Poesie inserite da Angelo Michele Cozza

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Scritta da: Angelo Michele Cozza

Ci saremmo dovuti incontrare prima o poi

Ci saremmo dovuti incontrare
prima o poi da qualche parte,
era questo il nostro accordo.
Se saresti tu venuta da me
o io da te, non ricordo.
Creduli, a noi stessi l'avevamo promesso,
quasi a fugare il timore malamente celato
che forse ciò non sarebbe più potuto accadere.
Io lo pensavo e tu non lo dicevi
che se ogni falda è prosciugata
in pozza d'acqua morta
l'acqua non torna mai più chiara.
Estinta, or tu sei sotto una croce
io a temere per questa mia vita
che poco amo e a malincuore abbraccio
vuoto ad altro vuoto si aggiunge
vero e duro è: ammetterlo!
Si cresce di dolore se si scurisce
la linea all'orizzonte a cui guardi
e così si ruzzola ad ogni oscuramento;
viene un soffio gelido in una corte
vi passa e strappa foglie morte,
tu guardi e con il cuore in lacrime
ripensi ad ogni affetto perduto.
Appena ieri, con un nodo alla gola,
ho dovuto prendere atto
che ci saremmo riabbracciati
solo nel ricordo.
Oggi festosa ad altra vita,
tra volte stellate, anima tu torni.
Si apre un solco nel cielo e vi passi;
il virgineo tuo candore impallidisce
quello alato della schiera che ti aspetta.
Lassù, già addolcita e conquista
il tuo sguardo casto l'infinito indifferente.
Per intero percorso il calvario dei giorni,
distaccatasi da questo mondo,
colomba t'aggiri per elisie sfere
sgombra di pena e di dolore
dimentica dell'immeritato male
che la vita con accanimento ti addusse.
Ieri notte, sai io che così di rado
sono visitato dal sogno, tua madre
ho rivisto come se fosse stata reale:
con un sorriso, più ampio e solare
di quelli che in cuore conservo
da quando era viva, mi ha detto
che tu già preghi per noi,
per noi che canne al vento
frali e ondulanti restiamo, qui,
sul ciglio romito di un presente
che scoscende e tra indifferenza e stagioni
al sole e all'ombra si consuma.
Oh povere stente strozzate parole,
balbuzie che dir vorrebbero e... non sanno!
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    Scritta da: Angelo Michele Cozza

    Quando con le sue mareggiate

    Quando con le sue mareggiate
    uomo tristezza ti palleggia
    venuto meno il pericolo di dire
    parole indurite a chicchessia
    accorrono e fanno ressa nugoli
    di pensieri che non puoi fermare.
    Progetti e ricordi, in gran pompa
    sfilano e ti danzano intorno;
    ti rivestono con le loro trame
    li odi e ti mozzano il fiato:
    tu, chiudi gli occhi e non dici parola.
    Ieri, oggi, domani... gli sterili figli
    della nostra vita mortale,
    i fantasmi del nostro durare
    che ci ricatturano con le loro storie!
    Come lontani spari in giorno
    di festa che l'occhio non vede
    il cuore che batte e spera
    il rimbombo ne ascolta.
    Velleità, ideali pagliuzze accese,
    faville che pur rivivono nelle pupille
    espulse da neonati vagheggi
    nel silenzio chi sa dove
    frottole andranno a morire!
    Cederesti del tutto. Poi,
    improvviso si spezza il cerchio
    attorno a cui giri senza saperlo
    rinvieni e ritrovi il respiro.
    Pacato, dentro più non ti guardi,
    riprendi il tuo ritmo umano...
    Ma lo scontento ben presto riparla,
    allarga le braccia e ti viene incontro
    di te ancora prende possesso, ti fa suo!
    Cessa l'interiore sciabordio:
    ozia l'ora e si annera il tempo;
    spogliato rimani di ogni senso.
    Dimesso, tra scherni di ombre
    che covano fredde sere future
    riarso ripensi alla vita che passa...
    alla speranza che al limite
    vana ti consuma rigonfio d'illusioni.
    E mentre più accidiato temi
    gli sfasci che il vuoto perpetua
    riascolti i passi dei nemico che conosci
    il niente e la morte.
    Tra scaglie e pietre arse,
    assetato di sereno essere
    pure ritorni a cercare una polla
    per dissetare la speranza
    che domani ritrovi un altro te stesso.
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      Scritta da: Angelo Michele Cozza

      Se mai ce ne fosse bisogno

      Se mai ce ne fosse bisogno
      compiaciuta spendi a mio favore
      qualche frizzante e olezzante parola
      quando interrogata da civettuole
      di me lontano a caso racconti:
      nel totale, poi sai non sarò
      così diverso da come mi vuoi.
      A chi non sa nulla di noi
      e non è toccato da amore
      mostra che giusto avevano visto
      i nostri cuori, che un miracolo
      esistenziale, tardivo e raro,
      pur è possibile per chi spera.
      Ben di rado ci è consentito
      ribaltare un destino franato
      ma testimonia che ancor talvolta
      è possibile che una bottiglia vuota
      si riempia e disseti una vita
      che anche gli uccelli di malaugurio
      possono essere smentiti
      quando pregni di sicumera
      cianciano che da una pozza torbida
      mai si può attingere acqua chiara.
      -Chi da luce rischia il buio!-
      proclamò un poeta
      correremo questo rischio
      improvvisata dicitrice
      tanti curiosi poi lasceremo
      a bocca chiusa e con un palmo di naso.
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        Scritta da: Angelo Michele Cozza

        Bioccolo argentato

        Nell'azzurro infinito
        un bioccolo argentato,
        come isola lontana
        avvisto nel mare cielo.
        Che farà là solo e immoto,
        non teme l'appressarsi dell'ora
        che scardinerà il suo batuffolo
        di vapore mutandolo in altra fattura?
        Incerto e ignoto è ogni destino!
        Se penso al mio
        nei mutamenti che il dolore imprime
        viene da interiore cisterna sonora
        l'eco di un tonfo di vuoto accadere.
        Perché non rende il viver una ragione?
        Oh il miraggio che ci inganna
        e del vero ultimo ci priva!
        Almanacchi di pagine indecifrabili
        studieremo un giorno nell'Aldilà!
        In un fermento di puro silenzio,
        riapriremo il solco sempre assetato
        di una conoscenza che non appaga
        l'antico bisogno di saper per certo
        perché qui siamo e non altrove.
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          Scritta da: Angelo Michele Cozza

          Ricordando Pavese

          Del difficile mestiere di vivere
          come te, poco e male appresi:
          spezzare il cerchio della solitudine
          oltre l'ozio guardare la luna e i falò
          appieno comunicare con gli altri
          scovare una fida compagna
          foggiare amore e illusioni
          emergere da un torbido domani
          precluse attività io le riconobbi:
          goffo, tutto mal intesi negli anni.
          Tu forse più di me sapesti
          che se ben interiorizzati e seguiti
          (assecondandone il ritmo)
          soffrire diventa meno caro
          e l'esistere si fa desiderio continuo
          che vuoi appieno godere.
          All'alba, all'invito degli eventi
          sorridendo al sole che ti guarda
          ti persuadi ad andare per il mondo:
          un viluppo poi segue volubile
          frana si sfrangia e smentisce
          quanto strepitante avevi creduto.
          Se vieni ai ferri corti con la vita
          bisogna che raschi con perizia
          la pruina delle illusorie apparenze
          per trovare un senso a quanto ti accade
          e metterne in luce la vera sostanza:
          il significato supertemporale
          il rinveniente che non si racconta
          il pathos sgusciante che non si descrive
          l'esaustivo che giustifichi e plachi
          una vita febbrile scondita e rapinosa.
          Ammettiamolo pure senza sforzo:
          bisogna ben conservare la speranza
          e attizzare l'abitudine di illudersi
          non irrigidire l'elasticità istintiva
          se vogliamo con gusto sopravvivere
          se non vogliamo già stenderci
          stanchi, consapevoli e più lucidi,
          nella fossa tombale del nulla.
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            Scritta da: Angelo Michele Cozza

            Da che respirai a pieni polmoni

            Da che respirai a pieni polmoni fragranze di rose
            quanti sono gli anni passati,
            quanti petali e ciuffi
            poi il vento ha strappato
            al petto e al crine di giovanili speranze portandoli via!
            Tra sassi e streppeti, stanche membra,
            aggirandosi tra ricordi, vitali tremiti
            cercano in una sterile ascesa
            di duri e infittiti silenzi.
            Solo un cigolio di anni, di tanto in tanto,
            stridulo ancora risuona
            lungo una solitaria strada senza ritorno,
            solo malinconie indelebili
            come scarabocchi imbrattano
            le nivee pagine dell'anima mia!
            Non basta, non basta la speranza
            a ricomporre quanto il tempo disfa
            con le sue nefande devastazioni ricorrenti!
            Non può la cenere ritornare ceppo
            e il ceppo tronco, non può il fiore avvizzito
            espandere la corolla se gli stami
            non smettono l'incessante morire!
            Tutto è uno scendere infinito senza salire.
            Senza riposo, polvere, traspirata dal tempo,
            sulle cose si addensa e, ne sommerge l'essenza.
            Cristalline trasparenze offuscate
            cedono il passo ad obliqui profili
            dalle oscure movenze!
            E mentre perdute presenze
            salpano per sempre per mete d'oblio
            tra tristezze nuove e antiche, il cuore
            afflitto si mostra sciogliendosi in pianto
            in uno sfioro d'angoscia.
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              Scritta da: Angelo Michele Cozza

              È un nuovo giorno, albeggia

              È un nuovo giorno, albeggia.
              Strisce di luci tenui emerse dall'orizzonte
              annunciano e dischiudono un nuovo giorno.
              Adagio, dai pendii, migrano nebbie mattutine;
              i suoi giri perpetua la ruota degli eventi
              senza posa. Su erbe intirizzite da brine,
              calano e poi d'improvviso si involano
              gazze e passeracei solitari;
              di tanto in tanto, chissà da quale punto,
              giunge un impeto di vento e si allontana,
              si tinge l'azzurro di colori prediletti e rari.
              Lontano dai ritmi imposti dalla città operosa,
              con occhio gaio, in una radura di molli zolle,
              già bivacco con i miei pensieri.
              Non un blando brusio, non un fruscìo
              corrompe la solennità del silenzio che dilaga;
              spettatore resto di una quiete inusitata.
              Ah il ricomporsi della semplicità delle cose,
              il sollievo dell'orecchio dagli insulti rumorosi,
              le fragranze dei profumi campestri, la quiete
              dell'aria pura che altro respiro al petto dona!
              Lieto sono di essere presto fuggito
              dall'insolente erompere dell'aspro rullare
              di umani strombettii scordati,
              dall'invivibilità dei chiusi recinti di case,
              dal timore di essere pressato
              malamente da calca umana.
              Starsene soli ogni tanto, riscoprire
              un senso di vita smarrito,
              affrancarsi da un sottile e celato affanno
              che opprime il cuore, udire chiaro e secco
              il richiamo misterioso dell'immanenza,
              fermarsi per un poco su una piazzola
              del ripido pendio della vita e ammirare
              la terra e il cielo prima che un moto
              ineluttabile mi precipiti senza avviso,
              codesto tante volte
              è baluginato tra le mie brame.
              È solo nei brevi momenti
              in cui ci riappropriamo di noi stessi
              che avvertiamo l'infinito perdurare di un attimo,
              che spezziamo i reticolati dei nostri confinamenti
              e corriamo, corriamo tra distese di emozioni
              con una dolcezza e un tepore nel petto
              dimentichi di essere... atomi volatili del vivente!
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                Scritta da: Angelo Michele Cozza

                Nello spietato specchio

                Nello spietato specchio,
                ogni mattina, da anni
                come bolli sul passaporto
                dei miei viaggi per la vita
                rughe fanno mostra
                ricordandomi
                che vivere è fatica
                che non c'è pace
                né tregua nell'esser vivi!
                Invisibili lacrime
                segrete a me stesso
                disperate scorrono mute
                per solchi d'anima
                nello strazio vivo
                di un pesante momento
                di verità spesso fuggito.
                Ancora, per altri giorni,
                in uno slancio stremato,
                affannato correrò per la vita
                agonizzando ad ogni passo
                dietro tramortiti sogni
                rimpianti e ingialliti.
                Continuerà il tumulto
                che stagna nelle radici
                sommerse dell'acre speranza
                che al niente conduce!
                La sera poi verrà
                e come in un assaggio
                di morte le sue ombre
                mi correranno incontro
                s'aprirà l'altra porta
                di un oscuro ingresso!
                Perdendomi in quel buio
                che si para innanzi
                svanirò in un infinito
                e disabitato silenzio.
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                  Scritta da: Angelo Michele Cozza

                  Spesso e a lungo

                  Spesso e a lungo,
                  con vecchi e giovani ho conversato:
                  le iperboliche scorribande
                  di un pensiero inquieto e inappagato
                  per un po', loro malgrado, hanno seguito.
                  Sorretti da certezze, stabilizzati e ancorati,
                  ad un dubbio non hanno oscillato,
                  paventato un possibile sospetto
                  all'insinuarsi che qualcosa pur non tiene
                  hanno scartato l'idea
                  che una bolla d'aria teme gli abbracci
                  degli uomini senza dei o demoni
                  e che mai poi arriveremo nel mezzo
                  di una verità in cui si veda chiaro.
                  Nessuna sorpresa, c'era da aspettarselo:
                  non si differisce da ciò che si è,
                  come paratie ermeticamente chiuse
                  le convinzioni, tengono!
                  Dopotutto, insidiare una mente
                  per minare una radicata sicumera
                  da tempo accreditata,
                  agitare il frullino nella testa
                  di un altro e costringerlo
                  a domandarsi della vita
                  non è buona cosa, né aggrada.
                  Se si scuote dal sonno un acquario
                  le turbolenze intorpidiscono
                  ciò che è limpido
                  e noi, vogliamo sempre vedere chiaro;
                  godere la dolce ignoranza
                  che ci fa felici, tenere a bada
                  il fioretto invisibile che ci trapassa.
                  E così tutto accade
                  perché siffatto deve accadere;
                  la ricognizione sulle cause
                  del perché del nostro stare al mondo
                  la si lascia ai pazzi o ai singolari,
                  il tempo non impegnato,
                  edace, è contingentato e...
                  ben altro abbiamo da fare!
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                    Scritta da: Angelo Michele Cozza

                    Se per un disguido

                    Quando tristezza
                    come sinibbio
                    l'anima sferza
                    e il deluso giorno
                    cade svanendo
                    in remoto orizzonte
                    non chiedere,
                    al cuore vuoto
                    che già si aggira
                    tra ombre di fari,
                    se la felicità
                    o qualcosa che le assomigli
                    pure esista.
                    Conoscerla
                    o l'umano privilegio
                    di possederla
                    non ci fu dato!
                    Ma se un giorno,
                    per un disguido
                    dell'impossibile,
                    da qualche parte
                    io dovessi scovarla
                    ridotta in fluido
                    microscopico pulviscolo
                    (pompandola
                    col respiro dell'anima mia)
                    come essenza per il mondo
                    la spruzzerei su chi privato
                    è di ogni sorriso.
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