Poesie inserite da Angelo Michele Cozza

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Scritta da: Angelo Michele Cozza

Sapere aude

Più non si riprodurrà per me
l'avvicendarsi di avvenimenti
lieti e tristi un giorno;
tutto resterà intatto alle mie spalle:
la vita quotidiana della gente
il ridicolo universo, le distanze.
-Vale la pena di vivere? -
è la domanda schiacciante
che mi si presenta davanti
ogni alba. Qual è la risposta?
Quante logiche astruse a sostegno
di un'esistenza edace che dilegua!
Eppure non so rispondere al rebus
se assisto ad accasci di speranze
e sventro nasciture illusioni.
Esposto al dubbio che si addensa
e si spalanca interrogo l'oroscopo:
nella sfera di vetro divinatoria
frammentario si mischia passato e futuro;
non vi è collante che faccia presa
né evoluta che a qualcosa adduca;
mi guardo nel cuore,
la poca luce mi inclina
cedo, salto tra cielo e abisso;
in sosta sull'orlo dello stupore
nulla fiuto dall'incurante tempo
per proteggermi dal peggio.
Senza un chiaro senso,
per abitudine, ancora per un frangente,
spinto dal vento delle passioni
verosimile continuerò a viaggiare;
senza insegne di esultanza
tremante aspetterò un segnale
da un viso senza volto: qualcuno
busserà la prima e l'ultima volta.
Poi, stramazzato resterò muto:
si acclarerà un nulla al cospetto del mondo
ad onta di quel che senza volerlo. Pur fui.
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    Scritta da: Angelo Michele Cozza

    Mare

    Quando vetrina di cristallo puro
    incontaminato mi mostri, Mare,
    un cosmo di sconosciute creature,
    quando lampeggiano riflessi
    di vitree scaglie o spume
    o in un video immaginato
    zampilli i tuoi giganti esplodono,
    quando percorro l'offesa piaggia
    al morir di un mareggio
    e mi imbatto in carcasse
    di conchiglie o stracci di fondali
    o in uno sparuto osso di seppia
    stupito allor mi sovvien
    che nella notte dei tempi
    da te, principio equoreo,
    un giorno emersi uomo.
    Ah quante volte rapito
    familiare il tuo palpito riascolto
    come ai tuoi ritmi
    che di improvviso mutano
    altezza e tono mi abbandono!
    Come seguo il lacerarsi
    dello smisurato telo d'azzurri
    ad ogni strappo di vento;
    come ti sciorina l'insulto dei nembi
    al sopravvenire di una bufera!
    E il tuo viso che si corruga
    all'insorgere di un delirio lontano,
    le nivee frange che attaccano
    e devastano lidi, i getti
    di pulviscoli cristallini che spezzano
    lo sguardo all'orizzonte levato,
    il risucchio rabbioso di bocche
    ebbre al dilatarsi dei tuoi polmoni,
    gli scompigli di ectoplasma,
    i bollori di salsedine che si scagliano
    su venati ciottoli di riviere:
    cancellazione di battigie,
    rovesciar di scafi, affondar di navigli!
    Oh calma divina
    quando stremato in bonaccia
    ti assopisci in un accadere nullo!
    Incessante viver il tuo che ti rinnova
    sotto lo sguardo di un sole passante
    che si specchia e dilegua al passo dell'ora.
    È in questa immensa tua statura
    che un piccolo me accresciuto si ritrova
    che più gagliardo un sangue ritorna
    e mi ricaccia nel giogo della vita
    persuaso da richiami ineludibili
    giunti da fraseggi di altri sogni...
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      Scritta da: Angelo Michele Cozza

      Quando l'aureo disco del giorno

      Quando l'aureo disco del giorno
      più non vedrò apparire all'orizzonte
      e nel mio cielo non vi saranno stelle,
      quando più non mi giungerà il suono
      vario dell'onda o gridìo di voci,
      tacerà per sempre questo mio cuore
      ma fino ad allora, ancor vi parli
      la tortura di questa passione,
      che voi, brama prediletta,
      con indifferenza, appena ascoltate!
      Quando dal vuoto imprigionato
      a voi libera ripenso, in alto vanno
      le mie inumidite orbite;
      alle illusioni, promesse strappo
      perché nel vostro petto cavo
      un posto sicuro io trovi.
      Se sapeste nel chiaro guardare,
      vedreste i miei occhi scuri
      fissarvi senza tregua;
      se dai vostri pensieri non escluso,
      meno penoso sarebbe il ritmo
      scandito dal mio dimesso andare.
      È da troppo tempo che guardo
      le pieghe della vostra bocca
      senza baciarle; voi non sapete
      che mi chinerei, fino a spezzarmi,
      per raccogliere, come primizia,
      un sorriso, da voi lasciato cadere!
      Non ponete altri sgambetti
      a questo cuore che inciampa
      sulle crespe del vostro animo gelato.
      Udienza accordate ad un amor
      che non s'affioca e arrestate
      la dolce tortura che perpetrate!
      Guardatemi come la prima volta:
      un rossore, vi ritornerà dal mio volto.
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        Scritta da: Angelo Michele Cozza

        Solitudini

        Quando solo ti senti
        e l'ultimo malinconico
        spinoso passo di spirale
        serrandosi ti avvolge
        e l'animo costringe
        in oblique tristezze,
        finisci col tirar pugni nell'aria
        o sputarti allo specchio
        pur di sottrarti
        ai colpi mortali
        che il dolor vibra
        al tuo esser vivo.
        Ad altri dir vorresti
        di te, delle tue pene...
        dell'esilio forzato
        del cuor che indomito
        non si prostra
        al corteo d'ombre
        dei giorni vuoti
        che passano morti
        lungo i viali che un tempo
        furono della giovinezza.
        Murate restano le parole
        che sulle labbra mute,
        come semi rattrappiti
        in aride zolle,
        agonizzano inerte.
        Ignorato dal mondo
        che con sguardo idiota
        senza guardarti ti fissa,
        soffri e contorci te stesso
        cercando di rifarti le forze,
        riemergere dal gorgo
        e aggrapparti all'istinto
        che trascina alla vita.
        Al vano gioco ritorni:
        altre albe verranno
        dalla volta trapunta di stelle!
        E se anche la ruota
        del torchio che le speranze
        macina non si inceppa,
        se anche non cessa
        l'ansia che ti fa infelice,
        nel sogno amico aspetti
        che qualcuno raccolga
        l'opaca sorte
        che ti inserra
        per trasformarla
        in un brivido di luce.
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          Scritta da: Angelo Michele Cozza

          Un uomo solo

          Tardiva dispare l'ultima stella nel cielo.
          Albeggia. Spirati sono i notturni sogni.
          Sbuca il giorno, longevità di tedi,
          cruda lentezza d'ore per chi come te
          niente si aspetta, uomo solo!
          Tu certo ricordi le gremite vie
          da tempo più non ripercorse
          come alle prime luci
          ricominci lo spingere,
          il pestare, il gran vociare,
          i tafferugli dei credenti in corteo
          alla supplica diurnale delle illusioni!
          Fuggito dagli altri, sposato te stesso,
          rintanato da tempo nel tugurio dei giorni
          un fiume in magra dentro ti corre
          detriti di sangue sedimentano,
          stagna una tremore in arterie spossate;
          un affievolire di flussi ti stanca di essere vivo;
          vano aspetti la bonifica di un sorriso,
          una interiore implosione di palpiti
          uno scoppio di riso da labbra mute...
          La bussola che non illuso pur segui
          va impazzita e senza meta
          tutte le direzioni per te sono uguali,
          l'ora della meridiana sul quadrante
          dei giorni perduti ripercorre il ritmo
          del dolore che si ravviva, nel buio
          ritrovi i pioli della pena che risali,
          nell'ombra del mondo ti lasci svanire.
          Dimmi: - Tornerebbe la speranza
          se cessasse il grido di ali spezzate,
          se ritrovassi la magica chiave
          per la toppa del cuore? -
          - Ma l'illusione manca! - Tu dici!
          - In una radura spopolata,
          dalla vita sono stato sbattuto
          e ivi, sosto smarrito:
          corre e si assembra il nulla che mi parla,
          un silenzio di sale mi nutre; pensieri amari
          insabbio e spalo asciugando lacrime al sole.
          Senza fine è l'attesa in questa caducità
          di uno sconvolgente accadimento umano. -
          Chi ti occupa e opprime? Ah, cosa
          potrà mai più decantare il limaccioso respiro
          che a malavoglia ancora ti tiene in vita? -
          Oh uomo solo, come ti somiglio!
          All'aratro del tempo seguirà un solco solo
          vi giaceremo entro per sempre.
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            Scritta da: Angelo Michele Cozza

            Nel tedio dei giorni vuoti

            Nel tedio dei giorni vuoti
            dalla tolda, confusa tra mille,
            un fazzolettino colorato
            ti ho visto agitare
            additando un saluto
            a me canuto fermo sul molo!
            Un refolo messaggero
            me ne ha portato il profumo
            ma il tuo veliero,
            presago delle sirti della rada,
            in rotta già dirige per altri porti;
            all'estremo limite scomparso
            qui non farà mai scalo,
            ed io che giammai potrò
            raggiungerti, col pensiero,
            appena potrò mandarti un bacio!
            Senza essermi stata accanto,
            vanita e non rinvenibile,
            ancestrale candore di cigno
            più non ti rivedrò apparire
            dall'orizzonte dei sogni perduti
            nell'intorpidire del ricordo.
            Eluso il richiamo
            di un terrifico strapiombo
            fuggirò tra ritrovate solitudini;
            da un ermo promontorio
            nelle compagne ore infelici
            che in stuolo già mi aspettano,
            scruterò azzurre distese
            a te pensando, sole che scompari;
            serioso, ti raggiungerà il cuore
            abbaglio di sogno non consumato.
            Ah allucinazioni in viluppo
            tripudi vissuti, amenità volatili,
            che sempre mi restano dentro
            quando pura magnificata essenza,
            salsedine ti riporta il mare!
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              Scritta da: Angelo Michele Cozza

              Come ogni sera

              Come ogni sera
              mi precipiterà addosso
              un decadere di luci.
              Preso di mira
              dalle mie ombre,
              mi sposterò
              in continuazione
              tra trincee di illusioni
              per non essere
              a fondo colpito
              dietro alle postazioni
              dei miei pensieri.
              Non potrò
              attardarmi molto
              per trovare
              un sicuro riparo:
              ogni indecisione
              sarebbe fatale!
              Si immilla e brucia
              l'attesa dell'alba
              se profondo penetra
              l'ago che in pressofusione
              instilla virali malinconie!
              Ah luce diurna,
              perché notturna non sei!
              Oscurità, che sbrecci
              fendi scavi e ti insinui,
              con quanti smottamenti il cuore incrini!
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                Scritta da: Angelo Michele Cozza

                Come bimba vispa e curiosa

                Come bimba vispa e curiosa
                che non sappia a freno tenere
                morboso istinto di sapere
                tu chiedi della mia vita
                e se a una meta il cuore vada.
                Ebbene fattati insistente
                dissetati pure alla mia fonte
                ma se di acre essenza
                sarà ripiena la coppa
                bada tutta tua verrà la colpa
                se le labbra vi hai voluto portare!
                Resa scabra dal calpestio degli anni
                è la mia vita e spianata non potrà tornare.
                Raggiunto da ceneri d'astri
                un tempo lustri di ideali
                or di tristezza vedo colorarsi
                i miei cieli di silenzi;
                appena un avanzo di speranza
                mi rimane e questo già mi basta.
                Sbucherà un mattino senza nubi
                scoprirò il fondo soleggiato di un bosco
                dalle cui foglie avanzerà
                un effuso stormire che al petto darà pace;
                per un attimo dimenticherò
                il distacco che mi aspetta, il buffo destino
                che fardello resta alle mie spalle.
                Vivrò attese di tremori umani
                martelleranno flutti la marina
                e nelle solitudini che ci afferrano
                ne udrò il rimbombo grandioso;
                fisserò sull'orizzonte il sole
                che nasce e muore come l'amore;
                mi carezzeranno fiocchi
                e petali erranti al respirare del vento.
                Un raddolcito indugio,
                non so se dalla sorte mi sarà concesso:
                gioco forza, impietrito un dì
                dovrò poi... mettermi in viaggio.
                In sordina, oggi o domani,
                me ne andrò senza voltarmi
                come chi persuaso dagli accadimenti
                sa, da tempo immemorabile,
                che indietro giammai si torna;
                fronda di ramo secco su cresta d'onda
                mi lascerò condurre alla foce.
                Verranno tempi di memorie,
                in una certezza di luce ch'io
                da poco affetto oscurato non ebbi mai
                da te sarò ricordato,
                per essere stato solo me stesso
                e non blabla da altri... inventato.
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                  Scritta da: Angelo Michele Cozza

                  Perduta e ripensata amica

                  Perduta e ripensata amica
                  un anno di assenza piena
                  non cancella l'inciso ricordo
                  che come cicatrice resta.
                  Il calore di un sogno, sai
                  di me prese possesso
                  quando dal nulla emersa
                  in incognito ti incrociai
                  nell'attimo che brucia
                  Se almeno un giorno,
                  mi adducesse lauto un sorriso
                  respirando
                  ancora mi illuderei
                  che da te fuggito
                  poi mi abbia raggiunto
                  con la tenacia e il passo
                  di colui che, stanco di miserie,
                  in cerca di fortuna salpa
                  per dove qualcuno l'aspetta.
                  Ma nulla esplode né vira
                  tutto trascorre svogliato
                  da tempo quasi infinito!
                  Inesorabile e crudo
                  un divenire affievolisce ogni luce
                  il cuore ombre sposa
                  e nell'oggi uguali all'ieri
                  si perdono sogni e colori.
                  Verrà domani e nulla accadrà;
                  come sempre, svanirai di nuovo.
                  Raccolte negli occhi
                  disseccheranno al sole
                  le speranze che hanno
                  guidato uno sguardo
                  e illuso una mente
                  nutritasi di sale greco.
                  Ah, come rabbrividisce
                  questa mia vita romita
                  a cui nessuno parla
                  e neanche tu ascolti!
                  Se imprudente affiorassi
                  dallo spesso fondo che ti serra
                  riposerebbero gli occhi!
                  Nel cielo me ne andrei
                  cavalcando nuvole rosate
                  addolcito dal solo pensarti.
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                    Scritta da: Angelo Michele Cozza

                    Che m'è succiesso

                    Che m'è succiesso
                    da quanno mettennemo
                    na mazz' 'e scopa sott' 'e cosce,
                    comme si fosse stato nu cavallo,
                    cu na scimitarra
                    fatt' 'e cartone rinfurzato
                    curreva a fa guerra
                    cu 'e nemico ca steva p'arrivà;
                    ... da quanno m'abbuscaje na preta
                    ncapo, doppo na secutiata?
                    Che m'è succiesso
                    da quanno appuntunato
                    all'angulo 'e nu vico
                    apettava tremmanno
                    ca passasse na guaglione
                    e 'o core dicesse: -
                    Mò ca passa
                    lle facci' 'o surdeglino,
                    m'accosta e lle dico :
                    Vuje, mme facito suspirà! -?
                    Che m'è succiesso
                    'a quanno na femmena
                    me mannaje addì ca mme vuleva
                    e i', gamme chïate,
                    appuiato restai nfacci'a nu muro
                    c' 'o core ca sbatteva e tremmava
                    p' 'a nuvità? Che m'è succiesso
                    'a quanno addiventato n'ommo,
                    sturduto d' 'a speranza ca runzea,
                    mpapucchiato da mille sbarìe
                    'o tic-tac 'e nu rilorgio
                    accuminciaje a cuntà
                    juorne, anne e malincunie?
                    Che m'è succiesso?
                    M'è succiesso
                    ca me so' fatto viecchio!
                    St'uocchie senza chianto
                    e stu core tutto curaggio
                    hanno capito 'a verità!
                    Mo 'o saccio!
                    E chi se ne mporta
                    si me restano 'a sfuglià
                    sulo poco paggene
                    primm' 'e nserrà
                    'o libbro d' 'o destino, c' 'a vita,
                    passanno comm'o viento
                    arapette tànto tiempo fà!
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