  Cu 'e penziere mieje
                  senza arrepuoso
                  miezzo all'ate i' cammino.
                  Pe' nu me fa scuprì
                  cupo e appucundruto
                  ogne mumento me travesto
                  e fingo nu surriso.
                  Nisciuno sape
                  ca si dinto so' amariggiato
                  e 'a fore pare ca rire
                  nun è pecché 'o tiempo passa
                  e 'a morte s'avvicina
                  ma è pecché l'ammore aggiù perduto
                  e suppurtà chesto, n'omme, nun 'o po'!
                  Ah quanta senghe s'arapeno ogni juorno
                  e pe' l'anema po' trase nu male scuro!
                  Vulisse caccià l'ogne
                  e te difendere 'a nu nemico
                  ca nun cunusce, 'a nu nemico
                  ca nun te guarde dint'a faccia!
                  E si 'e tutto chesto
                  a quaccheruno parlasso?
                  Ma chi me desse aurienzo!
                  Chi po' sentì
                  'o rummore forte e cupo
                  e na vita sulagna ca scarrupa!
                  Ah putè ncuntrà na femmena
                  e ce dicere: - Facite assaggià
                  n'ata goccia d'ammore,
                  truvà nu poco 'e luce
                  dint'a l'uocchie vuoste
                  a chi cchiù niente s'aspetta;
                  a st'ommo ca cchiù niente le resta
                  regalatelo si putite
                  na vrenzula 'e speranza!
                  E sì, pe' te rassignà
                  a na vita senz'ammore
                  nun aviss'a tenè core
                  e i' 'o tengo .. 'o tengo 'o core!
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                    Scritta da: Angelo Michele Cozza

                    'O viento

                    'A do pruvene stu lebèccio
                    ca friddo spira e chiacchiareja
                    'o pentone 'e sti vie sulitarie?
                    Arraggiato e nzisto, appriesso
                    se porta tutto chello ca trova,
                    p' 'e senche trase d'int'e vasce,
                    fronne secche e carte abbandunate
                    sorchia e sperde pe' l'aria.
                    Arrecietto nun trovano
                    chiantulelle appena chiantato,
                    'e rammere tremmulejano scujetate,
                    d ' 'a albere scippa fronne a palate.
                    Luntano addò sta 'o mare
                    l'onne se fanno argentate,
                    cu nu rummore cupo e surdo,
                    arrivate ncopp'e scoglie,
                    spumma e schizzi a cchiù nun dico
                    menano p' 'e l'aria.
                    Viento fatto lièggio,
                    nun frangere sti barche spaventate,
                    srareca 'a paura 'a dint'o core
                    d ' 'a gente miezz 'o mare!
                    Ferma stu scioscia scioscia
                    ca capricciuso nun dà pace,
                    abbrucato e senza ammuine
                    cunzegnato a 'o Pataterno
                    ca cchisà d ' 'a dò t'ha mannato!
                    Oje viento, cchiù nun te sento..
                    Addò ti si annacuso?
                    Tutto mo s'è accujetato!
                    Overo 'e perso 'o sciato?
                    E allora statto buono scrianzato,
                    ce sentimmo n'ata jurnata!
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